Ez 2,1-10; Sal 13 (14); Gl 2,10-17; Mt 9,9-13
«Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: “Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?”. Udito questo, disse: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati”». (Mt 9,11-12)
Sempre pronti a puntare il dito, noi uomini. Come ci piace giudicare gli altri, come ci riempie d’orgoglio la convinzione di essere migliori, di non sbagliare mai. Di fronte a un Gesù che si accosta ai peccatori, ancora una volta i farisei si comportano da uomini, spendono parole di arroganza e di presunzione. Questo atteggiamento, però, forse maschera l’invidia di chi non sa amare, di chi ha il cuore duro e si trova di fronte a chi, invece, allarga il suo senza mettere confini e per amore muore in croce. E anche noi, forse, spesso siamo tentati di guardare dal basso verso l’alto chi compie un gesto d’amore nei confronti degli ultimi tra gli ultimi, perché siamo invidiosi e capaci sempre di giustificare il nostro non-fare. Gesù ci ricorda che, siccome proprio noi siamo “i sani”, non abbiamo bisogno del medico, ne ha piuttosto bisogno “il malato”, il peccatore, il migrante che “dovremmo aiutare a casa sua”, chi è dimenticato da noi uomini piccoli e sempre pronti a puntare il dito.
Preghiamo
Chi non ama resta sempre nella notte
e dall’ombra della morte non risorge:
ma se noi camminiamo nell’amore,
noi saremo veri figli della luce.
Terenzio Zardini – Massimo Palombella, Dov’è carità e amore