Is 49,24-50,10; Sal 21 (22), 17c-20. 23-24b; Is 52,13-53,12; Mt 27,1-56
Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, / perché io sappia indirizzare / una parola allo sfiduciato. / Ogni mattina fa attento il mio orecchio / perché io ascolti come i discepoli. / Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio / e io non ho opposto resistenza, / non mi sono tirato indietro. / Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, / le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; / non ho sottratto la faccia / agli insulti e agli sputi. / Il Signore Dio mi assiste, / per questo non resto svergognato, / per questo rendo la mia faccia dura come pietra, / sapendo di non restare confuso. / È vicino chi mi rende giustizia: / chi oserà venire a contesa con me? Affrontiamoci. / Chi mi accusa? Si avvicini a me. / Ecco, il Signore Dio mi assiste: / chi mi dichiarerà colpevole? (Is 40,4-7)
Le parole di Isaia possono ritrarre anche Gesù. In particolare, se lette e pregate a partire dalla croce, si rimane colpiti per il fatto che nel momento dell’abbandono il Signore Dio non è accusato, ma riconosciuto come colui che assiste e che ha «aperto l’orecchio»; quel gesto, che era tipico degli schiavi che venivano così legati per sempre a chi li possedeva, assume un senso nuovo nel rapporto tra Gesù e il Padre: Gesù è stato colui che ha mantenuto costante la relazione con il Padre, che è stato in grado di ascoltare, trovando il senso della sua esistenza nell’esposizione radicale a Dio e quindi a ogni essere umano.
Davanti alla sua croce non si può fare altro che rimanere in silenzio, a propria volta in ascolto, così da riuscire a intendere l’amore che dalla croce ci raggiunge, fino a diventare capaci, grazie a quell’amore, di lasciarsi smuovere dalla voce di chi, nel nostro mondo chiede aiuto.
Preghiamo
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, accorri in mio aiuto.
Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all’assemblea.
Lodate il Signore, voi che lo temete,
gli dia gloria la stirpe di Giacobbe.
dal Salmo 21 (22)

