Almanacco liturgico Il Santo del giorno Il Vangelo di oggi Agenda dell'Arcivescovo

Dobbiamo molto ascoltare per comprendere a quali condizioni il Vangelo possa essere annunciato e possa essere buona notizia per chi è travolto dalle cattive notizie, possa essere speranza per chi accumula esperienze e motivi per disperare”.
Don Mario Delpini, Infonda Dio Sapienza nel cuore, Lettera pastorale 2020-2021

 

Raccogliendo l’invito del nostro arcivescovo a dedicare questi primi mesi  dell’anno pastorale ad un esercizio di interpretazione e di discernimento, dopo quelli dolorosi e difficili legati all’emergenza Covid-19 (non ancora terminata), in un primo confronto come tavolo di coordinamento “O tutti o nessuno” è emerso in modo unanime che il primo atteggiamento a cui predisporsi sia quello dell’ascolto.

Ascoltare anzitutto la Parola, certi che, richiamando l’immagine evangelica del seme, anche in questo tempo abbia una capacità generativa e possa dare frutti non solo buoni, ma anche nuovi. Inoltre è necessario conoscere il terreno della vita delle persone in cui desideriamo gettare il seme della buona notizia e anche per fare questo è fondamentale mettersi in ascolto dei vissuti, in particolare di quelli dei mesi scorsi, che sono stati per molti, soprattutto per i più fragili, caratterizzati da un maggior senso di abbandono, di isolamento, di reclusione. Infatti, in seguito alle disposizioni legate all’emergenza pandemica, sono stati sostanzialmente sospesi tutti i servizi e sostegni a carattere diurno per le persone con disabilità e la partecipazione alle attività pastorali. Pertanto, la popolazione delle persone con disabilità che accedeva a spazi e offerte diurne di varia natura è stata largamente sprovvista di concreti sostegni di carattere spirituale e psicosociale, mentre le loro famiglie hanno sopportato interamente il carico della relazione. Il rischio dell’insorgere di sindromi psichiatriche e comportamentali, aggiuntive rispetto alla disabilità, è aumentato decisamente, sino a diventare potenzialmente esplosivo, considerando l’alta vulnerabilità a queste problematiche di persone con disabilità, particolarmente nell’ambito dei disturbi del neurosviluppo. Paradossalmente le misure adottate per la tutela della salute sono risultate strumenti di reclusione e hanno fortemente messo in pericolo (spesso rotto) quel già precario equilibrio di benessere che caratterizza la vita di una famiglia con persone con disabilità al proprio interno.

Ora desideriamo ascoltare per dare voce anzitutto a coloro, il cui grido nei mesi scorsi non è stato raccolto. Dare loro la possibilità di raccontarsi, per capire direttamente dalle persone con disabilità, dalle loro famiglie e dalle associazioni che in questi mesi han cercato con tanta buona volontà e creatività di rompere il loro stato di isolamento come hanno vissuto questi mesi difficili per tutti, ma in particolare per loro. Vuole essere un ascolto che non si riduca ad un semplice momento di “sfogatoio”, ma richiamando i tre verbi indicati dall’insegnamento sociale della chiesa che hanno costituito un metodo di discernimento: “vedere – giudicare – agire”, l’ascolto è mosso dalla volontà di far esprimere emozioni, sentimenti, bisogni, desideri, racconti e di ascoltare indicazioni e critiche costruttive. Quanto emerso sarà oggetto di confronto per aiutare il nostro tavolo a comprendere quali priorità porsi, quali passi compiere per continuare a garantire un servizio pastorale “utile” nella nostra diocesi.

L’ascolto è il primo passo per dare concretezza a quell’esercizio di interpretazione e discernimento auspicato dal nostro vescovo. È la prima azione che come tavolo di coordinamento vogliamo mettere in atto in questo anno pastorale, invitando tutte le comunità cristiane, mentre si organizzano per ripartire con le loro attività, a non correre il rischio di ricominciare a correre, non accorgendosi che le persone più fragili, quelle più “lente”, rimaste ulteriormente indietro nei mesi scorsi, rischiano di scomparire definitivamente dal campo visivo della comunità. L’invito è di riprendere sì il cammino, ma con un passo più lento, facendo nostre le parole di Papa Francesco quando ci ricorda che: “…la misericordia non abbandona chi rimane indietro. Ora mentre viviamo una lenta e faticosa ripresa dalla pandemia, si insinua proprio questo pericolo: dimenticare chi è rimasto indietro. Il rischio è che ci colpisca un virus ancora peggiore, quello dell’egoismo indifferente. Si trasmette a partire dall’idea che la vita migliora se va meglio a me, che tutto andrà bene se andrà bene a me”[1].

Il primo modo per far fronte al virus dell’egoismo indifferente è proprio quello di fermarsi e di ascoltare, di lasciar parlare, con disponibilità, vincendo la tentazione di voler dare subito delle risposte, di giustificarsi, di difendersi, ma con un atteggiamento di reale accoglienza, capace di valorizzare quando viene detto e anche di incassare ciò che potrebbe risultare fastidioso.

Come già è accaduto altre volte, una particolare attenzione alle persone con disabilità fa acquisire la consapevolezza che quanto auspicato per loro è in realtà un bene anche per altre persone fragili che stanno vivendo il rischio di non essere ascoltate, come gli anziani, i bambini, i ragazzi. Pertanto la creazione di piccole isole di ascolto reciproco costituisce una preziosa attenzione da regalare a tutti i membri della comunità. Come potrebbe essere possibile intraprendere nuovamente un cammino, come se nulla fosse accaduto, come se questa emergenza fosse stata solo una brutta parentesi da dimenticare, senza chiederci anzitutto reciprocamente: “Come stai? Come hai vissuto questa esperienza traumatica? Raccontami: ti ascolto”.

L’emergenza non è ancora terminata e questi mesi sono segnati ancora da una relativa incertezza. Davanti a questo stato in cui tutto appare ancora un po’ sospeso c’è chi reagisce cercando comunque di pianificare il più possibile perché si sente “inutile” a stare ad aspettare e ci sono coloro che proprio perché questa situazione è tutt’altro che terminata e il pericolo sussiste ancora, ritengono che sia meglio accontentarsi di fare lo stretto necessario, senza correre troppo rischi e non programmare a lungo termine. Questi mesi possono allora essere “sfruttati” per riprendere, sì, i cammini, qualsiasi essi siano: di iniziazione cristiana, dei ragazzi, giovani, adulti, famiglie ma preoccupandosi di garantire all’incontro anzitutto una dimensione di ascolto reciproco, per cogliere, anche in questo tempo di pandemia, i segni attraverso cui Dio si è reso presente nella propria vita e che possono anche indicare i prossimi passi del cammino.

In questo periodo di ripresa il nostro servizio rimane a disposizione di tutte le comunità parrocchiali per aiutare ad affrontare insieme eventuali situazioni concrete in cui gli operatori pastorali dovessero incontrare difficoltà ad approcciarsi a bambini, ragazzi e persona con disabilità.

E’ possibile contattarci scrivendo a: inclusionedelladisabilita@diocesi.milano.it

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[1]/sup> Papa Francesco, Omelia della II Domenica di Pasqua, 19 aprile 2020

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