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Tutta la terra è piena della sua gloria», questa Parola del profeta Isaia (Is 6,3) ha accompagnato il cammino degli Esercizi Spirituali che l’Arcivescovo Mario ha predicato a tutte le comunità monastiche della Diocesi dal 23 al 29 novembre. Ascoltiamo le monache, i monaci e gli eremiti che condividono con noi alcune note di quei giorni

«Tutta la terra è piena della sua gloria», questa Parola del profeta Isaia (Is 6,3) ha accompagnato il cammino degli Esercizi Spirituali che l’Arcivescovo Mario ha aperto lo scorso 23 novembre. Giorno dopo giorno, tutte le comunità monastiche dell’Arcidiocesi sono state visitate dall’Arcivescovo e dal suo Vicario, Mons. Magni, in un clima di raccoglimento e preghiera. Una settimana nel grembo della Chiesa, per usare l’immagine con cui San Bernardo descrive la vocazione dei contemplativi nella Chiesa:

«I monaci e gli eremiti sono il ventre della Chiesa. Essi ricevono il cibo spirituale della dottrina. Sono sostegno della Chiesa, e loro simbolo è Mosè che prega sul monte, Samuele che dorme nel Tempio, Elia che dimora nel deserto. Essi somministrano i succhi spirituali ai superiori e agli inferiori (il vescovo, l’arcidiacono, i decani, i preti e i diaconi, i cavalieri e i contadini; che corrispondono rispettivamente: all’occhio del corpo, al naso, alle orecchie, alla bocca, alle mani e ai piedi). A essi conviene quanto è stato detto: “l’umanità vive grazie a pochi; se non ci fossero quelli, il mondo perirebbe o per un fulmine o per lo spalancarsi della terra”».

Circa 170 tra monache e monaci, oltre a due eremiti, si sono lasciati illuminare dalle meditazioni dell’Arcivescovo per contemplare la gloria di Dio nella storia personale e comunitaria, nel “qui ed ora” della quotidianità, nella preghiera, nel lavoro e nella vita fraterna, nelle sfide che oggi il mondo ci presenta.

L’attenzione e la partecipazione di tutte le comunità collegate tramite la Rete, sia maschili che femminili, sono state tangibili. A darne prova le numerosissime domande e riflessioni giunte all’Arcivescovo, alle quali ha voluto rispondere durante uno scambio fraterno.


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Ad una settimana dalla conclusione degli Esercizi abbiamo raggiunto le monache, i monaci e gli eremiti con alcune domande.

 

Come avete accolto la proposta di questi Esercizi?

«Qui al Sacro Monte abbiamo molto atteso le giornate di Esercizi, grate di poter accogliere il nostro Arcivescovo e desiderose di ascoltare le sue parole. La novità della modalità itinerante ha destato da subito entusiasmo tra le sorelle più giovani e qualche perplessità iniziale tra le sorelle più avanti negli anni, abituate da tempo a vivere gli Esercizi con la presenza fissa del predicatore. Tuttavia, non c’è voluto molto per abituarsi e per apprezzare innanzitutto l’impegno organizzativo, ma anche l’originalità promettente di tutta la proposta», rispondono le Romite Ambrosiane sottolineando come «la presenza pellegrinante dell’Arcivescovo ha ricordato a tutte l’importanza di essere e di sentirsi sempre in cammino, con il valore aggiunto di non esserlo da sole, ma insieme a tanti fratelli e sorelle».

Le Carmelitane Scalze di Milano riprendono proprio questa nota della comunione nella loro risposta: «La settimana condivisa di Esercizi ha creato unità tra le varie forme monastiche. Ci siamo trovati insieme nel ritmo delle meditazioni quotidiane, pur rimanendo ciascuno nel suo luogo di vita abituale e, attraverso la Rete, abbiamo potuto vedere i volti, apprezzare le forme diverse di canti e ambienti che portavano l’eco di storie diverse di vita contemplativa, cresciuta nei secoli. È stato come ritrovarci, anzi, scoprirsi come una grande famiglia».

«Abbiamo molto apprezzato questa iniziativa che ha superato le perplessità iniziali», dicono i Benedettini della Comunità Ss Trinità del Monastero di Dumenza e continuano: «Per la prima volta, tutte le comunità della Diocesi, maschili e femminili, erano riunite insieme, e con noi anche due eremiti. Lo stile sobrio, acuto, concreto e saggio del vescovo, nella concisione delle meditazioni che ha proposto, ha contribuito ad un ascolto intenso e non appesantito».

 

Da Legnano, le Carmelitane Scalze raccontano: «Quando è stata fatta la proposta degli Esercizi con l’Arcivescovo eravamo contente del fatto che lui ci avrebbe dedicato del tempo. Poi, però, quando si è finalmente concretizzata la data si sono presentati problemi e domande. Poi, una di noi ha detto: “Quando una cosa non la si può cambiare, perché non dipende da noi e in qualche modo devi farla, io ho già fatto l’esperienza che lì c’è il Signore e che sta preparando qualcosa che va proprio bene per noi”. Che dire, abbiamo capito subito dopo l’introduzione della domenica che era proprio così. Il nostro Arcivescovo era portavoce e strumento di comunicazione di un Altro. C’è stato un crescendo di coinvolgimento, di stupore, di commozione, di gioia e alla fine tanta riconoscenza per questa settimana».

 

Questa degli Esercizi Spirituali itineranti è stata una esperienza diversa che vi ha visti tutti insieme, monache, monaci ed eremiti. Quale immagine scegliereste per descrivere questi giorni?

I monaci della Comunità dei Ss. Pietro e Paolo (Cascinazza) scelgono le parole di von Balthasar, «Il tutto nel frammento», per simboleggiare la presenza del mistero di Dio nel nostro niente, che Lui valorizza.

«Durante una meditazione osservavo che la piccola fontana del nostro giardino ha gli stessi colori di una montagna dalle alte cime e la bellezza dell’esile filo d’erba ai suoi piedi uguaglia in splendore quella del grosso cedro che possente si erge alle loro spalle, facendo da ombrello ad entrambi, racconta una sorella della comunità delle Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento da Seregno. «Tra me mi chiedevo se non fosse questa la Gloria di Dio?».

Le Romite Ambrosiane, invece, descrivono questi giorni a partire dall’immagine di una costellazione, perché «in essa le distanze tra le stelle dispongono i diversi punti di luce in una traccia che lascia intravedere una forma. Tale forma è capace di orientare il cammino di altri e si muove attratta da un unico Sole. Fuori dalla metafora: i diversi carismi in cui la vita monastica è presente nella nostra diocesi sono e sono chiamati ad essere sempre di più punti luminosi che, singolarmente, ma anche tutti insieme, possono orientare il cammino dei fedeli ambrosiani. Questo se però gravitano attorno all’unico Sole, che è il Signore Gesù».

Don Michele Di Monte, eremita, ripercorre questi giorni rivedendosi, insieme alle monache e ai monaci, «nell’attesa di Cristo, come veri figli che aspettano il loro Padre, o come un esercito che aspetta il suo re, o come una nobile servitù che attende il suo signore e liberatore. Non vi è tra loro nessun pensiero o preoccupazione riguardo al vestito o al cibo, ma, tra il canto degli inni, vi è solo l’attesa della parusia di Cristo».

Le Carmelitane di Legnano hanno trovato una immagine diversa e originale: «Se nessuno si offende, l’immagine che ci è venuta è quella del panettone. La leggenda racconta che il panettone è nato dall’aver messo insieme tanti ingredienti quasi per sbaglio. Il risultato è stato ottimo. I canditi, le uvette, lo zucchero, il lievito, la farina e gli altri ingredienti sono allora le diverse realtà monastiche, che insieme rendono “gustosa” la Diocesi e perché no anche la Chiesa».

 

Quale parola ha illuminato e aperto la strada in questo viaggio?

«Indubbiamente la Parola di Isaia, unita all’invito dell’Arcivescovo ad accogliere questa gloria in tutti gli aspetti della vita», rispondono le sorelle Benedettine dell’Abbazia dei Ss. Pietro e Paolo in Viboldone.

«L’invito ad abitare nella casa del Signore e riconoscervi la Sua gloria è una promessa di fecondità sia per la propria persona sia per tutta la diocesi e la Chiesa», hanno sottolineato le Carmelitane di Concenedo, esprimendo la loro gratitudine per questi giorni che, in tempi difficili e tumultuosi, hanno fatto luce sul valore del dono ricevuto con la chiamata alla vita monastica.

Secondo le Carmelitane di Legnano tra le parole ricevute dall’Arcivescovo, quella che più ha risuonato nei cuori già dall’inizio è stata “concretezza”. Nei monaci della Comunità dei Ss. Pietro e Paolo (Cascinazza) ritorna, invece, con più forza l’espressione di una delle meditazioni: «Il Signore non ci toglie niente, ma ci dà tutto».

“Amabilità” è la parola scelta dai Benedettini di Dumenza, che raccontano: «Oltre alla concezione degli Esercizi in senso ascetico, ginnico e riabilitativo, custodiamo soprattutto la responsabilità personale di ciascuno a rendersi amabile per rendere amabile la comunità che contribuisce ad edificare».

La Chiesa ha accompagnato nella preghiera questo corso di Esercizi. Cosa ha significato per voi il fatto di sentirvi custoditi nella preghiera di tanti che, normalmente, ricorrono a voi proprio con la richiesta di ascolto e preghiera?

«Vi ringraziamo per questa domanda, che permette di cogliere un aspetto generalmente non molto considerato», rispondono i Benedettini di Dumenza. «La Chiesa prega per noi, ci fa scoprire dentro una preghiera che è molto più estesa di quanto immaginiamo e che precede la nostra. Averne consapevolezza, anche grazie al modo in cui sono stati proposti questi Esercizi, oltre al sentirsi accuditi, aiuta ad edificare la Chiesa e a percepirla come un organismo unitario».

«Siamo davvero grate a quanti in questi giorni hanno pregato per noi, accompagnando così la nostra disponibilità all’ascolto e alla conversione. La nostra vita è sostenuta e alimentata dallo sguardo al cielo della preghiera di tutta la Chiesa. Davvero «la terra è piena della gloria di Dio» e anche noi, sull’esempio del nostro Arcivescovo, desideriamo continuare ad annunciarlo con le nostre vite, con la vita delle nostre comunità, in comunione con tutta la Chiesa», hanno risposto le Romite Ambrosiane.

Da Chiaravalle, i Cistercensi hanno aggiunto: «Quando qualcuno ci fa sapere che prega per noi monaci, non possiamo che esserne consolati e rafforzati interiormente. Non siamo esenti da mancanze e da peccati, infatti, anche noi. Per questo abbiamo bisogno come tutti di vivere nella vera comunione ecclesiale, dove ogni parte del Corpo mistico di Cristo è necessaria e tutte si sostengono vicendevolmente, collaborando e operando insieme sotto lo stesso Capo. La Chiesa ha questa qualità comunionale, che riguarda sia la sua azione che la sua ispirazione. Questo è un aspetto che non va trascurato quando si pensa ai consacrati religiosi e contemplativi. Il nostro servire Cristo e la Chiesa viene forse svolto in modo più nascosto e sconosciuto, ma non meno necessario e prezioso, quindi ugualmente bisognoso di cura».

Le Carmelitane di Legnano hanno voluto ringraziare, infine, per questa custodia nella preghiera con uno spunto di riflessione in più: «Forse eravamo distratte, ma questa domanda ci ricorda che la Chiesa pregava e prega per noi… Non è forse anche questa la comunione dei santi?».

«Vediamo in tutto questo una grazia singolare che ci apre orizzonti nuovi e più ampi a cui volgere lo sguardo, primi teneri germogli di speranza di questo anno che volge ormai al suo termine, preannuncio di un raccolto florido e abbondante», rispondono le Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento di Seregno. « Poter vivere gli esercizi spirituali come un’unica grande famiglia monastica e insieme a tutta la Chiesa ci ha permesso di sperimentare nella concretezza il nostro essere “Unità”, l’essere parte di un Disegno ben più grande delle nostre piccole realtà, di un Progetto che va oltre ogni nostra umana comprensione e aspettativa. Riflettevo su una profonda certezza: la Comunità non termina dove finiscono le mura della nostra clausura. Siamo separati per essere più uniti, non per fuggire dalla lotta dei nostri contemporanei, ma per offrirci ad essa come un “campo di battaglia”, prendendo in prestito un’espressione di Etty Hillesum. Siamo stati posti come in un unico grande “giardino”, alcuni come piccoli semi di grano, sparsi per fecondare la terra; altri come querce secolari che si ergono stabili e rigogliose offrendo riparo con la loro ombra, e forse senza neanche troppa consapevolezza, cresciamo insieme servendo gli uni gli altri con la propria presenza e fecondità, partecipando all’Unico grande progetto d’Amore del Padre per il mondo, testimoni dell’Aurora nuova che presto verrà! »

 

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La presenza luminosa della Madre di Dio, alla quale l’Arcivescovo Mario ha continuamente rivolto lo sguardo durate il cammino degli Esercizi, orienti al dono totale delle nostre vite a Dio.

La via per scoprire e vedere la Gloria di Dio, che riempie la terra, è lasciare che riempia noi stessi. La preghiera, il digiuno, la veglia, l’elemosina, la carità fraterna, l’ospitalità, la cura per i luoghi che abitiamo, il lavoro: tutto può diventare una finestra, dalla quale lasciare entrare e contemplare quella Luce. la Gloria del Verbo, che si è fatto carne, per la salvezza del mondo.