Almanacco liturgico Il Santo del giorno Il Vangelo di oggi Agenda dell'Arcivescovo

Dopo la Solennità della Dedicazione del Duomo di Milano, ci incamminiamo verso la domenica del Mandato missionario. Ascoltiamo il racconto di sr Mary Susila, Missionarie dell’Immacolata (PIME), di ritorno dal Giubileo del mondo missionario, celebrato a Roma il 4 e 5 ottobre

Il Giubileo del mondo missionario, celebrato il 4 e 5 ottobre 2025, è stato per me un momento di grande grazia. Papa Leone XIV lo ha definito un’occasione per ravvivare in noi la coscienza della vocazione missionaria, che nasce dal desiderio di portare a tutti la gioia e la consolazione del Vangelo.

Per me, oggi, essere missionari significa prima di tutto stare vicino alle persone nella vita di tutti i giorni; condividere le fatiche quotidiane, ascoltare chi è stato ferito dalle ingiustizie o ha dovuto lasciare il proprio paese.

L’annuncio del Vangelo non può e non deve essere un’imposizione o una forma di proselitismo, come diceva Papa Francesco. Deve invece diventare una testimonianza di vita semplice, fatta di vicinanza a tante persone che sono in difficoltà, di compassione e comprensione delle fragilità altrui. L’evangelizzazione, oggi, per me, rimane fondamentale: è il cuore della nostra vocazione missionaria. Ma ci chiama a testimoniare attraverso segni di fraternità, di pace, di cura del creato e dell’ambiente. Come sappiamo, oggi la missione, più che mai, non è solo un annuncio a parole, ma una testimonianza credibile di vita, specialmente nei luoghi dove il cristianesimo è una minoranza.

Sono stata particolarmente toccata da quattro verbi che Papa Leone XIV ha evidenziato durante la sua omelia: PARTIRE, USCIRE, RICORDARE, ACCOGLIERE. Questi verbi indicano lo stile di una Chiesa viva, aperta, missionaria, capace di camminare insieme alle persone segnate dalla sofferenza e dal dolore, in questo tempo che stiamo vivendo segnato dei conflitti e della guerra.

1. Partire
Quando si pensa alla missione, spesso si immagina qualcuno che lascia la propria terra per portare il Vangelo in luoghi lontani. Questa immagine resta vera, ma oggi bisogna andare oltre. “Partire” non è solo spostarsi fisicamente, ma anche lasciare le proprie certezze, le comodità, gli individualismi. È uno spostamento interiore, un’apertura verso l’altro.
“Oggi le frontiere della missione non sono più solo geografiche, ma umane, spirituali, culturali”, ci ricorda Papa Leone. Le povertà, la sofferenza, il bisogno di speranza non dobbiamo più andare a cercarli lontano, perché spesso sono loro a venire da noi.

2. Uscire
“Uscire” significa superare i propri confini, le proprie abitudini, i propri limiti. È un invito a non restare chiusi in se stessi o nelle proprie comunità, ma ad aprirsi all’incontro con l’altro, in particolare con chi è ferito, scartato, dimenticato. “Uscire senza paura, senza indugio, senza repulsioni”, esorta il Papa. È una chiamata al coraggio e alla generosità.

3. Ricordare
Ricordare vuol dire non dimenticare chi soffre, specialmente i poveri, i migranti, gli emarginati; ma significa anche fare memoria viva della vocazione missionaria della Chiesa, del coraggio di tanti uomini e donne che hanno dato la vita per annunciare il Vangelo. Papa Leone ci ha chiamati a fare memoria per costruire speranza.

4. Accogliere
Il cuore della missione, oggi, è l’accoglienza: aprire le braccia, la mente e il cuore a chi arriva da lontano, a chi è diverso da me, a chi si trova in qualsiasi difficoltà. Accogliere non è solo tollerare, ma abbracciare l’altro come fratello o sorella, e fargli sentire di far parte di una comunità. “Accogliere come fratelli, essere per loro una presenza di consolazione e speranza”, come ha ripetuto il Santo Padre.
Queste parole mi donano tanta speranza e gioia e mi fanno capire che anche io, nel mio piccolo, posso vivere la missione ogni giorno, semplicemente scegliendo di amare, ascoltare, uscire da me stessa, accogliere le persone che incontro nella vita di ogni giorno.