At 6, 8 – 7, 2a; 7, 51 – 8, 4; Sal 30 (31); 2Tm 3, 16 – 4, 8; Mt 17, 24-27
E lapidavano Stefano, che pregava e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». Poi piegò le ginocchia e gridò a gran voce: «Signore, non imputare loro questo peccato». Detto questo, morì. (At 7, 59-60)
Non solo Stefano accetta la morte pur di non rinnegare il Signore, ma è in grado di viverla come il suo Signore, tramite un atto di amore che gli impedisce di odiare chi lo sta lapidando.
L’atto estremo di Stefano dà una luce particolare alla celebrazione del tempo di Natale: riconoscere l’Incarnazione non significa soltanto scoprire il valore che Dio dà all’esistenza umana facendosi carne in Gesù, ma implica anche la possibilità che ciascuno ha di riconoscere quel valore negli altri, addirittura in coloro che fanno del male.
Evidentemente, grazie alla testimonianza di Stefano, ciascuno è portato a considerare quanto ancora debba convertirsi per accogliere pienamente il suo Signore.
Preghiamo
Alle tue mani affido il mio spirito;
tu mi hai riscattato, Signore, Dio fedele.
Tu hai in odio chi serve idoli falsi,
io invece confido nel Signore.
Esulterò e gioirò per la tua grazia.
dal Salmo 30 (31)