Ct 2, 17 – 3, 1b. 2; Sal 12 (13); 2Cor 4, 18 – 5, 9; Gv 14, 27-31a
Prima che spiri la brezza del giorno e si allunghino le ombre, ritorna, amato mio, simile a gazzella o a cerbiatto, sopra i monti degli aromi. Lungo la notte, ho cercato l’amore dell’anima mia; l’ho cercato, ma non l’ho trovato. Mi alzerò e farò il giro della città per le strade e per le piazze; voglio cercare l’amore dell’anima mia. L’ho cercato, ma non l’ho trovato. (Ct 2, 17 – 3, 1b)
La grande potenza delle immagini del Cantico è tale da assumere un significato nuovo in concomitanza con l’occasione liturgica che lo fa proclamare: è assai suggestivo lasciare risuonare quelle parole appena dopo aver celebrato l’ascensione del Signore. Il corpo di Gesù è ormai nella piena intimità di Dio, ma nessun essere umano lo cerca disperato della sua mancanza: la ricerca, piuttosto, è quella motivata dall’amore, dal desiderio di conoscerlo sempre più a fondo, il desiderio di essere uniti a lui nelle occasioni della storia; una ricerca che fa affrettare e dilatare l’amore, secondo misure non prevedibili.
Preghiamo
Fino a quando, Signore, continuerai a dimenticarmi?
Fino a quando mi nasconderai il tuo volto?
Fino a quando nell’anima mia addenserò pensieri,
tristezza nel mio cuore tutto il giorno?
dal Salmo 12 (13)