At 19, 21 – 20, 1b; Sal 148; Gv 14, 1-6
Fu verso quel tempo che scoppiò un grande tumulto riguardo a questa Via. Un tale, di nome Demetrio, che era òrafo e fabbricava tempietti di Artèmide in argento, procurando in tal modo non poco guadagno agli artigiani, li radunò insieme a quanti lavoravano a questo genere di oggetti e disse: «Uomini, voi sapete che da questa attività proviene il nostro benessere; ora, potete osservare e sentire come questo Paolo abbia convinto e fuorviato molta gente, non solo di Èfeso, ma si può dire di tutta l’Asia, affermando che non sono dèi quelli fabbricati da mani d’uomo. Non soltanto c’è il pericolo che la nostra categoria cada in discredito, ma anche che il santuario della grande dea Artèmide non sia stimato più nulla e venga distrutta la grandezza di colei che tutta l’Asia e il mondo intero venerano». (At 19, 22-25)
L’ironia con la quale il redattore descrive Demetrio è encomiabile: riporta le sue parole, così da far capire che il suo interesse non andava tanto alla difesa delle divinità tradizionali, ma dei suoi affari. Quell’ironia, però, non serve solo per prendersi gioco di Demetrio: la Parola interpella innanzitutto chi la legge: quante volte, in fondo, anche in quanto cristiani tendiamo a usare la fede solo per difendere posizioni personali? Non è ancor più oltraggioso.
Preghiamo
Perché solo il suo nome è sublime:
la sua maestà sovrasta la terra e i cieli.
Ha accresciuto la potenza del suo popolo.
Egli è la lode per tutti i suoi fedeli,
per i figli d’Israele, popolo a lui vicino.
dal Salmo 148

