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Grazie al lavoro di Bartolomeo Parpaglione, cancelliere arcivescovile di Milano, comprendiamo che già nel secolo XVI il servizio ai poveri era svolto in modo preciso affinché ricevessero attenzione e cura coloro che ne erano realmente bisognosi

di Mirko Guardamiglio

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All’interno del Fondo della Curia Arcivescovile di Milano (Sezione X «Visite pastorali e documenti aggiunti», Serie 3 «San Babila», Volume 16, Fascicolo 37, Sottofascicolo 2) abbiamo avuto la possibilità di leggere un interessante documento del 30 gennaio 1567 nel quale Bartolomeo Parpaglione, cancelliere arcivescovile di Milano, certifica lo stato di indigenza di Bartolomeo de Busnate e Giulia dela Canali raccogliendo, e corroborando con la propria firma, le testimonianze di Augustino de Papia e di Cristoforono Zapello.

Nello specifico Augustino de Papia afferma:
«Conosco li detti Bartholomeo de Busnate et Giulia dela Canali già sei anni sono et so che essi sono persone povere et inhabili, et carichi de figlioli et questa estate prossima passata so che detto Bartholomeo è stato amalato et per non haver il modo [di sostentarsi] bisognava che fossero dati delli segni d’andar a pigliar delle elemosine altrimente haria fatto male al fatto suo, et questo io lo so perché son vicino alla casa dove habita detti Bartholomeo et Giuali et gli ho fatto fare delle elemosine, come anche so che gliene erano fatte per messer Cristoforo Zapello et di questo è cosa notoria fin nella vicinanza et apresso de quelli che li conoscono».

Mentre Cristoforo Zapello aggiunge che:
«è molto tempo che io conosco li detti Bartholomeo de Busnate et Giulia dela Canale, et so che essi sono povere persone et inhabili , et per la loro povertà gli faccio delle elemosine et gli do delli segni d’andar tuore delle elemosine et so che non hano cosa alchuna stabile al mondo del suo, et anco so che per non haver il modo de pagar il fitto hanno lasciato in pegno certi pagni per il fitto de San Michele e della lor povertà e cosa notoriissima».

Dalle testimonianza raccolte e certificate dal cancelliere Bartolomeo Parpaglione comprendiamo che già nel secolo XVI il servizio ai poveri era svolto in modo preciso affinché ricevessero attenzione e cura coloro che ne erano realmente bisognosi. La cura per i poveri prevedeva almeno tre scansioni:

(a) la raccolta e la certificazione dei dati necessari per giungere alla certezza morale del reale stato di indigenza (cfr. quanto realizzato dal Parpaglione);
(b) la produzione di documenti autenticati che autorizzava gli indigenti alla ricezione di aiuti concreti (cfr. la testimonianza del Papia quando afferma: «bisognava che fossero dati delli segni d’andar a pigliar delle elemosine altrimente»);
(c) l’erogazione agli indigenti dei beni necessari alla loro sussistenza da parte di coloro che, in accordo con gli Enti religiosi (Diocesi, Parrocchie, Ordini religiosi ecc.) si rendevano disponibili al servizio ai poveri (cfr. l’immagine di corredo al presente articolo ossia un «bono per centesimi 25 di pane bianco al Prestino nella contrada del Laghetto n. 4837» autenticato con timbro della Parrocchia e firma autografa del «Parroco Proposto di Santo Stefano»).

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