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Veglia

L’Arcivescovo: «Vivete la libertà, il fuoco, il coraggio»

Si è tenuta in Duomo la Veglia diocesana presieduta da mons. Delpini, a cui è unita la Redditio Symboli, dove gli oltre 250 giovani 19enni hanno consegnato la Regola di vita

di Annamaria BRACCINI

26 Ottobre 2025
Agenzia Fotogramma

«Io so di certi modi di vivere gli affetti e invoco la libertà. Quando il grigiore ricopre lo splendore, quando uno slancio missionario o un desiderio di santità è frenato dai vincoli di famiglia o di comunità», dovete rimanere con Gesù, e «non retrocedere dalla radicalità evangelica anche se, a volte, è scomoda». 

Nella Veglia missionaria diocesana, con cui si celebra anche la “Redditio Symboli”, come accade da qualche anno proprio per indicare ai giovani il senso della Chiesa missionaria attraverso la scelta di chi sceglie di partire per ogni parte del mondo, è l’Arcivescovo a parlare di «fuoco, di libertà e coraggio». Accanto a lui, che presiede la Veglia, i due vicari episcopali di Settore – monsignor Luca Bressan per la Missione e don Giuseppe Como per i Giovani – e i responsabili dei due rispettivi Uffici e Servizi pastorali diocesani, don Maurizio Zago e don Marco Fusi. Non mancano i Vicari episcopali di Zona, i membri del Cem e il rettore del Seminario, don Enrico Castagna. 

Tutti riuniti, con molte decine di partecipanti al Rito, anche per l’“Aperitivo missionario” conviviale che si svolge nel cortile della Curia, organizzato grazie a “Pane in piazza” e ai volontari dei Frati Minori Cappuccini, durante il quale prende la parola monsignor Giuseppe Vegezzi, vescovo ausiliare e delegato della Conferenza Episcopale Lombarda per le Missioni.

Poi, in processione, l’ingresso in Cattedrale, dove il vescovo Mario attende, presso il battistero carolino, i giovani e i missionari che arrivano dalla Curia e che si uniscono alle molte centinaia di fedeli che già siedono tra le navate gremite. 

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La Veglia 

L’aspersione con l’acqua benedetta che ricorda il battesimo, apre la Veglia che porta il bel titolo di “Gente di primavera”, usando le parole di papa Francesco nel suo messaggio, scritto a inizio 2025,per la 99esima Giornata Missionaria Mondiale, che esortava i cristiani a essere segni di speranza.

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Appunto, germogli di vita, come i missionari a cui vengono consegnati veri e propri germogli e piantine di fiori alla fine della Veglia, ma soprattutto con il Crocifisso che ricevono dalle mani dell’Arcivescovo. Tre i religiosi e 10 i laici in partenza, nei prossimi mesi, per diversi Paesi dell’Africa e dell’America Latina, tra cui 4 coppie di sposi, tre delle quali con figli, e 2 persone non sposate.

E, poi, germogli giovanili come gli oltre 200 19enni che consegnano, all’inizio della Veglia, la Regola di vita. O come i germogli «accolti e cresciuti»: 24 sacerdoti e una religiosa provenienti da tutto il mondo, giunti in Diocesi per motivi di studio o per incarichi pastorali, che vengono presentati ufficialmente e che, chiamati per nome, ricevono dalle mani del vescovo Mario la Proposta pastorale per l’anno 2025-2026 e i documenti del Sinodo minore “Chiesa dalle Genti” .

Le tre testimonianze 

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Tra sonorità tradizionali ed etniche – come sempre animate con maestria dai Cori Shekinah ed Elikya -, preghiera e riflessione, si ascoltano anche 3 significative testimonianze, come quella di Marilisa 22 anni, fresca di laurea, che «per mettere ordine all’interno della mia vita», ha deciso qualche anno fa di partire dalla lettura del Vangelo del giorno. «Una cosa piccola – spiega -, ma che raccomando a ognuno perché quella parola parla di tutto e a tutti»

È la volta del sacerdote zambiano, don Brightone Kabinda, residente nella Comunità pastorale di Lainate, che studia in “Cattolica”, Scienza delle Comunicazioni ed è in Italia da 3 anni. «Da quando sono arrivato in questa Diocesi ho sempre sperimentato la vicinanza e l’affetto da parte del Decanato, della mia Comunità pastorale e dell’Arcivescovo che, durante la sua Visita pastorale alle comunità di Lainate, ha voluto incontrare anche noi preti stranieri. Ciò mi ha fatto capire che in questa Chiesa dalle genti, come dice San Paolo, non siamo più stranieri, né ospiti, ma concittadini». 

Giacomo e Silvia 

Giacomo e Silvia di Seveso, sposati da 13 anni, partiti nel 2016 come laici Fidei donum per il Perù, a Pucallpa, raccontano la loro esperienza. «In Perù sono nati i nostri figli, Diego, 6 anni e mezzo, e Viola, 2 anni. Lì abbiamo imparato uno stile. Dopo essere rientrati nel 2022 ci chiediamo quali sono stati i germogli che la missione ha fatto nascere in noi. La missione ci ha cambiati e vogliamo mantenere questo sguardo aperto che ci ha fatto “uscire” e alzare dal divano. Vorremmo essere attivi e dare poco spazio alle parole e alle lamentele, facendo la nostra parte, rischiando seriamente e ritrovando la sana follia del “chi ve lo fa fare”». 

Una sorta di “passaggio di consegne” – la loro – con i partenti, anch’essi chiamati per nome e con la destinazione, a cui l’Arcivescovo mette al collo – anche ai bambini – i Crocifissi, simbolo del mandato missionario.    

Portare il fuoco di Gesù

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Dalla difficile pagina del Vangelo di Luca al capitolo 12, 48-53, si avvia l’omelia«La mitezza di Gesù non è un languore, una sottomissione senza nerbo: è sconcertante, perché la sua attenzione alle persone non è un adeguarsi alle aspettative dei devoti. Il Signore non è una specie di poeta svagato e innocuo. Questa pagina del Vangelo può suscitare disagio, ma quando il grigiore ricopre lo splendore, io so del fastidio che provi per la cenere: quando ti ricordi con nostalgia dell’entusiasmo di una volta e tiri avanti i tuoi impegni di servizio e di carità per inerzia, con malumore, lamenti e risentimenti. Io so del fastidio della cenere e perciò proclamo, con intima speranza, la parola di Gesù che porta il fuoco, che riaccende l’ardore, che contagia e fa ardere. Senza Gesù non possiamo fare nulla».

Liberi di essere missionari di speranza 

Poi, l’affondo, proprio perché la pagina evangelica riporta a una radicalità che non si può dimenticare, «quando i vincoli e i rapporti sono un impaccio e una zavorra» con un «peso degli affetti che sembra un ricatto piuttosto che una liberazione, quando uno slancio missionario o un desiderio di santità è frenato dai vincoli di famiglia o di comunità, come quello di chi si trattiene dal dire che intende entrare in seminario o andare in missione perché “chi sa che dispiacere do a mia mamma o a mio papà”».


È lì che il Signore «si dichiara dalla parte della libertà, annuncia l’assoluto del regno e ne conosce il prezzo: non è, certo, contro gli affetti e la concordia in famiglia, ma non può consentire che i figli nascano per realizzare i sogni dei genitori. Non credo che Gesù sia disposto a retrocedere, piuttosto pone la domanda inquietante: “Volete andarvene anche voi?”».

A tutti noi, rispondere alla chiamata. «Noi vogliamo restare con te, anche se la tua rivelazione è sconcertante e vogliamo seguirti, perché siamo infastiditi dall’impressione di essere cenere e vogliamo accogliere il fuoco, perché siamo appesantiti dalle inerzie e dai ricatti affettivi e vogliamo essere liberi di essere missionari di speranza tra le genti».

Infine, la Veglia che si scioglie nel canto e nella gioia, sulle note di “Evenu shalom”, con l’invito a lasciare ciò che si è risparmiato, con il gesto del digiuno serale, alle Pontificie Opere Missionarie.  

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