Gn 48, 1. 8-21; Sal 118 (119), 137-144; Pv 30, 1a. 24-33; Lc 18, 31-34
Disse al padre: «Non così, padre mio: è questo il primogenito, posa la destra sul suo capo!». Ma il padre rifiutò e disse: «Lo so, figlio mio, lo so: anch’egli diventerà un popolo, anch’egli sarà grande, ma il suo fratello minore sarà più grande di lui, e la sua discendenza diventerà una moltitudine di nazioni». E li benedisse in quel giorno: «Di te si servirà Israele per benedire, dicendo: “Dio ti renda come Èfraim e come Manasse!”». Così pose Èfraim prima di Manasse. Quindi Israele disse a Giuseppe: «Ecco, io sto per morire, ma Dio sarà con voi e vi farà tornare alla terra dei vostri padri». (Gn 48, 18-21)
«Il fratello minore sarà più grande di lui»: la decisione di Giacobbe non è cosa di poco conto, ma riproduce, con i figli di Giuseppe, ciò che è avvenuto con lo stesso Giuseppe, perché la storia della salvezza non prosegue secondo la logica mondana, che valorizza chi già è forte, ma si realizza grazie a coloro che non sembrerebbero avere nessuna caratteristica che possa garantire una buona riuscita. Ribadire questo aspetto è un’occasione per tutti, se con il Signore nulla va scartato, anzi si valorizza anche ciò che è nascosto e piccolo, allora è il momento per non esitare a mettere a frutto anche i talenti più nascosti o quegli aspetti che nessuno considererebbe di valore.
Preghiamo
Io sono piccolo e disprezzato:
non dimentico i tuoi precetti.
La tua giustizia è giustizia eterna
e la tua legge è verità.
dal Salmo 118 (119)

