At 5, 34-42; Sal 26 (27); Gv 5, 31-47
Si alzò nel sinedrio un fariseo, di nome Gamaliele, dottore della Legge, stimato da tutto il popolo. Diede ordine di farli uscire per un momento e disse: «Uomini d’Israele, badate bene a ciò che state per fare a questi uomini. Tempo fa sorse Tèuda, infatti, che pretendeva di essere qualcuno, e a lui si aggregarono circa quattrocento uomini. Ma fu ucciso, e quelli che si erano lasciati persuadere da lui furono dissolti e finirono nel nulla». (At 5, 34-37)
Le parole di Gamaliele, loro malgrado, sono profetiche: egli ritiene che non sia il caso perdere tempo ed energie a perseguitare i cristiani, in quanto, se quanto affermano e testimoniano fosse falso, scomparirebbe in poco tempo. Così non è stato: la comunità dei discepoli del Signore non è finita nel nulla. Eppure, sarebbe indebito – e contrario proprio al vangelo – trovare nel progressivo accrescersi della Chiesa il criterio per definire l’autenticità e la legittimità di tutto ciò che i cristiani hanno proposto. Anzi, quelle parole interpellano prima di tutto i cristiani, perché diventano criterio per definire quante delle loro attività e delle loro parole siano realmente a servizio del vangelo o non siano piuttosto un vano tentativo per affermare sé stessi e le proprie voglie – in fondo, qualcosa destinato a fallire, in breve tempo.
Preghiamo
Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita:
di chi avrò paura?
dal Salmo 26 (27)

