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Il ritrovamento di alcune monete all’interno di determinati luoghi attesta il loro utilizzo rituale ed in particolare per significare il legame fra l’uomo e Dio

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Da molti anni la mia ricerca storica ha come oggetto le monete medievali e moderne e ne ho studiato l’iconografia e la loro capacità di raccontare l’identità del potere che ne ordinò la produzione, ne ho studiato la circolazione e i tesori, le zecche e la tecnologia, ma da circa venti anni un nuovo ambito ha attirato il mio interesse: gli usi rituali delle monete. Monete sono state ritrovate nei contesti più diversi come le tombe dei santi incluso San Francesco d’Assisi, le fondazioni di edifici o le offerte dei pellegrini, mostrando alcuni dei tanti modi in cui la moneta era segno del legame fra l’uomo e Dio.

Per poter meglio indagare questi aspetti è molto importante ricostruire i contesti sia grazie alla ricerca archeologica sia grazie alle fonti scritte.

L’incontro unisce in dialogo studiosi di diverse discipline ma di interessi comuni per approfondire l’indagine sugli oggetti come tracce di azioni, gesti ed emozioni umane che meritano di essere ricostruiti e resi visibili.

Immaginiamo di vedere su uno scaffale un vaso di terracotta medievale, una moneta bizantina e il busto d’argento di un santo barocco: questi oggetti per sé potrebbero dirci ben poco a parte la data di produzione. Se però li interroghiamo nel modo giusto cercando di ricostruirne il contesto allora possiamo ascoltare molte storie: così sapremmo che la moneta ad un certo momento smise di avere una funzione monetaria e divenne una reliquia, che il vaso di terracotta divenne parte di un complesso rituale di fondazione di XII secolo, e che il busto d’argento del santo era oggetto della devozione appassionata di tanti fedeli che lo ricoprivano di abbracci e baci nonché di offerte in monete. Tutto ciò trasforma la loro muta materialità in un complesso coro di sentimenti ed emozioni.

La moneta bizantina che mostrerò nel mio intervento si trova nella chiesa milanese di Sant’Alessandro e fu venerata come una reliquia della Croce grazie a una bolla di papa Sisto V del 1587 che l’aveva dotata di grandi indulgenze per i fedeli che l’avessero venerata. Un esemplare simile era conservato anche nella chiesa di Sant’Antonio dei Teatini e le due chiese milanesi nel Seicento erano in grande concorrenza per attirare il maggior numero di fedeli nella ricorrenza della Croce e attirare con essi anche il maggior numero di offerte. La Chiesa di Roma cercò di mettere argine agli abusi che limitavano però anche il desiderio fortissimo dei fedeli di acquistare il maggior numero possibile di indulgenze.

Recenti ricerche archeologiche hanno ritrovato in contesti medievali e moderni sicuramente cristiani la traccia di riti apparentemente pagani, come la deposizione di un bovino sacrificato sotto il pavimento quattrocentesco di una piccola chiesa a Caronno Pertusella (Varese).  La scelta di tale deposizione non era forse lontana dalla superstizione ma in essa era senza dubbio coinvolto il clero locale, data la dimensione e collocazione del bovino.

La sorpresa di fronte a un ritrovamento simile può essere superata soltanto con la massima collaborazione fra studiosi di ambiti diversi ed è particolarmente significativo che il convegno si concluda con l’intervento di Fabrizio Pagani dell’Archivio Storico Diocesano il quale parlerà dell’intero corpus delle superstizioni raccolto in età borromaica proprio per cercare di estirparle.

Lucia Travaini, dipartimento di Studi Storici, Università degli Studi di Milano

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