At 1, 12-14; Sal 18 (19); 1Cor 4, 9-15; Gv 14, 1-14
Dopo che Gesù fu assunto in Cielo, gli apostoli ritornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi, che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in giorno di sabato. Entrati in città, salirono nella stanza al piano superiore, dove erano soliti riunirsi: vi erano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo figlio di Alfeo, Simone lo Zelota e Giuda figlio di Giacomo. Tutti questi erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù, e ai fratelli di lui. (At 1,12-14)
Un momento decisivo per gli apostoli – e di lì per i cristiani di ogni tempo – è il tempo che si apre appena dopo l’ascensione: il ritorno del Risorto al Padre comporta la responsabilità dei suoi testimoni. Da quel momento, la possibilità che il vangelo sia la buona notizia che raggiunge tutti è nelle mani e nelle parole di chi lo può trasmettere. La Scrittura segnala che quella responsabilità è vissuta insieme, lasciando che le differenze siano strumento prezioso per affermare la ricchezza che viene trasmessa. Quel paradigma, con cui il rivelarsi del Signore si è definito, è ancora oggi la possibilità e la responsabilità di tutti i discepoli sparsi nel mondo.
Preghiamo
Senza linguaggio, senza parole,
senza che si oda la loro voce,
per tutta la terra si diffonde il loro annuncio
e ai confini del mondo il loro messaggio.
dal Sal 18 (19)

