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Pace

Delpini: «Obiettore e obiezione sono l’esito di un lungo cammino»

Al Centro sportivo Pertini di Cornaredo un’intera giornata di riflessione e festa è stata dedicata alla pace. Presente anche l’Arcivescovo di Milano

di Annamaria BRACCINI

23 Settembre 2023
Un giovane in servizio civile in un Paese del Medio Oriente

Scegliere la pace. Un impegno personale, una prospettiva per tutti. Non poteva esserci un titolo migliore per una giornata di festa e confronto sull’obiezione di coscienza, il servizio civile e la sempre più drammatica alternativa, oggi, tra la pace e la guerra. L’iniziativa promossa al Centro sportivo Sandro Pertini di Cornaredo da Caritas ambrosiana, Fondazione degli Oratori Milanesi, Pastorale Giovanile diocesana e Centro Sportivo Italiano ha avuto al suo centro, dopo la mattinata articolata tra approfondimenti e testimonianze, nell’intervento dell’Arcivescovo Mario Delpini.

Una significativa riflessione preceduta da una sintesi video delle testimonianze di tre giovani donne, di nazionalità rispettivamente ucraina, bielorussa e russa impegnate sulle frontiere della pace, proposte durante il Convegno di Mondialità dello scorso febbraio per i 50 anni dell’Enciclica Pacem in Terris, che insieme ad altri momenti ed eventi  promossi  da Caritas ha voluto sottolineare l’impegno fattivo a favore delle vittime di tutti i conflitti. Per diventare sempre più operatori di pace, dal punto di vista progettuale e operativo, come il vescovo Delpini ha chiesto a tutti i presenti: giovani e meno giovani che hanno fatto il servizio civile tra cui nomi molto noti come Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Italiana Pace e Disarmo e Mao Valpiana, presidente del Movimento non violento che hanno proposto le loro relazioni, in apertura dell’assise, ma anche l’attuale moderator Curiae, monsignor Carlo Azzimonti.      

Custodi del bene e operatori di pace

Da una serie di parole offerte dall’Arcivescovo alla riflessione  prende spunto il suo intervento: «La parola obiettore e l’obiezione di coscienza sono l’esito di un lungo cammino. Obiettore vuol dire opporsi: ci  vuole forza d’animo e supporto da parte della società e della Chiesa. Tuttavia, questo termine ha un contenuto negativo», mentre la parola servizio – riferito al civile come alternativa a quello militare -, significa interpretare la propria scelta, suggerisce monsignor Delpini,  «come un rendersi utili alla società operando cose meritevoli. È una parola più positiva che ha una radice evangelica e profonda».

L’essere custodi «della pace e del bene, che non si riduce a prestare un’opera, ma che diviene una responsabilità. Mi piacerebbe che questo diventasse la nostra cultura diffusa, sentendo responsabilità per il modo di cui si produce, si rispetta l’ambiente, si smaltiscono i rifiuti, si trattano le persone che vengono da altri Paesi. Il custode continua a vigilare perché ciò che è stato piantato, un  seme di pace, sia protetto. Credo che l’eredità promettente di aver fatto per un periodo il servizio civile, sia proprio la responsabilità del custodire».

Infine, «essere operatori di pace, parola a cui il Signore attribuisce una benedizione. Operare per mettersi all’opera perché ci sia la pace non come una categoria generica e vuota, ma come una qualità di relazioni, una destinazione degli investimenti, una politica di rapporti nel Paese e tra i Paesi a livello internazionale. Non dobbiamo soltanto desiderare la pace, ma compiere opere concrete. Cominciamo dai bambini e, nello stesso tempo, dagli adulti che non pensano alla pace. Se abbiamo una generazione adulta così, se l’immagine dell’adulto è di qualcuno indifferente ed egocentrico, disinteressato a una società inclusiva e accogliente, cosa impareranno i bambini?».

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Ma come convocare gli adulti? «È un compito impegnativo difficile – ammette l’Arcivescovo -, ma necessario. Darei volentieri il mio sostegno all’idea che a Milano si possano convocare i parlamentari, i dirigenti delle scuole, chi ha responsabilità nel commercio e nell’industria, magari con qualche evento almeno simbolico per sensibilizzare alla pace. Dobbiamo trovare strade per fare qualcosa: non vogliamo, non possiamo rassegnarci. Beati gli operatori di pace che sono anche custodi, a servizio e obiettori che operano tenacemente per la pace. Vi incoraggio a proseguire», conclude il vescovo Mario ricordando il suo appello sottoscritto da oltre cinquantamila persone, proprio in favore della pace.

Le proposte dei gruppi di lavoro

«Dal 1972 – anno in cui venne approvata la legge 772 che permise il servizio civile – abbiamo legato insieme storia e cronaca, formazione e informazione, tante esperienze compiendo, diremmo oggi, un cammino sinodale di Chiesa in uscita», ricorda Alberto Chiara, giornalista, vicecaporedattore di “Famiglia Cristiana” e grande esperto di questi temi, moderando l’evento e riflettendo sulle brevi sintesi esposte dai 5 gruppi di lavoro impegnati ad approfondire il contesto di come far crescere una cultura di pace . 

«Deve essere una scelta educativa nella scuola, come luogo di conoscenze e di senso, dalle elementari all’università, nella famiglia, in oratorio, da evidenziare con eventi pubblici per la cittadinanza. Occorre introdurre percorsi di cittadinanza attiva ed educazione civica fin dall’asilo. Riflettiamo sul servizio civile come strumento da rendere strutturale per un’azione di pace e una realtà alternativa al militare, senza dimenticare il linguaggio che usiamo e  l’importanza dei media. Anche il mondo lavorativo potrebbe essere coinvolto attraverso le aziende dei territori, incentivando con detrazioni fiscali, progetti virtuosi di sostegno alle attività della comunità».

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E tutto questo perché «la pace non è uno spazio vuoto, non è solo assenza di guerra, ma è spazio generativo e creativo che si deve legare ai temi dell’ambiente e della giustizia. Pensiamo quante cose si possono fare con i soldi utilizzati per le armi. Occorre sdoganare il concetto di pace da quello di guerra, perché la pace conviene a tutti, mentre la guerra solo a pochi. Per fare la pace occorrono dei saperi, quindi, formazione e rispetto per gli altri».

Emergono anche proposte molto concrete come la possibilità di esercitare il servizio civile più volte nella vita e di poter dedicare – con il dovuto sostegno dello Stato e della fiscalità – l’ultimo anno di lavoro attivo alla comunità. E se questo appare un obiettivo oggettivamente lontano, già per il 2024/25, i giovani impegnati nel servizio civile potrebbero lavorare negli oratori della diocesi dopo un percorso annuale accreditato con Caritas ambrosiana, come annuncia il suo direttore Luciano Gualzetti, cui sono accanto il direttore della Fom, don Stefano Guidi e Massimo Achini presidente del Csi-Milano.

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