Percorsi ecclesiali

L’Arcivescovo pellegrino per Milano

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San Siro

Una Chiesa presente sul territorio «per il bene del convivere»

Nel contesto della Visita pastorale al Decanato l’Arcivescovo ha incontrato le istituzioni locali, alcune donne ucraine qui accolte e gli esponenti musulmani che nel quartiere operano per il dialogo interreligioso

di Annamaria Braccini

9 Maggio 2022
L'Arcivescovo durante la visita al quartiere

Una visita di oltre tre ore «per avere una visione più analitica della città di cui sono Vescovo». È quella che l’Arcivescovo ha compiuto nel Decanato San Siro-Sempione-Vercellina, nel contesto della Visita pastorale a Milano, camminando per le strade di uno dei quartieri più multietnici e difficili della città.

Il dialogo con le istituzioni

Accompagnato dal vicario episcopale per la Zona pastorale I, monsignor Carlo Azzimonti, di prima mattina. nell’oratorio della chiesa Beata Vergine Addolorata in San Siro, alla presenza del parroco don Giovanni Castiglioni e don Fabio Carcano, l’Arcivescovo incontra i rappresentanti delle istituzioni, con la presidente del Municipio 7 Silvia Fossati, il consigliere di minoranza Francesca Frigerio, altri consiglieri e alcuni esponenti comunali di appartenenze politiche bipartisan. «Già un bel segno», come notano concordi.  

L’incontro con le istituzioni

«Siamo una Chiesa che non pensa solo a se stessa, ma intende essere presente nel territorio», osserva subito monsignor Delpini che ascolta la realtà di un quartiere «spaccato in due – tra un’area assai benestante e l’altra in grave difficoltà» -, sospeso tra le luci di tante associazioni di volontariato impegnate su diversi fronti e della parrocchia riconosciuta con l’oratorio «un presidio insostituibile e molto attivo, come si è visto durante la pandemia», e le ombre (alcune scurissime) di tanti anziani soli, della precarietà sociale di quanti vivono nel quadrilatero delle Case Aler intorno a piazza Selinunte, della mancanza di lavoro e dell’abusivismo abitativo, calcolando che gli appartamenti occupati illegalmente sono ben 859.

«Il nostro compito è fornire servizi adeguati, garantendo sicurezza, legalità e pulizia, mettendo in rete le tante associazioni che qui sono attivissime. Dobbiamo collaborare e fare emergere il tanto bene che c’è», osserva Fossati parlando della riqualificazione del complesso “Cascina Case nuove”, delle Case Aler (con un investimento previsto dal Comune di 28 milioni di euro) e del vecchio mercato comunale che dovrebbe essere destinato non solo al commercio, ma anche all’aggregazione dei ragazzi. Un problema – questo dei giovani – particolarmente sentito, specie in considerazione della grandissima presenza di famiglie immigrate e dei numeri da record anche per una grande città: 85 le nazionalità censite, con la scuola “Dolci” in cui il 96% degli iscritti è straniero e quella di via Paravia in cui ammonta al 94%.

La speranza per tutti è di costruire un mondo migliore e così l’Arcivescovo sottolinea: «Mi sono chiesto più volte cosa voglia dire il bene comune, che dovrebbe essere il desiderio di ognuno. Per me è il bene del convivere. Dalla logica dei servizi offerti come in un supermercato occorrerebbe passare a quella della disponibilità a servire, mentre oggi la mentalità diffusa, come cittadini, considera prioritario l’essere serviti. Bisogna che tutti si sentano parte attiva nel costruire la città cercando un rimedio alla sfiducia e alla rassegnazione. Questa è la sfida: costruire quella fiducia che è vocazione alla corresponsabilità». Una sfida da vincere facendo rete, come evidenzia monsignor Azzimonti, «perché non si tratta solo di abitare, ma di costruire legami e perché camminare insieme non significa cancellare le identità, ma vivere nella logica del rispetto della totalità della persona umana».

L’incontro con le donne ucraine

Si prosegue arrivando in via Paravia 80, dove ha sede il Comitato di quartiere. Un centro che offre servizi a donne straniere al mattino, il doposcuola e aiuto alle persone anziane nel pomeriggio e, alla sera, un corso di italiano per lavoratori stranieri.

Ad accogliere l’Arcivescovo è Davide Micco, presidente del Comitato, mentre tra i banchi siedono una decina di donne ucraine sulle oltre venti, provenienti anche da altre zone di Milano, che qui imparano l’italiano. Tra tanti cittadini anziani e giovani, è presente anche Stefano Di Clemente, responsabile della struttura territoriale di Aler. 

Il dialogo con le donne ucraine

«La prima parola che vorrei dire è che Milano accoglie e aiuta. Tenete viva la speranza in questo momento di massacro dell’Ucraina: vogliamo camminare insieme verso la pace. Ci interessa l’umanità, non le confessioni», sottolinea l’Arcivescovo che aggiunge: «Imparare una lingua significa entrare in un mondo nuovo e far sì che il mondo sia un po’ più casa nostra. Ringrazio chi insegna e chi apprende perché vuol dire che possiamo intenderci e vedere chi arriva da altrove come una ricchezza e non un problema. Nella Chiesa non si dice mai italiani e stranieri, ma fratelli e sorelle perché siamo tutti figli di Dio».

L’Off Campus San Siro e la testimonianza musulmana

La tappa a Off Campus

Poi l’ultima sosta, presso “Off Campus San Siro”, uno spazio aperto dal 2019 tre giorni a settimana per iniziativa del Politecnico. Diverse le attività: di ricerca, territoriali, didattiche, di riprogettazione di alcuni edifici del quartiere, «nell’ottica che l’esperienza locale sul campo sia sempre la più arricchente anche per gli studenti», dice una delle responsabili. Attivo anche il progetto delle “cliniche legali” della Bocconi, con il coinvolgimento di una ventina di universitari che offrono orientamento e supporto per le questioni giuridiche, ma anche per accedere ai più elementari diritti del cittadino.

Silvia Fossati, l’Arcivescovo, Mahmoud Asfa e l’imam Mahmoud Wajdi

Prendono la parola Mahmoud Asfa, presidente della casa della Cultura Islamica di Milano, e l’imam Mahmoud Wajdi della Casa di preghiera di via Ricciarelli. Asfa, che da circa due anni, in collaborazione con la parrocchia dell’Addolorata, don Fabio Carcano e suor Chiara, promuove un doposcuola per ragazzini cristiani e musulmani, racconta con entusiasmo l’importanza di questa iniziativa «che dopo qualche difficoltà iniziale, coinvolge sempre di più. Questa è un’occasione importante per guardare a questo quartiere che è stato abbandonato per molto tempo dalle istituzioni, ma che è il laboratorio del futuro. Come via Padova era un problema e ora è diventato un modello di convivenza, così a San Siro, dove c’è tanta gioventù, vive il futuro. Dopo gli eventi di piazza Duomo del 31 dicembre 2021, abbiamo cercato di capire e di spiegare come nascono questi problemi in ragazzi di seconda o terza generazione che spesso sono italiani, ma sostanzialmente in difficoltà a vivere il contesto della città. Il Comune di Milano deve fornire più attenzione alle scuole: dateci la possibilità di incontrare, proprio nelle scuole, e i ragazzi e anche i loro genitori».

Torna, come è ovvio, anche la questione aperta della moschea su cui Asfa è chiarissimo: «La presenza di un luogo di culto e di ritrovo è necessaria non solo per pregare, ma perché, altrimenti, i nostri giovani rimarranno sempre per strada. Certo, è fondamentale anche fare formazione degli imam, ma quando c’è un clima di pace tutto è salvato. Se non lo facciamo, noi chi lo farà?». 

Parole cui fa eco l’imam Wajdi: «Ringraziamo Dio perché siamo qui uniti e dobbiamo davvero aiutare questi giovani e anche i bambini lavorando sul loro cuore. In via Ricciarelli insegniamo la nostra religione, ma anche il rispetto di tutti e delle regole».

A concludere è l’Arcivescovo: «Essere in un luogo come questo, dove confluiscono esperienze accademiche e personali diverse, fedi differenti, mi suggerisce la simpatia per la persona umana. È importante coltivare una visione integrale dell’umanità ed è interessante che noi diciamo che, per preparare il futuro della città, occorrano competenze e conoscenze, ma anche la preghiera, mentre la mentalità corrente non considera necessaria questa dimensione».