At 5, 26-42; Sal 33 (34); Col 3, 1-4; Lc 24, 36b-49
Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo a una croce. Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, per dare a Israele conversione e perdono dei peccati. E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono». (At 5, 29-32)
«Obbedire a Dio invece che agli uomini». Pietro pronuncia quelle parole come introduzione alla professione di fede nella resurrezione di Gesù. Si può cercare di immaginare cosa quella frase significasse per Pietro, a pochi giorni dalla resurrezione: obbedire a Dio, cioè riconoscere la sua logica paradossale, quella che dà valore a chi sembra non averne, fino a definire vita per sempre una vita donata, fino a scomparire nella morte disonorevole del crocifisso.
L’obbedienza totale a quel fatto ha cambiato la vita di Pietro, portandolo a rovesciare i criteri con i quali affrontare la vita, spingendolo a scoprire il senso di avere come Signore colui che gli aveva lavato i piedi.
Obbedire a Dio, seguendone la logica come criterio attraverso il quale guardare e interpretare il mondo e la storia diventa il dono possibile a ciascuno, ancora oggi, a partire dalla gioia della Pasqua.
Preghiamo
Gli occhi del Signore sui giusti,
i suoi orecchi al loro grido di aiuto.
Il Signore riscatta la vita dei suoi servi;
non sarà condannato chi in lui si rifugia.
dal Salmo 33 (34)