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Insieme ad altri soggetti il Capitolo di San Vittore ha avuto un ruolo di rilievo nella storia della città, perciò grazie anche al contributo della Fondazione Comunitaria del Varesotto onlus, si sta provvedendo all’inventariazione del relativo fondo archivistico

Sarah Quaresima

San Vittore Varese
Fondo archivistico del Capitolo di San Vittore di Varese

Dall’anno 2014 è in corso il riordino dell’archivio prepositurale della Basilica di San Vittore di Varese, che conserva presso di sé la documentazione afferente a diversi fondi archivistici, i cui «soggetti produttori» nei secoli hanno giocato un ruolo non marginale nella storia della città. Primo fra tutti il Capitolo di San Vittore, a cui appartiene anche il cospicuo fondo pergamenaceo composto da circa 1200 pezzi, conservato in un apposito spazio adiacente agli uffici parrocchiali.

Nel XIII secolo il borgo di Varese era sviluppato come centro commerciale e manifatturiero, crocevia di traffici, che collegava la zona sepriese a quella milanese. Con il fiorire delle attività, Varese afferma la sua supremazia sulla realtà rurale circostante; protagonista propulsivo ed attivissimo del fiorente momento di affermazione politico–economica era sicuramente il Capitolo canonicale della basilica di San Vittore, che, con l’annesso battistero, costituiva il capo pieve di tutta la zona del cosiddetto alto Seprio. Tutt’altro che esiguo era il patrimonio fondiario del Capitolo, i cui beni erano sparsi nelle diverse località che costituivano la pieve. I possedimenti erano rappresentati da case, case con forni, vigne, campi, prati, selve, boschi, paludi, terreni incolti, mulini. Da tali sostanze esso ricavava le proprie entrate annuali: affitti e proventi delle decime.

L’ordo canonicale varesino doveva esistere già dall’XI secolo, sottoposto a regole di vita comune, abbandonate in seguito con l’assegnazione delle prebende e l’usufrutto di dimore nella canonica. Non tutti i canonici erano sacerdoti: essi erano raggruppati in tre ordini, strutturati in modo gerarchico in presbiteri, diaconi e suddiaconi. Il prevosto e i canonici, originariamente, venivano eletti dal Capitolo stesso ed erano in seguito confermati dall’arcivescovo di Milano. Un importante compito del Capitolo era di gestire una scuola per i nuovi chierici, in cui venivano insegnate le nozioni fondamentali per lo svolgimento del servizio liturgico. Accanto, infatti, alla seconda dignità per importanza dopo il prevosto, il magister chori, vi era quella del magister scholarum o scholarium. La provenienza sociale dei canonici del Capitolo di San Vittore era generalmente elevata, essendo gli stessi appartenenti a famiglie notabili per censo e per attività civili a livello locale. In seguito alla visita pastorale di San Carlo Borromeo, avvenuta nel 1567, l’arcivescovo prescrisse la stesura di nuovi ordinamenti che regolassero i doveri del Capitolo. Esso rimase in vigore fino al momento della soppressione, avvenuta il 30 giugno 1798.

Da questa brevissima descrizione si può cogliere l’importanza storico-culturale che possiede la documentazione appartenuta a questo ente ormai da secoli soppresso: dall’analisi e dallo studio della stessa si ricavano informazioni sulla vita economica, ecclesiastica e sociale a partire dal IX secolo, fino all’epoca della sua soppressione.

Tralasciando gli atti più antichi, afferenti il fondo pergamenaceo, che sono già stati oggetto di approfonditi studi, nonché di edizioni di fonti (ricordiamo a questo proposito l’opera, in tre volumi, di Luisa Zagni “Le pergamene della Basilica di S. Vittore di Varese”), la parrocchia, depositaria e custode di questa ricchezza documentaria, ha deciso di “mettere mano” a tutto il complesso cartaceo, altrettanto cospicuo, con un progetto strutturato in fasi successive e curato da personale specializzato. Partendo da un’iniziale schedatura già esistente (che per sua natura risulta essere uno strumento frammentario e parziale, proprio perché prodotto di un’attività preparatoria ad un successivo riordino che ricostruisca l’intera compagine documentale), che per tanti anni è stato l’unico strumento in mano ai ricercatori per il reperimento della carte, l’intervento ha il compito e la finalità di riordinare i documenti conservati presso l’archivio e afferenti ai diversi complessi in esso custoditi, confusesi fra loro a causa di diversi rimaneggiamenti susseguitesi fra XIX e XX secolo.

Iniziando da un preventivo studio degli enti produttori e della storia archivistica (verificando l’esistenza o meno di una struttura originale di sistemazione delle carte o di un riordino precedente, che  se presente si cerca sempre di ricostruire), si passa al lavoro di costruzione o ricostruzione della “struttura gerarchica” in cui sono organizzate le pratiche, a seconda della loro natura e del rispettivo argomento; una volta completato questo passaggio, ci si dedica all’analisi e alla descrizione delle unità archivistiche e dei documenti di cui sono composte, che possono riguardare attività costitutiva ed amministrativa dell’ente analizzato, la gestione del relativo patrimonio, cause e vertenze con altri enti o con soggetti privati, ecc. Completato il quadro strutturale e descritte le diverse unità ad esso collegate, si passa alla redazione definitiva dell’inventario, corredato di indici e di schede descrittive e di approfondimento sulla storia dell’ente e sulle scelte archivistiche compiute.

Questo è il progetto generale, pensato e strutturato per tutto l’archivio prepositurale, che si sta portando avanti come già accennato per fasi successive attraverso l’approccio di un soggetto produttore per volta, sotto la supervisione del visitatore degli archivi ecclesiastici periferici, dottor Moreno Vazzoler. Le prime fasi hanno interessato il riordino del fondo della «Fabbriceria», molto interessante per la presenza di un precedente riordino compiuto da un archivista nel 1862 e storicamente ricostruito.

Quest’anno in primavera, l’intervento, interessato da un contributo da parte della Fondazione Comunitaria del Varesotto onlus, si è concentrato sul fondo del Capitolo per la produzione, con le modalità più sopra descritte, di apposito inventario. Attraverso questo strumento specifico, sarà possibile il veloce e preciso reperimento delle fonti documentarie per ogni ricerca storica e scientifica sulle epoche passate della città, all’insegna di una corretta fruizione e valorizzazione dei fondi archivistici, nel rispetto della loro propria identità e struttura.

 

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