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O Dio, meditiamo il tuo amore

Celebrazione vespertina nella cena del Signore

17 Aprile 2025

Gio 1,1-3,5.10; 1Cor 11,20-34; Mt 26,17-75

Dal ventre del pesce Giona pregò il Signore, suo Dio, e disse: / «Nella mia angoscia ho invocato il Signore / ed egli mi ha risposto; / dal profondo degli inferi ho gridato / e tu hai ascoltato la mia voce. / Mi hai gettato nell’abisso, nel cuore del mare, / e le correnti mi hanno circondato; / tutti i tuoi flutti e le tue onde / sopra di me sono passati. / Io dicevo: “Sono scacciato / lontano dai tuoi occhi; / eppure tornerò a guardare il tuo santo tempio”. / Le acque mi hanno sommerso fino alla gola, / l’abisso mi ha avvolto, / l’alga si è avvinta al mio capo. / Sono sceso alle radici dei monti, / la terra ha chiuso le sue spranghe / dietro a me per sempre. / Ma tu hai fatto risalire dalla fossa la mia vita, / Signore, mio Dio. / Quando in me sentivo venir meno la vita, / ho ricordato il Signore. / La mia preghiera è giunta fino a te, / fino al tuo santo tempio. / Quelli che servono idoli falsi / abbandonano il loro amore. / Ma io con voce di lode / offrirò a te un sacrificio / e adempirò il voto che ho fatto; / la salvezza viene dal Signore». (Gio 2,2-10)

La liturgia fa entrare nella celebrazione del Triduo pasquale grazie all’ascolto del libro di Giona. Giona, con il suo passare dall’essere sommerso dal mare fino alla salvezza è inteso come figura di Gesù, che risorge attraversando la morte.
Restare a meditare la preghiera di Giona, che insiste sulla drammaticità della morte, avvolgente come quando si è sommersi dall’acqua del mare, è un’occasione preziosa per condividere con la preghiera, i sentimenti e le intenzioni, la sorte di tutti coloro che vivono situazioni di soffocamento – talvolta purtroppo reale, come chi perde la vita in mare, talvolta perché sommersi dal dolore portato dalle esperienze più varie.
La consapevolezza che proprio Gesù ha vissuto la medesima situazione accompagna ciascuno a ritrovare il senso del suo passaggio fino alla vita per sempre, risorta; è quindi il motivo per scoprire l’amore di un Dio che è arrivato fino a quella situazione e ha promesso e donato la salvezza, anche per chi purtroppo non riesce a percepirne la vicinanza.

Preghiamo

Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato,
non hai permesso ai miei nemici di gioire su di me.
Signore, mio Dio,
a te ho gridato e mi hai guarito.
Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi,
mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa.

dal Salmo 30