È di 1700 anni fa il primo Concilio ecumenico di Nicea. Quest’anno la data della Pasqua di Risurrezione è condivisa dalla Chiesa cattolica e quella ortodossa. La celebrazione ecumenica presso l’antichissima chiesa di San Sepolcro – risalente al 1030, nel cuore della Milano di oggi e della città imperiale di epoca romana – si arricchisce quest’anno di ricorrenze importanti, che vanno molto al di là del puro aspetto temporale.
La celebrazione
Così come viene sottolineato più volte durante il rito, dal titolo «Crediamo la risurrezione dei morti», concelebrato dall’Arcivescovo, dal decano ortodosso romeno per la Lombardia padre Stefan Andronache e dalla pastora della Chiesa metodista Sophie Langeneck. Sono presenti molti ministri delle confessioni cristiane, sacerdoti e laici impegnati nel cammino ecumenico, il presidente della Commissione per l’Ecumenismo e il Dialogo monsignor Luca Bressan e il responsabile del Servizio diocesano omonimo, il diacono Roberto Pagani.

Dopo il saluto di benvenuto di monsignor Francesco Braschi, viceprefetto della Biblioteca-Pinacoteca Ambrosiana (nel cui complesso si trova San Sepolcro), che ricorda l’importanza e l’antichità della chiesa e della sua cripta, dove hanno camminato Ambrogio e Agostino, è padre Traian Valdman, della Chiesa ortodossa romena, presidente di turno del Consiglio delle Chiese cristiane di Milano, a richiamare il senso della celebrazione comune, collocata non a caso nella Settimana autentica: «In questo anno anniversario impariamo, riscopriamo e confermiamo la Chiesa una del Concilio ecumenico del 325. In questo momento in cui l’umanità è devastata da tante guerre e migliaia e migliaia di morti, chiediamo al Signore Gesù, che ha vinto la morte, di portare la pace in un mondo in cui ci si dimentica che siamo tutti figli di Dio. Irradiamo gioia per la festa che ci attende, abbracciamoci gli uni gli altri, chiamiamo fratelli e sorelle anche coloro che ci odiano», conclude padre Valdman citando le parole tratte dalla liturgia pasquale ortodossa, che ritornano poco dopo, proclamate dai fedeli, al momento dello scambio della pace.
Tra canti evocativi e suggestivi, eseguiti dal Coro della Chiesa ortodossa russa del Patriarcato di Mosca e dal Coro Lux Lucis, la preghiera, l’ascolto della lettura patristica di Giovanni Crisostomo e della parola di Dio nella pagina del Vangelo di Giovanni al capitolo 12, si articola la celebrazione, con la riflessione affidata all’Arcivescovo, che si avvia dal riferimento ai greci che volevano conoscere Gesù, come racconta Giovanni.

La riflessione dell’Arcivescovo
«I greci sono mossi da una curiosità, da un desiderio di vedere cose nuove, di conoscere persone originali. Ma cosa desiderano gli uomini e le donne del nostro tempo? Dove abita il desiderio di conoscere Gesù? Noi cristiani di questo tempo e di questa città, cosa vogliamo? – si chiede e chiede l’Arcivescovo -. A volte si ha l’impressione che il desiderio di incontrare Gesù si sia estinto. Altre cose sembrano più utili, più pertinenti al desiderio di felicità. Abbiamo iniziato questa celebrazione dicendo: “Questo momento vuole essere testimonianza visibile del nostro ardente desiderio di unità che ha proprio il suo fondamento nella risurrezione di Gesù”. Ma queste parole sono vere? Questo è il primo interrogativo».
Anche perché, nota ancora monsignor Delpini, sono tante e diverse le fonti del nostro desiderio umano: «Abbiamo esperienza di quel desiderio che nasce da uno stimolo di possesso, da una vetrina che esibisce prodotti apprezzabili, e questo desiderio occupa tanto del nostro tempo e tante risorse. Forse il desiderio nasce anche dall’intimo bisogno materiale, spirituale, psicologico: il bisogno di mangiare, di essere apprezzati, amati e conosciuti che convincono a intraprendere percorsi, a fare fatiche. Ma il desiderio di conoscere Gesù da dove viene?».
Domanda non facile, specie nella vita di oggi, che tuttavia trova nel mistero pasquale della morte e risurrezione una sua risposta certa: «Siamo qui a celebrare la Pasqua e, perciò, siamo qui per dire che ciò che fa nascere il desiderio di conoscere Gesù è Gesù stesso, che è vivo, ci viene incontro, ci parla e ci chiama, ci svela il segreto della vita eterna. Segreto praticabile anche da noi nel seguire Colui chi si è fatto piccolo seme per portare molto frutto. Il Signore è un amore che ci viene incontro. Quando diciamo “risurrezione” usiamo una parola astratta, ma noi non vogliamo celebrare principi astratti, ma cerchiamo Gesù che ci dà la vita e ci commuove facendo della sua vita un sacrificio. La pagina del Vangelo che abbiamo ascoltato ci deve interrogare sui nostri desideri più reali, più veri. La presenza amica di Gesù, così discreta, ci convince ad aprire la porta e a celebrare con Gesù il condividere il pane?».
Segue la discesa dei concelebranti e dei fedeli nella cripta sottostante la chiesa per la proclamazione comune del Credo niceno-costantinopolitano, tra tanti segni della storia gloriosa di Milano come la pavimentazione proveniente dal lastricato dell’antico foro romano del IV secolo, la statua di San Carlo (che qui si recava settimanalmente per pregare e iniziò le “Quarant’ore”), il sepolcro con le insegne del tempo delle crociate, proveniente forse da Gerusalemme. Al ritorno in chiesa, la distribuzione di alcuni semi di grano saraceno, in riferimento all’antica alleanza, le preghiere di intercessione, la recita del Padre nostro a una sola voce, il caloroso e prolungato scambio della pace concludono la celebrazione.




