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Suggerimenti pratici per offrire un accompagnamento reale

di don Mauro Santoro
Servizio per la catechesi

autismo

In un passaggio della sua omelia della II domenica di Pasqua, dedicata alla Divina Misericordia, Papa Francesco ha indicato chiaramente a tutto il mondo la via per ripartire dopo questo periodo faticoso e per molti sofferto di pandemia, sottolineando di vigilare su un altro possibile virus che potrebbe insinuarsi nel cuore delle persone e della comunità, ancora peggiore del covid-19. Così diceva:

In questa festa della Divina Misericordia l’annuncio più bello giunge attraverso il discepolo arrivato più tardi. Mancava solo lui, Tommaso. Ma il Signore lo ha atteso. La misericordia non abbandona chi rimane indietro. Ora, mentre pensiamo a una lenta e faticosa ripresa dalla pandemia, si insinua proprio questo pericolo: dimenticare chi è rimasto indietro. Il rischio è che ci colpisca un virus ancora peggiore, quello dell’egoismo indifferente. Si trasmette a partire dall’idea che la vita migliora se va meglio a me, che tutto andrà bene se andrà bene per me. Si parte da qui e si arriva a selezionare le persone, a scartare i poveri, a immolare chi sta indietro sull’altare del progresso. Questa pandemia ci ricorda però che non ci sono differenze e confini tra chi soffre. Siamo tutti fragili, tutti uguali, tutti preziosi. Quel che sta accadendo ci scuota dentro: è tempo di rimuovere le disuguaglianze, di risanare l’ingiustizia che mina alla radice la salute dell’intera umanità! Impariamo dalla comunità cristiana delle origini, descritta nel libro degli Atti degli Apostoli. Aveva ricevuto misericordia e viveva con misericordia: «Tutti i credenti avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno» (At 2,44-45). Non è ideologia, è cristianesimo.

La ripresa da questa pandemia può costituire una vera e propria occasione e sfida in particolare per le nostre comunità cristiane. Dopo aver dovuto rielaborare un “lutto” per la “perdita” di tutte le iniziative pastorali di tre mesi programmate da tempo e trovandosi impreparata ad affrontare, pastoralmente parlando, la strana situazione di voler accompagnare, ma stando a distanza, oggi siamo invitati a riprendere un cammino, ma senza dimenticare chi è rimasto indietro. Ovvero le persone più fragili e vulnerabili che hanno patito maggiormente questo tempo di isolamento, talvolta pagandone delle profonde conseguenze, e che adesso fanno ancora più fatica a ripartire. Tra queste ci sono le persone con disabilità e le loro famiglie, chiamate a farsi carico per diversi mesi, 24 ore al giorno, dei bisogni dei propri figli con deficit motori o cognitivi.

Gli orientamenti pastorali redatti dal servizio nazionale per le persone con disabilità, vogliono offrire in particolare alle comunità cristiane, ma anche alle altre realtà come associazioni, cooperative… che si occupano delle persone con disabilità, dei suggerimenti pratici per offrire un accompagnamento reale in questa fase 2.

L’obiettivo è di scongiurare che in questa situazione critica si insinui paradossalmente (ma forse purtroppo la storia ci insegna che non lo è) il virus della indifferenza, soprattutto nei confronti di chi ha più bisogno. Ma per evitare tutto questo è necessario che ogni componente che si sente parte di una comunità dia il proprio contributo. E’ impensabile che i bisogni dei “poveri” che nel prossimo periodo busseranno alle porte delle nostre coscienze possa essere affrontato solo da alcune persone disponibili che fanno parte della caritas o sostenute da buona volontà.

Nella citazione degli atti degli apostoli è scritto che tutti i credenti…”. Tutti, non solo alcuni. Se nelle nostre comunità, tutti coloro che si dicono credenti mettessero a disposizione non solo i propri beni, ma anche un po’ del proprio tempo, forze, passione per farsi accanto alle persone più fragili, questo tempo gronderebbe, pur nella sua fatica, di Grazia.

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