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Testimonianze

Farsi Prossimo, storie d’accoglienza

Da oltre trent’anni la cooperativa accompagna e agevola l’integrazione dei migranti che arrivano a Milano. Come nel caso di Maryna, Jane e Basma

5 Ottobre 2025
Foto Farsi prossimo

Tra le realtà più attive nell’accoglienza dei migranti a Milano c’è la cooperativa Farsi Prossimo, organizzazione promossa da Caritas Ambrosiana che oggi offre sostegno a oltre 500 persone.

Francesco Sdraiati, responsabile dell’area stranieri, racconta come negli anni la rete di aiuto si sia adattata a seconda delle emergenze: «Quindici anni fa i flussi migratori riguardavano soprattutto il Nord Africa e Paesi come Libia e Siria. Oggi la situazione è cambiata: accogliamo in particolare persone provenienti dall’Ucraina e dal Perù. Anche i profili dei migranti sono diversi: arrivano più nuclei familiari, spesso madri con bambini, con bisogni molto specifici rispetto al passato».

La visita dell’Arcivescovo a Casa Suraya (foto Andrea Cherchi)

Per rispondere a questa trasformazione, nel 2014 Farsi Prossimo ha aperto Casa Suraya, il primo centro destinato alle famiglie, che in precedenza erano spesso separate per ragioni logistiche. Già nel 2012 un’ex scuola è stata riconvertita nel Centro Monluè, una struttura di prima accoglienza per donne sole e famiglie richiedenti asilo, 

Oltre a questi luoghi, Farsi Prossimo può contare su oltre 100 posti letto in appartamenti messi a disposizione da parrocchie e comunità religiose. Fino al 2024 questa rete era riservata ai profughi ucraini in fuga dal conflitto; oggi accoglie anche richiedenti asilo provenienti da altri contesti.

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La casa di Maryna

Foto di Andrea Lavaria

Tra le storie che Farsi Prossimo ricorda in particolare nei suoi anni di attività c’è quella di Maryna. In Italia ormai da quasi 3 anni, ha frequentato diversi corsi di lingua, ma il suo italiano si limita a pochi semplici «ciao», «andiamo», «dottore», «lavoro». Nonostante questo, Maryna non si è mai arresa: non è riuscita a tenere un impiego stabile, ma ogni volta che ne perdeva uno riusciva, quasi inspiegabilmente, a trovarne un altro.

Avrebbe dovuto rientrare in Ucraina per sbrigare alcune pratiche burocratiche, ma, dopo che un aereo russo ha bombardato il quartiere vicino a casa sua, non è più potuta partire. Dopo qualche giorno, si è ripresentata negli uffici del Consorzio, chiedendo con uno sguardo perso e commosso: «Voglio casa». Da quel giorno Maryna ha ripreso la sua routine quotidiana, fatta di visite mediche, piccoli lavoretti e lunghi corsi di italiano. Quando è libera si mette la sua vestaglia color blu elettrico, prende la scopa e spazza le foglie nel giardino, quasi a voler spazzare via anche quella profonda nostalgia di casa o forse nel tentativo di rendere più “casa” quello che in realtà è solo un centro di prima accoglienza. 

La storia di Jane

Una storia che invece resta nascosta tra le pieghe della mente è quella di Jane, nome di fantasia, arrivata in Italia perché costretta a lasciare il suo Paese. Solo a tratti, con estrema cautela, lascia intravedere qualcosa. La diffidenza è la sua difesa: spesso immagina che chi le sta accanto voglia farle del male, e così preferisce chiudersi, vivere in silenzio.

Si è iscritta più volte a corsi di italiano, ma i test di ingresso restituiscono sempre lo stesso risultato: livello pre-A1, il più basso. Qualcosa nella sua mente sembra bloccarla, impedirle di apprendere. Eppure, poco a poco, Jane inizia a capire e a parlare la lingua a modo suo. «Ricordati di sorridere, Jane, sei bellissima quando sorridi», le ripetono spesso. A volte funziona: se la incontri con lo sguardo cupo, basta incrociare i suoi occhi perché un accenno di sorriso rompa la barriera.

Le difficoltà di Basma

Basma è giunta in Italia subito dopo lo scoppio della guerra. Si è presentata al centro di accoglienza con alle spalle una storia di sofferenza psichica: un primo ricovero in patria al quale ne sono seguiti altri a Milano.

La si incontra spesso seduta al suo posto in sala da pranzo, intenta a scrivere sulle tovagliette di carta che apparecchiano i tavoli. Scrive frasi gentili per gli operatori e disegna fiori, cuori e farfalle, come se volesse abbellire quel mondo nero in cui spesso la sua mente sprofonda.

Bsma è molto intelligente, ha imparato in fretta l’italiano e lo parla molto bene, ma fatica a controllare le sue emozioni, come quando, in un momento di rabbia, ha distrutto il suo passaporto, l’unico documento in suo possesso. Basma sogna una vita migliore: vorrebbe trovare un lavoro, avere una casa e una famiglia. Sogna una vita normale.

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