Ez 6, 1. 11-14; Sal 26 (27); Ag 2, 1-9; Mt 12, 33-37
Saprete allora che io sono il Signore, quando i loro cadaveri giaceranno fra i loro idoli, intorno ai loro altari, su ogni colle elevato, su ogni cima di monte, sotto ogni albero verde e ogni quercia frondosa, dovunque hanno bruciato profumi soavi ai loro idoli. (Ez 6,12-13)
Ezechiele ha appena ricevuto da parte del Signore l’assicurazione del fatto che pochi membri del popolo di Israele sopravviveranno rispetto alla distruzione di tutti coloro che hanno preferito l’idolatria. Ora il Signore esplicita quale sia la loro fine, quella di giacere, morti, accanto agli idoli. Si tratta di un’immagine brutale, che rende evidente ciò che si realizza quando si sceglie di esistere adorando gli idoli. Un vivacchiare che ha già l’odore della morte, in quanto gli idoli stessi non sono altro che morta materia, priva di soffio vitale, quindi incapaci di dare vita.
L’alternativa è netta e riguarda ciascuno: non si tratta tanto di agire per timore delle conseguenze, ma di scegliere, fin da ora, che cosa dà realmente vita.
Il tempo di avvento è l’occasione propizia per considerare in quale modo la presenza del Signore della vita nella propria storia possa determinare la rinuncia di tutto ciò che soffoca quella vita.
Preghiamo
Non nascondermi il tuo volto,
non respingere con ira il tuo servo.
Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi,
non abbandonarmi, Dio della mia salvezza.
dal Salmo 26 (27)