At 4, 32-37; Sal 92 (93); Gv 3, 7b-15
La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune. Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore. (At 4, 32-34)
Un cuore solo e un’anima sola: quel paradigma della comunità dei discepoli del Signore è la garanzia che anche attualmente, per le chiese, quella sia una destinazione possibile, la promessa che il Signore rende possibile ciò che, se si contasse sulle sole forze umane, resterebbe irraggiungibile.
Ciò non significa essere esentati dall’impegno per realizzare quella concordia, ma che a ciascuno è chiesto di lasciare spazio al lavoro dello spirito del Signore, piuttosto che ai propri desideri, innanzitutto verificando in quale modo l’unità si possa dare lasciando che tutti concorrano a quella composizione, facendo si che sia la ricchezza della pluralità e non l’unanimità raggiunta normalizzando ed escludendo le differenze a trionfare. In quale modo, oggi, a partire da me, è possibile che il corpo del Signore sia più ricco ed ospitale?
Preghiamo
Davvero degni di fede i tuoi insegnamenti!
La santità si addice alla tua casa
per la durata dei giorni, Signore.
dal Sal 92 (93)