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Sirio 15 - 21 dicembre 2025
Radio Marconi cultura
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Vocabolario/13

Abusi, le parole della prevenzione: gaslighting

Forma di manipolazione psicologica oppressiva, gioca sulla sensibilità e sulla vulnerabilità delle vittime, condizionandole e rendendole totalmente dipendenti e obbedienti, spesso aiutata da un contesto ambientale favorevole

a cura del Servizio Regionale delle Diocesi lombarde per la tutela minori e adulti vulnerabili

18 Dicembre 2025

Significato

L’espressione inglese gaslighting deriva dal film intitolato Gas Light (1944), ispirato all’opera teatrale Angel Street del 1938. La protagonista è vittima di gaslighting da parte del marito, che mira a impossessarsi dei suoi preziosi gioielli di famiglia. Nel momento in cui la moglie nota il calo di intensità della luce a gas dovuto alle ricerche notturne del marito, questi le fa credere che sia tutto frutto della sua immaginazione e inizia a manipolare aspetti della vita quotidiana per portarla a impazzire.

Gaslighting è una forma di manipolazione oppressiva, una manipolazione psicologica subdola in cui la persona che manipola induce la vittima, chiunque sia, a dubitare della propria percezione della realtà, della memoria e addirittura, della propria salute mentale, con l’obiettivo di dominarla e sottometterla. In questo contesto ambientale aumenta il rischio di femminicidi o di esiti depressivi gravi.

Il gaslighting si sviluppa secondo tre fasi, ma è sempre preceduto da un primo periodo tendenzialmente positivo e gratificante per la vittima, che viene investita di stima e complimenti. Il gaslighter è infatti capace di intercettare la sensibilità delle sue vittime, così come di individuare molto bene i punti più vulnerabili. Progressivamente attraverso messaggi positivi e negativi, riesce in modo incredibile a condizionare la sua vittima rendendola totalmente dipendente e obbediente al suo disegno.

• La prima fase è caratterizzata da una distorsione della comunicazione. La vittima non capisce più il suo interlocutore. I dialoghi sono segnati da silenzi colpevolizzanti, alternati a reazioni risentite che destabilizzano la vittima portandola a sentirsi confusa e disorientata, come quando appunto ci si trova nella nebbia.
• La seconda fase è caratterizzata da un tentativo di difendersi da parte della vittima, che cerca di spiegare al suo abusante che ciò che lui afferma non corrisponde alla verità. Quindi prova a instaurare un dialogo, aperto e tenace, nell’illusione che ciò possa servire a far cambiare il comportamento di chi la sta manipolando. L’atteggiamento della vittima è caratterizzato dalla convinzione che riuscirà con l’ascolto, la comprensione e il dialogo a far cambiare atteggiamento, pensiero e modi di agire all’abusante.
• La terza fase è la progressiva discesa nella depressione. La vittima si convince che ciò che l’abusante dice nei suoi confronti corrisponde proprio alla verità: si rassegna, diventa insicura ed estremamente vulnerabile. In questa fase l’oppressione relazionale si intensifica: le forme di violenza diventano normali e la vittima si sente in colpa, si sente obbligata interiormente a scusarsi, si convince che il manipolatore non solo ha ragione, ma anche della sua bontà fino a idealizzarlo.

In contesti comunitari questo processo si rafforza a partire dal consenso verso chi comanda manipolando e utilizzando la strategia della correzione e del merito. Il rinforzo è favorito anche dalla relativa mancanza di sostegno – verso coloro che, comprendendo lo stile manipolatore, vorrebbero differenziarsi – che proviene dal “coro” di chi approva, sostiene, idealizza l’agire del manipolatore/trice.

Domande

Possiamo interrogarci sulle diverse relazioni “tossiche”, segnate da un’aggressività attiva (ricatti e minacce…) e/o passiva (diverse forme di colpevolizzazione e di silenzio) che costringono, chiudono in una gabbia e assolutizzano una sola persona che ha la pretesa di controllare, dominare ed essere sempre gratificata.

Possiamo interrogarci anche sullo stile di comunità e fraternità. Soprattutto rischiano di essere tossiche le comunità in cui è assolutamente proibito parlare all’esterno di ciò che avviene all’interno. Fatta salva assolutamente e in ogni caso la doverosa discrezione rispetto alle vicende personali da parte di ogni componente la comunità. Così pure sono dannose le comunità nelle quali non viene consentito di rivolgersi a persone esterne per consiglio o consulenza o nelle quali non è tollerata alcuna critica, differenziazione – anche su aspetti semplici –  e domande rispetto alla posizione dell’autorità sia in privato che in pubblico, pena il rimprovero personale e il discredito pubblico.

La riflessione su questa dinamica abusante riporta in primo piano quanto sia importante, per una prevenzione nei nostri ambienti e comunità, tenere presenti la necessità e l’effettiva possibilità di risorse esterne ad ogni realtà comunitaria e fraterna, per il confronto, l’accompagnamento spirituale e la consulenza psicologica

Strumenti

https://www.agi.it/cronaca/news/2025-04-18/16-segnali-per-riconoscere-un-amore-tossico-bicocca-30980273/

FORLANO T. (2014), Gaslighting, una forma di violenza psicologica – Rapporti interpersonali. State of Mind.

GRUDA S. (2020), Gaslighting: quando la manipolazione annulla la libertà. State of Mind.

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