Ez 4, 4-17; Sal 76 (77); Gl 3, 5 – 4, 2; Mt 11, 16-24
In quei giorni. Il Signore mi parlò, dicendo: «Mettiti a giacere sul fianco sinistro e io ti carico delle iniquità d’Israele. Per il numero di giorni in cui giacerai su di esso, espierai le sue iniquità: io ho computato per te gli anni della sua espiazione come un numero di giorni. Espierai le iniquità della casa d’Israele per trecentonovanta giorni. Terminati questi, giacerai sul fianco destro ed espierai le iniquità di Giuda per quaranta giorni, computando un giorno per ogni anno. Terrai fisso lo sguardo contro il muro di Gerusalemme, terrai il braccio disteso e profeterai contro di essa. Ecco, ti ho cinto di funi, in modo che tu non potrai voltarti né da una parte né dall’altra, finché tu non abbia ultimato i giorni della tua reclusione. (Ez 4, 4-8)
Ezechiele è lo strumento per indicare a tutto Israele, ormai diviso, la propria iniquità. Il profeta si fa strumento perché la parola del Signore possa raggiungere il popolo e questo non accade senza il suo coinvolgimento in prima persona.
Riconoscere la venuta del Signore è possibile quando vengono rimossi gli ostacoli, i peccati, che impediscono di ritenere la sua presenza ciò che è veramente necessario; i cristiani possono essere gli uni per gli altri coloro che si coinvolgono in prima persona per farsi carico vicendevolmente delle colpe altrui, fino a poterle rimuovere per camminare uniti nell’accoglienza del suo Regno.
Preghiamo
Può Dio aver dimenticato la pietà,
aver chiuso nell’ira la sua misericordia?
Ricordo i prodigi del Signore,
sì, ricordo le tue meraviglie di un tempo.
dal Sal 76 (77)

