At 6,8-7,2a; 7,51-8,4; Sal 30 (31); 2Tm 3,16 -4,8; Mt 17,24-27 oppure Gv 15,18-22
«“Che cosa ti pare, Simone? I re della terra da chi riscuotono le tasse e i tributi? Dai propri figli o dagli estranei?”. Rispose: “Dagli estranei”. E Gesù replicò: “Quindi i figli sono liberi”». (Mt 17,25-26)
Gesù, interrogato sul tributo, parte dall’analogia con i re della terra, e questo ci dice che riconosce, davanti ai suoi discepoli, la sua regalità e quindi la sua signoria. Una signoria che è di gran lunga superiore a quella di tutti gli altri re della terra. Questa signoria, però, oltre ad essere caratterizzata da una diversità di sostanza (il suo essere Dio), è caratterizzata anche da una diversità di forma: mentre i re della terra e i loro figli utilizzano la propria regalità soprattutto per servire loro stessi e per evitare di essere sottomessi alle leggi a cui sottomettono i loro sudditi, per Gesù non è così. «Pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’esser come Dio, ma svuotò se stesso assumendo la condizione di servo» (Fil 2,6-7) e vivendo la sua regalità come servizio per il mondo. Proprio con questo stile educa anche i suoi apostoli, Chiesa nascente, e ciascuno di noi, a vigilare sulla tentazione di utilizzare la propria posizione per farsi servire, o per cercare di raggirare i propri doveri.
Preghiamo
Nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre.
Fil 2,10-11