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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Milano

«Generate scintille per cambiare il mondo»

In Duomo si è svolto l’incontro tra 200 giovani provenienti dalla Lombardia che hanno dialogato, in 14 Tavoli tematici, con i 10 Vescovi alla guida delle altrettante Diocesi lombarde e 4 Ausiliari di Milano

di Annamaria BRACCINI

6 Novembre 2021

L’ardore che genera scintille capaci di accendere il grande fuoco, che indica vie da percorrere, che dice come diventare protagonisti del cambiamento anche nella Chiesa. In Duomo – nella Milano che teme le ormai consuete manifestazioni del sabato – non si urlano slogan, non si mostrano striscioni, non si protesta e non si pretende nulla, ma si scambiano opinioni, ci si ascolta vicendevolmente, si confrontano esperienze e speranze, sogni e modi possibili di realizzarli.
Insomma, si vuole davvero costruire il futuro attraverso un dialogo che mette, attorno a 14 tavoli tematici, circa 200 giovani provenienti da tutta la Lombardia e 14 vescovi, i 10 alla guida delle altrettante Diocesi della Regione ecclesiastica e 4 ausiliari di Milano.
Sono loro che hanno voluto l’incontro, affidandone la realizzazione a Odielle, organismo che riunisce gli Oratori delle Diocesi di Lombardia. È il momento tanto atteso di “Giovani e Vescovi”, preparato per 2 anni, in cui la pandemia ha costretto stare fermi, ma non a fermarsi, «permettendo – come nota don Stefano Guidi, referente di Odielle e direttore della Fondazione degli Oratori Milanesi – di approfondire domande e aspettative, perché questo non è un punto di arrivo, ma un trampolino di lancio».
Sono presenti anche don Falabretti e don Marco Fusi, responsabili, rispettivamente, della Pastorale giovanile della Conferenza Episcopale Italiana e diocesana. La preghiera, i canti, l’invocazione dello Spirito, l’ascolto della Parola di Dio, precedono la breve riflessione con cui l’Arcivescovo, anche nella sua veste di Metropolita di Lombardia, apre questo inedito think tank allestito tra le navate laterali della Cattedrale, il tornacoro e il transetto di San Giovanni Bono.

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L’intervento dell’Arcivescovo
«Il messaggio è importante, bello e può indicare il cammino: il futuro che può seminare una speranza. Il messaggero è pieno di ardore e di buona volontà, ha un senso di responsabilità per il messaggio che porta e sente il desiderio di condividere questo messaggio.
Ma sembra che abbia smarrito l’indirizzo: a chi deve comunicare questo messaggio così ardente e necessario?», dice subito il vescovo Mario, utilizzando un’immagine che, come spiega, «può descrivere la situazione della Chiesa di oggi che ha un messaggio – il Vangelo -, che ha un ardore – il mandato -, ma non sa a chi portarlo, chi sia disposto ad accoglierlo, a chi mandarlo.
A chi? Per questo siamo qui, perché noi tutti vogliamo ragionare insieme per cercare il destinatario, per cercare come raggiungere i giovani, i vostri coetanei, e perché abbiamo un desiderio di felicità da condividere. Forse abbiamo dimenticato la lingua giusta, non abbiamo imparato abbastanza e voi siete con noi per collaborare, per dire che questa è la via su cui camminare: voi che rappresentate tanti giovani della Lombardia di cui portate la voce. Questo momento di grazia, in questo luogo così significativo, non vuole dire unicamente scambiarci qualche parere, ma – per quella operazione che solo lo Spirito può fare – generare scintille affinché il fuoco ardente ci accenda. Non siamo gente che scrive un documento, ma che condivide un ardore.
Ecco perché vi dò il benvenuto: noi Vescovi abbiamo desiderato questo incontro perché questo messaggio è un fuoco, questi messaggeri sono pieni di ardore e genereranno scintille».
Altre parole per dire quel messaggio che Papa Francesco rivolge da sempre ai giovani e che campeggia all’inizio del bel video realizzato per l’occasione e proiettato in Duomo: «Fate voi la vostra strada, siate giovani in cammino, aprite una strada concreta».
E proprio al Papa nella sua Esortazione postsinodale al Sinodo dei Giovani, “Christus vivit’, infatti, si ispira la logica dell’incontro che si articola in 5 aree tematiche discusse ai Tavoli, anche in riferimento ad altri documenti come le Encicliche “Laudato si’ “ e “Fratelli Tutti”.
Gli affetti, la vita è il dono di sé, Riti, Intercultura, Ecologia, Vocazione e lavoro: questi i 5 “sentieri” su cui si dialoga per quasi 2 ore e mezzo. con la formula di un Vescovo, un moderatore, una ventina tra ragazzi e ragazze per ogni Tavolo. Monsignor Delpini, ad esempio, siede al Tavolo dei Riti, il vicario generale, monsignor Franco Agnesi nell’Intercultura, monsignor Luca Raimondi e monsignor Paolo Martinelli nell’Ecologia, monsignor Giuseppe Vegezzi al confronto su Vocazione e Lavoro.
Lo scopo, ovviamente, è portare di frutto, dando avvio a un itinerario di discernimento e avendo le giovani generazioni quali interlocutori privilegiati. Una scommessa vinta, come si rende evidente nella bella immagine di gruppo, con tutti i Vescovi e i giovani che, sorridenti, arrivano sul sagrato del Duomo inondato di sole primaverile, camminando, poi, insieme in modo del tutto informale, verso via Sant’Antonio dove si svolge il pranzo e si avvia la sessione pomeridiana.

La seconda Sessione
Aperta dalla restituzione sintetica delle 5 tematiche, proposta da altrettanti portavoce e accompagnata da alcune tavole a disegni, la seconda Sessione ha visto le conclusioni di monsignor Maurizio Gervasoni, vescovo di Vigevano e incaricato della Pastorale Giovanile della Cel. «Grazie a tutti voi che avete accolto con entusiasmo e serietà l’invito che obbliga anche noi Vescovi alla stessa serietà e impegno. Mi sembra di poter rileggere questo evento con la categoria della sinodalità che il Papa ci chiede. Oggi abbiamo avuto un momento vero di cammino sinodale che fa maturare in noi un atteggiamento di ascolto e di ricerca sapienziale. Questo è autenticamente un atteggiamento sinodale ed è il bello della libertà e della storia. Il senso di questo incontro è ascoltare la voce dello Spirito che ci permette di scegliere la libertà, decidendo per la vita buona e il bene. La vita buona, infatti, non è tale per l’esecuzione di uno schema o di una regola fissa, ma è il coraggio di giocare insieme la vita, condividendo valori alla sequela del Signore. Occorre comprendere caratteristiche e responsabilità di ognuno per capire ciò che ci chiede il Vangelo: noi vi ascoltiamo su ciò che ci sembra utile fare per le nostre Chiese e su quale orientamento vocazionale dare alle nostre e vostre vite. Il Vangelo non ci chiede leggi schematiche o nascoste, ma di aprire il cuore condividendo quello che fa Dio che crea e ama. Chiede un atto di libertà che produce il sapere chi siamo e diventa identità. La logica di questa esperienza oscilla tra la realtà come dono e come compito, in una parola vocazione. Ma non è possibile elaborare una prospettiva vocazionale senza la decisione di chi sceglie: per questo serve la sinodalità». Evidente la domanda di fondo: come essere discepoli di Cristo oggi e come esserlo da giovani?, sottolinea monsignor Gervasoni che delinea alcune caratteristiche emerse nel dialogo «come la sensazione di una Chiesa per alcuni aliena nel senso di indifferente, la dimensione della globalità, la virtualità, la voglia di fare, la richiesta di eticità, la rivendicazione di un ruolo, la volontà di vivere esperienze comunitarie e di corresponsabilità». «Quello che oggi ci siamo detti, e che bisogna riprendere impostando linee formative delle nostre Pastorali giovanili, ci rende testimoni di Dio» in vista anche della Gmg di Lisbona del 2023. E, allora, perché non pensare anche a una sorta di «concilio dei giovani lombardi»?

La performance di Giacomo Poretti
Infine, la brillantissima e profonda la riflessione dell’attore Giacomo Poretti giocata nel richiamo all’anima, attraverso ricordi personali e la realtà quotidiana di tutti, oppressi da password dimenticate, account, acquisti on line, elettrodomestici e algoritmi intelligenti. «L’anima sembra la cosa più antimoderna che esista, ma poi ho avuto quasi tenerezza per questa parola gentile e leggera, persa tra tante parole sguaiate, per questa cosa che non si vede, che non si fa importunare da un selfie, ma che, se la frequenti, non ti lascia più. Proprio perché l’uomo può sempre superare infintamente se stesso». Da qui anche la lettura di un’ immaginaria lettera scritta dal noto attore e autore al proprio cuore. 

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