Gennaio invita a riflettere sulla pace come responsabilità quotidiana. Il 16 gennaio all’Università Cattolica di Milano si terrà un convegno sul ruolo dell’economia nella costruzione di una pace concreta, inclusiva e duratura
Responsabile Servizio per la pastorale Sociale e il lavoro
Foto di Daniel Reche da PixabayGennaio è tradizionalmente il mese in cui la Chiesa invita a riflettere sulla pace come vocazione dell’umanità e responsabilità quotidiana. In questo orizzonte si colloca il messaggio di Papa Leone XIV per la Giornata Mondiale della Pace 2026: un appello a considerare la pace non come un traguardo lontano, ma come un cammino presente, concreto, quotidiano. Una pace “disarmata e disarmante”, capace di liberare dalla paura e dalle logiche del conflitto, aprendo alla fiducia, all’empatia e alla speranza.
È in questa prospettiva che il Servizio per la Pastorale Sociale e del Lavoro della Diocesi di Milano promuove l’incontro del 16 gennaio presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, intitolato “Quale economia come via di pace? un’occasione di approfondimento e dialogo per interrogarsi sul ruolo che l’economia può giocare nella costruzione di una pace reale, duratura, inclusiva.
A volte è facile pensare alla pace come a una meta da raggiungere, quasi che il fine potesse giustificare i mezzi e che tutto dipendesse dal risultato finale. Ma il messaggio di Papa Leone XIV ci ricorda che non è così: la pace non è solo un punto d’arrivo, è anche – e soprattutto – la via attraverso cui si arriva alla pace stessa. È il modo con cui si costruisce, passo dopo passo, aprendo quelle “vie di pace” che rendono possibile un futuro diverso. È un cammino fatto di scelte quotidiane, di relazioni vissute nella cura e nella responsabilità, di politiche e decisioni economiche orientate al bene comune. Non un ideale astratto, dunque, ma un processo vivo, che chiede creatività, coraggio e gesti concreti.
Tra gli ambiti in cui questo cammino si gioca con particolare intensità vi è l’economia. Spesso percepita come un settore tecnico, distante dai temi della pace, essa è in realtà un tessuto di relazioni possono costruire o distruggere fiducia, generare dignità o esclusione. Per questo il Papa parla della necessità di un’economia “disarmata”: capace di sottrarsi alla logica del profitto assoluto e della competizione aggressiva, per abbracciare la cura, il dono, la cooperazione. L’ampliarsi delle disuguaglianze è del resto uno dei fattori che più minacciano la stabilità sociale e la pace tra i popoli. Dove il divario tra chi ha molto e chi ha poco si allarga, crescono sfiducia, tensioni e frustrazioni, si sgretola il senso di appartenenza, si indebolisce il tessuto sociale. Non è quindi possibile parlare di pace senza affrontare le ferite economiche che segnano le nostre società. Ma per questo occorre rimettere al centro la persona, cioè adottare un modello economico che non misuri il successo solo in termini di crescita o rendimenti, ma in termini di partecipazione, equità, inclusione. Un’economia che generi possibilità e non scarti, che riconosca a tutti un ruolo attivo nella comunità.
Un’altra via che può sostenere il cammino della pace è quella dell’innovazione tecnologica. Anche quest’ultima, quando resta al servizio della persona e non viceversa, può diventare uno strumento prezioso per migliorare la qualità della vita, favorire la comunicazione, promuovere trasparenza e collaborazione. La tecnologia, se orientata da responsabilità etica e visione sociale, permette di ridurre distanze, creare nuove opportunità, mettere in rete competenze e risorse.
Un punto cruciale del messaggio papale riguarda il disarmo. Papa Leone XIV invita a rompere la seduzione delle armi, a smascherare l’illusione che la forza possa garantire sicurezza. La storia continua a mostrare che i conflitti armati non risolvono le crisi, ma li aggravano; che accumulare strumenti di morte significa investire nel futuro sbagliato. Occorre quindi liberare immaginazione e risorse per costruire infrastrutture di dialogo, cooperazione e diplomazia: gli unici strumenti davvero capaci di generare pace duratura. Nell’ultimo periodo, più volte è stata richiamata la famosa frase «dove passano le merci non passano gli eserciti». Un’espressione semplice ma profondamente vera: l’economia, quando è davvero scambio e reciprocità, crea legami che rendono più difficile il ricorso alla violenza. Scambiare significa riconoscere l’altro come interlocutore, non come avversario. Vuol dire costruire relazioni stabili, definire regole comuni, generare un’interdipendenza che trasforma l’interesse individuale in possibilità condivisa. In questo senso l’economia è cooperazione prima ancora che competizione, accordo prima ancora che scontro.
Tuttavia, le tensioni internazionali degli ultimi anni mostrano che la sola integrazione economica non basta. Perché la pace sia solida, occorre una responsabilità globale che superi le convenienze del momento e promuova una solidarietà autentica tra popoli, territori e generazioni. Per avanzare verso la pace è dunque urgente imparare a riconoscere la rilevanza e l’impatto delle scelte economiche che compiamo ogni giorno: scelte che incidono sulla nostra vita, su quella degli altri, sulla salute del pianeta e sulle possibilità di futuro delle generazioni che verranno. Serve una nuova consapevolezza che diventi anche capacità di agire, orientando le nostre decisioni verso il bene comune e i beni comuni, facendone il criterio discriminante non solo delle nostre attività personali e lavorative, ma anche della vita politica e sociale. Di fronte al drammatico aggravarsi delle tensioni globali, sentiamo l’urgenza di una riflessione più profonda sulla necessità della pace e sul nostro contributo concreto alla sua costruzione.
Ma in che modo ognuno di noi può contribuire realmente alla pace? L’amore al mondo si traduce anzitutto nell’amore per le nostre realtà quotidiane: quelle lavorative, territoriali, comunitarie, quel pezzo di mondo che abitiamo giorno dopo giorno. È lì che siamo chiamati a essere testimoni di una vita nuova, sostenuta dalla carità, capace di generare amicizia, unità, possibilità di collaborazione che altrove sembrerebbero impossibili. Da questi gesti concreti, da questa scelta di cura e responsabilità, può prendere forma una pace autentica, radicata nelle relazioni e capace di trasformare il futuro. Vi invitiamo dunque a partecipare a questo importante momento di confronto e riflessione, convinti che ogni contributo, piccolo o grande, possa alimentare quella cultura della pace di cui il nostro tempo ha così urgente bisogno. L’incontro si terrà giovedì 16 gennaio alle ore 18.00 presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Aula San Francesco (Largo A. Gemelli, 1). Insieme, con il cuore aperto e la mente vigile, potremo seminare responsabilità e speranza, per costruire un futuro di convivenza e solidarietà. Alleghiamo la locandina dell’evento con tutte le informazioni per partecipare.