2 – “Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori” (Ef 3,17)
3 – “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua” (Lc 19,5)
4 – Linee Guida per le attività di vita comune per giovani
5 – L’organizzazione dell’attività
8 – Adeguamento delle attività in corso
9 – Supporto degli Uffici di Curia
Introduzione
Da diversi anni la vivacità pastorale di sacerdoti, religiosi/e ed educatori sta intercettando un desiderio dei giovani che genera una esperienza di annuncio e insieme di consolidamento della fede in diverse parrocchie e in varie realtà ecclesiali. La vita comune si diffonde in modo particolare nelle Diocesi lombarde quale occasione speciale di fraternità tra giovani. Si esprime il desiderio di congiungere in modo armonico Parola e quotidianità, fede e vita, Dio e amicizia.
Si tratta di un sentiero promettente, un semplice e germinale segno dei tempi che domanda alla Chiesa di non abbandonare la sua anima domestica, anzi di svoltare sempre più verso la sua essenziale natura di comunità dei credenti chiamati da Gesù a stare insieme nella diversità.
La Christus vivit, esortazione post-sinodale consegnataci da papa Francesco, ci esorta a dirigerci con determinazione in questa direzione che i giovani stessi con i loro accompagnatori ci stanno suggerendo: «Fare “casa” in definitiva “è fare famiglia; è imparare a sentirsi uniti agli altri al di là di vincoli utilitaristici o funzionali, uniti in modo da sentire la vita un po’ più umana. Creare casa è permettere che la profezia prenda corpo e renda le nostre ore e i nostri giorni meno inospitali, meno indifferenti e anonimi. È creare legami che si costruiscono con gesti semplici, quotidiani e che tutti possiamo compiere” […]»[1].
E ancora: «In questo quadro, nelle nostre istituzioni dobbiamo offrire ai giovani luoghi appropriati, che essi possano gestire a loro piacimento e dove possano entrare e uscire liberamente, luoghi che li accolgano e dove possano recarsi spontaneamente e con fiducia per incontrare altri giovani sia nei momenti di sofferenza o di noia, sia quando desiderano festeggiare le loro gioie»[2].
Accenniamo dunque agli elementi significativi di queste proposte di vita comune che in vari modi sorgono nelle nostre comunità giovanili: alcuni passi evangelici e biblici risuonano in modo evidente in tali esperienze.
[1] Francesco, Christus vivit, n. 217.
[2] Ibidem, n. 218.
1 – “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35)
La Parola del Vangelo ci ricorda come l’amore reciproco sia il segno distintivo dei discepoli di Gesù. Tale amore si esprime nella vita comune attraverso la fraternità, che non è semplicemente vivere insieme, ma condivisione della quotidianità a più livelli (materiale, umano e spirituale). I giovani hanno il desiderio di vedere e toccare con mano la presenza di Cristo, non si accontentano del sentito dire e perciò, come Tommaso, quasi pretendono una speciale rivelazione del Maestro. La fraternità vissuta in un contesto di preghiera (Parola e sacramenti) svela il volto di Gesù, prende per mano ciascuno per accompagnarlo delicatamente a mettere il suo dito nel costato trafitto del Risorto. La stretta condivisione della vita anche con le sue pesantezze (i difetti dell’altro così evidenti o le proprie chiusure in egoismi ed orgoglio) regala l’intuizione che il Signore si concede proprio in questa vita insieme capace di superare l’isolamento. La concretezza di Cristo che è vivo tra i giovani non sembra più uno slogan per libri o manifesti, ma attraversa la giornata e le relazioni.
Nella quotidianità intrapresa insieme è possibile abbassare le maschere, i giovani possono svelare e condividere debolezze e risorse, il primato è assegnato alla cura delle relazioni gratuite, senza fini utilitaristici. L’amore reciproco si esprime nel servizio concreto (preparare la tavola, cucinare, pulire la stanza…) e soprattutto nell’ascolto l’uno dell’altro nelle semplici occasioni che la giornata regala.
La fraternità intrapresa, che è antidoto contro l’individualismo e alternativa a pensarsi senza gli altri, diventa segno per tutti, in particolare per altri giovani che sono attirati a godere della medesima amicizia nel Signore.
2 – “Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori” (Ef 3,17)
Se il fondamento sta nella densità evangelica della fraternità, allora si comprende che la vita comune è preziosa anche nell’accompagnare i giovani a riconoscere che può esistere un centro. Tra allenamenti e ripetizioni, aperitivi con gli amici ed esami da preparare, tra impegni in oratorio e lezioni in università o giornate di lavoro… la vita sembra così frammentata da spegnere ogni ambizione ad individuare un collante che possa tenere insieme tutto. La relazione viva con Gesù anche attraverso la vita comune si presenta come unificante, capace di tessere le fila dell’esistenza e comporre in unità i diversi ambiti di vita. Lo Spirito di Gesù agisce come centro affettivo del cuore. Siamo educati al pensiero di Cristo. Ogni esperienza e attività si può attraversare in questa compagnia. Si allontana il rischio di disperdersi in tante azioni slegate e in numerosi luoghi tra loro non comunicanti.
L’amicizia con il Signore ci fa essere profondamente noi stessi con la nostra originalità. Lo Spirito ci regala una identità profonda per quanto sempre in dialogo aperto con l’altro e docile alle provocazioni della realtà.
Il discernimento diventa possibile quando adulti nella fede accompagnano i giovani ad esercitarsi attraverso alcuni strumenti preziosi (esame di coscienza, accompagnamento personale e comunitario…), a mettere ordine nella concreta gestione del tempo, a riconoscere spazi eccessivi regalati a qualcosa che non è essenziale, a riconoscere la chiamata quotidiana di Dio a seguirlo e testimoniarlo.
3 – “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua” (Lc 19,5)
Nelle diocesi lombarde l’esperienza delle vite comuni ormai presenta diversi anni di vita. Basti ricordare che già il Cardinal Martini, incoraggiando tali proposte e ascoltando la testimonianza dei giovani, al termine del cammino diocesano delle “Sentinelle del mattino”, così scriveva: «Abbiate la gioia di una casa comune: una domus ecclesiae. Prima che un edificio ci sia un contesto, un luogo permanente di incontro, giorni di vita insieme in cui si respiri uno stile di fraternità, di lavoro e di preghiera; tempi comuni dentro la vita ordinaria, per imparare a fare bene le cose di tutti i giorni, e per interpretare insieme la Parola e la cultura contemporanea, con l’intelligenza della fede e con il desiderio di dialogare con tutti. Tutte le nostre comunità siano attente alle esigenze giovanili di vita comune, sapendo che i giovani, oggi più che mai, hanno bisogno di formazione intelligente e affettiva, per appassionarsi al Signore, alla comunità cristiana e ai fermenti evangelici disseminati tra i loro coetanei nel mondo. Certamente qualche struttura andrà trasformata, qualche contesto nuovo di incontro andrà inventato, con creatività e saggezza, perché siano luoghi di autentica conoscenza del Signore e gioiosa condivisione fraterna. La Parola di Dio ha bisogno di un terreno buono e l’Eucaristia ha bisogno di una casa»[3].
“Tempi comuni dentro la vita ordinaria, per imparare a fare bene le cose di tutti i giorni”: le vite comuni non sono certo una vacanza ma piuttosto un sostegno alla vita ordinaria ed una apertura a coglierne i significati più ampi. Zaccheo scopre che una giornata normale diventa occasione sorprendente per incontrare il Signore e trasformare la vita. La quotidianità è costituita da alzarsi dal letto con qualche fatica, fare colazione e pregare le lodi, prendere il treno e stare ad ascoltare i docenti, inviare i messaggi e fare le prime esperienze di lavoro, avere pazienza con gli altri e con se stessi, preparare la cena e raccontare quanto è accaduto: tutto ciò che è parte di una giornata è grazia, provocazione dello Spirito, tempo opportuno per un incontro. La vita comune non è fuga dalla realtà e dalle responsabilità. Si condivide il tempo con le sue ripetizioni e con le sue sfide. I Santi ci addestrano a vivere il momento presente ricolmandolo di amore: lo scorrere dei minuti esprime la generosità della vita che in ogni stagione domanda accoglienza e insieme creatività.
Negli ultimi anni in comunità pastorali e decanati si stanno sviluppando differenti forme di vita comune prolungata (alcuni mesi o un anno). I giovani vivono come i loro coetanei, condividendo un appartamento, ma coltivando uno stile alternativo che possa intrecciare fraternità, preghiera, servizio. Alcune esperienze sottolineano l’aspetto del discernimento vocazionale come nella proposta della Rosa dei Venti, altre evidenziano il tema della carità oppure quello della accoglienza di coetanei. La Chiesa esprime fiducia nei giovani che sono protagonisti nella realizzazione creativa della fraternità e insieme sono accompagnati stabilmente da adulti che offrono anzitutto una testimonianza concreta della loro vocazione.
La ricchezza di esperienze è un bene che mostra la creatività dello Spirito Santo che sta edificando la Chiesa.
[3] C. M. Martini, Attraversava la città. Risposta al Sinodo dei giovani, Centro Ambrosiano, Milano 2003, 22-23.
4 – Linee Guida per le attività di vita comune per giovani
Le presenti Linee Guida forniscono indicazioni per lo svolgimento delle attività di “vita comune”: attività, comunque denominata, caratterizzata dalla convivenza per un periodo prolungato di alcuni giovani, tra i 18 e i 35 anni, nel contesto di una proposta educativa e spirituale, organizzata da una o più Comunità Pastorali o Parrocchie e/o da uno o più Enti dell’Arcidiocesi di Milano (come Fondazione Caritas o la Fondazione diocesana per gli Oratori Milanesi) in spazi propri o concessi in uso da terzi.
Le attività di “vita comune prolungata” non possono mai coinvolgere minorenni, a cui normalmente sono proposti altri tipi di attività educative residenziali, di durata inferiore. Esse dovranno sempre seguire le indicazioni fornite dal documento “Formazione e prevenzione”, a cura della Commissione Diocesana per la Tutela dei Minori.
5 – L’organizzazione dell’attività
L’attività di vita comune non deve mai essere iniziativa di un singolo educatore (sia esso presbitero, diacono, religioso, laico) ma la sua organizzazione deve necessariamente coinvolgere le comunità interessate (o gli amministratori degli enti) e il suo svolgimento una pluralità di figure educative.
Particolare attenzione si dovrà rivolgere agli spazi che ospiteranno la vita comune: uno o più appartamenti indipendenti, privi di letti matrimoniali e con adeguati servizi igienici.
Chi propone l’attività, dovrà infine presentare al Consiglio Pastorale e al Consiglio degli Affari Economici della o delle Comunità Pastorali o Parrocchie interessate (o al Consiglio di amministrazione dell’ente):
• Una sintesi dell’attività che includa le finalità, i destinatari e la descrizione della proposta educativa e spirituale;
• I nomi e i ruoli delle persone coinvolte come figure educative, specificando coloro che si occupano della selezione dei partecipanti ed indicando eventualmente i criteri utilizzati a tal fine;
• L’indicazione degli spazi che verranno utilizzati;
• Il regolamento della vita comune, conforme al modello redatto dall’Avvocatura e dal Servizio per i Giovani e l’Università;
• Un bilancio preventivo dell’attività che specifichi la modalità con cui i giovani partecipano alle spese relative all’attività stessa.
Nel corso della redazione dei documenti elencati, i responsabili dell’attività dovranno chiedere il parere del Vicario Episcopale di Zona o di Settore competente e del Servizio per i Giovani e l’Università.
6 – Le figure educative
L’attività di vita comune dovrà necessariamente coinvolgere una pluralità di figure educative. È bene che, insieme a uno o più presbiteri, vi siano diaconi o religiose o religiosi o famiglie o laiche o laici.
Nessun giovane partecipante può ricoprire anche ruoli educativi all’interno dell’esperienza di “vita comune”.
Le persone che ricoprono tali ruoli educativi non possono abitare nei medesimi spazi in cui si svolge la convivenza. Le vite comuni, pertanto, non possono di norma avere luogo nelle case canoniche, salvo che vi sia un appartamento completamente indipendente da quelli destinati ai presbiteri.
7 – I giovani partecipanti
Prima dell’inizio della vita comune deve essere illustrata dettagliatamente ai giovani partecipanti l’attività e il suo regolamento, che dovrà essere integralmente accettato da ogni partecipante.
La partecipazione all’attività deve avere la durata massima di un anno, prolungabile solo in casi eccezionali, valutati dagli educatori, per un periodo non superiore a un ulteriore anno. Pertanto, in ogni caso, si tratta di una esperienza a termine per la crescita personale del singolo.
I giovani partecipanti non potranno stabilire formalmente la loro residenza negli spazi in cui si svolge la vita comune.
I giovani partecipanti devono contribuire alle spese necessarie per la convivenza. Pertanto, il regolamento deve prevedere una quota di partecipazione (sufficiente almeno a coprire le spese a carico della Parrocchia) oppure specificare le modalità di rimborso per le utenze e i beni di consumo.
È opportuno che la proposta educativa preveda periodicamente dei momenti di confronto e di verifica dell’attività con la partecipazione sia delle figure educative che dei giovani partecipanti.
Per gravi motivi, valutati dagli educatori, un partecipante può essere escluso dalla vita comune.
8 – Adeguamento delle attività in corso
Le attività di vita comune già in corso al momento dell’entrata in vigore delle presenti Linee Guida dovranno adottare un regolamento conforme a esse entro il 1° settembre 2025.
9 – Supporto degli Uffici di Curia
Per l’organizzazione e lo svolgimento dell’attività, gli Enti organizzatori potranno avvalersi del supporto del Servizio per i Giovani e l’Università e, per gli aspetti giuridici e amministrativi, dell’Avvocatura.

