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Il ritorno del Carosello: dai ricordi in bianco e nero al racconto visivo dei social

don Luca Fossati
Collaboratore ufficio comunicazioni sociali

Chi è cresciuto in Italia tra gli anni ’50 e ’70 associa la parola Carosello a un momento preciso della giornata: l’ultimo programma prima di andare a letto, una miscela di brevi scenette pubblicitarie che hanno segnato l’infanzia di intere generazioni. Ma oggi, nel lessico dei social network, carosello ha assunto un significato completamente nuovo. Un formato narrativo e visivo che ha trovato nuova vita nelle piattaforme digitali, in particolare su Instagram e Facebook.

Il carosello digitale: cos’è davvero?

Oggi con il termine carosello si intende un post composto da più immagini o slide che si possono sfogliare orizzontalmente, con un semplice movimento del dito. Una mini-storia visiva costruita per sequenze: ogni slide aggiunge un tassello, un dato, una suggestione, una battuta. L’effetto finale è quello di un racconto che si snoda lentamente, ma con ritmo, invitando l’utente a restare connesso fino all’ultima immagine.

È un formato flessibile, che può contenere foto, illustrazioni, grafica, testo o una combinazione creativa di tutti questi elementi. L’obiettivo? Comunicare in modo chiaro, diretto e coinvolgente. In un feed dominato dalla velocità, il carosello chiede di rallentare. E spesso riesce a farsi ascoltare.

Una forma che unisce narrazione e utilità

Il successo del carosello sta tutto nella sua capacità di combinare estetica e contenuto. Piace perché è dinamico, quasi ludico, e perché consente di trattare argomenti anche complessi in modo semplice e leggibile. Si presta perfettamente a spiegare concetti, offrire consigli, costruire mini-guide o lanciare riflessioni in pillole.

Molti creator e brand ne hanno fatto un vero strumento editoriale. Un carosello può raccontare come funziona un algoritmo, sintetizzare la biografia di un personaggio storico, suggerire buone pratiche per lo studio o la cura di sé. Oppure può semplicemente far sorridere, con una sequenza di meme pensata per colpire la memoria di una generazione.

Il tempo del racconto, anche sui social

In un’epoca in cui si scorre tutto velocemente, il carosello rappresenta una piccola eccezione: un formato che chiede di fermarsi, di esplorare, di tornare indietro se serve. È un invito alla lettura visuale, ma anche alla riflessione. È la dimostrazione che sui social c’è ancora spazio per raccontare storie, per creare contenuti che abbiano un filo logico, un ritmo, una struttura narrativa.

Non è solo una questione di creatività, ma anche di relazione: chi sfoglia un carosello sente di ricevere qualcosa in cambio – un’informazione, un’idea, uno spunto – e spesso lo salva, lo condivide, lo rilegge. È un modo per costruire legami più duraturi tra chi comunica e chi ascolta.

Una nuova vita per un nome antico

Chissà, forse non è un caso che questa nuova forma di contenuto digitale porti ancora il nome carosello. In fondo, anche quello televisivo era una forma di racconto – seppur pubblicitario – che giocava con la fantasia, la serialità, il tempo breve. Il carosello di oggi non vende prodotti, ma visioni. E lo fa parlando il linguaggio veloce e colorato della rete.

Alla prossima parola del web, per continuare a esplorare insieme come il digitale sta cambiando il nostro modo di comunicare, pensare e vivere.

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