Gn 1,1-3,5.10; 1Cor 11,20-34; Mt 26,17-75
«Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?» (Mt 26,17)
I discepoli pare lo sappiano, di essere indegni di quella cena, incapaci di quella Pasqua, di quella comunione che il Signore vuole offrire. E questo commuovente Vangelo dove «il Maestro dice: […] farò la Pasqua da te con i miei discepoli» si chiuderà per loro tristemente con un tradimento, un inopportuno sonno e un triplice rinnegamento. Noi anche quest’anno siamo qui, entrando nel Triduo come i discepoli. Invitati e indegni, intimi e magari lontanissimi, richiesti ma forse incapaci di vera comunione e preghiera. Va bene così, non dobbiamo né possiamo essere noi i protagonisti della Pasqua. Possiamo riceverla e contemplarla, come il dono più grande del nostro Signore e maestro. Possiamo e dobbiamo condividerla coi nostri fratelli, vicini nella fede o anche lontanissimi. Il Signore la vive per tutti e già pregusta la gioia del vino nuovo offerto a tutti nel regno del Padre.
Preghiamo
Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca.
Non agli dèi, ma a te voglio cantare,
mi prostro verso il tuo tempio santo.
Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà:
hai reso la tua promessa più grande del tuo nome.
(Sal 138,1-2)