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Discorso alla Città, come agire per il bene comune

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Sant'Ambrogio

Discorso alla Città, come costruire il bene comune

«…Con gentilezza»: questo lo «stile» con cui operare al servizio del benessere collettivo indicato dall'Arcivescovo nel suo pronunciamento in Basilica. Lungimiranza, fierezza e resistenza sono le «virtù» richieste soprattutto a chi lavora nelle istituzioni

di Pino NARDI

6 Dicembre 2021
L'Arcivescovo durante l'ultimo Discorso alla città

«In un tempo di fatica esistenziale per tutti, per il crescere dell’ansia, a seguito della interminabile pandemia, occorre uno stile nell’esercizio dei ruoli di responsabilità che assicuri e rassicuri, che protegga e promuova, che offra orizzonti di speranza, anticipando, nella fermezza e nella gentilezza, il senso promettente e sorprendente della vita, con un agire non tanto e non solo solidale ma sinceramente fraterno». Lo sostiene monsignor Mario Delpini, nel suo Discorso alla città alla vigilia della festa di Sant’Ambrogio. Nella Basilica ad ascoltarlo amministratori locali, autorità militari, esponenti del mondo culturale, dell’economia, del sindacato, della società civile.

…Con gentilezza. Virtù e stile per il bene comune è il titolo del Discorso, denso di indicazioni per leggere un tempo difficile non solo per la pandemia, che richiede una bussola per affrontarle con fierezza e responsabilità ispirandosi al modello di Ambrogio.

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Essere autorevole punto di riferimento

A partire da chi è impegnato a livello istituzionale. «In questo nostro tempo confuso, di frenetica ripresa e profonda incertezza, che tende a censurare un vuoto interiore – sottolinea l’Arcivescovo – chi ha la responsabilità del bene comune è chiamato a essere autorevole punto di riferimento con discorsi seri e azioni coerenti, con la saggezza di ricondurre le cose alle giuste dimensioni, di sorridere e di far sorridere».

Uno sguardo non può non andare alle piazze rumorose dei no vax per esempio e alla necessaria lucidità per affrontare questi problemi. «In un tempo di suscettibilità intrattabile e di esplosioni di rabbie irrazionali, chi ha responsabilità deve tenere i nervi saldi, esercitare un saggio discernimento per distinguere i problemi gravi e i pretesti infondati».

Il dovere di cercare informazioni affidabili e oneste

Anche il linguaggio del dibattito pubblico e l’uso distorto e sopra le righe dei social non sfuggono all’attenzione dell’Arcivescovo: «In un tempo di clamori esagerati per minuzie e di silenzi imposti dal politicamente corretto, chi ha a cuore il bene presente e futuro del nostro convivere ha il dovere di cercare informazioni affidabili e documentazione onesta, per evitare clamore e distrazioni. In un tempo di aggressività pubblica e privata, di drammi terribili tra le mura di casa e di violenze crudeli, chi si cura della giustizia e della difesa dei deboli deve cercare di capire, di prevenire, di porre condizioni per arginare reazioni furiose e comportamenti delittuosi».

Le virtù della responsabilità

Per affrontare questo scenario ecco la strada indicata da monsignor Delpini: «L’esercizio della responsabilità richiede una dura ascesi per coniugare fermezza e gentilezza, giudizio sulle azioni e rispetto per le persone, pazienza e determinazione, pensiero lucido e parola amabile. L’esercizio della responsabilità richiede molte virtù: l’onestà, il discernimento, la prudenza, la fortezza, la mitezza, il senso dell’umorismo e alcune che mi sembrano particolarmente necessarie oggi, come la lungimiranza, la stima di sé e la resistenza».

Gentilezza come mitezza, moderazione e pazienza

Se questo vale per tutti i cittadini, a chi è impegnato nelle istituzioni monsignor Delpini indica uno stile preciso, anche controcorrente: «Per il servizio al bene comune, insieme a queste virtù è necessario uno stile che forse possiamo definire con la virtù della gentilezza. Per gentilezza non intendo solo le “buone maniere”, ma quell’espressione della nobiltà d’animo in cui si possono riconoscere la mitezza, la mansuetudine, la finezza nell’apprezzare ogni cosa buona e bella, la fermezza nel reagire all’offesa e all’insulto con moderazione e pazienza». Un manifesto del buon politico che prende le mosse dal magistero di papa Francesco nella Fratelli tutti.

Nel Discorso l’Arcivescovo approfondisce in particolare tre virtù: lungimiranza, fierezza e resistenza.

La lungimiranza

Spesso chi ha responsabilità si trova di fronte «il singolo individuo, incline a pensare solo a sé e a ritenersi il centro dell’universo, secondo un individualismo troppo diffuso e troppo approvato, ritenga che i suoi desideri, bisogni, pretese, tutto sia legittimo e urgente». Per questo è necessaria saggezza e lungimiranza per distinguere invece le emergenze vere: «Per guardare oltre l’immediato e individuare le vie da percorrere sono una grande risorsa i risultati degli studi, la raccolta dei dati e la loro interpretazione, la collaborazione tra le accademie e i politici, tra uomini e donne di esperienza e gli amministratori, tra persone di pensiero e chi deve formulare leggi e decisioni».

Su questo versante anche la Chiesa può dare il proprio contributo. Per questo monsignor Delpini propone alcune priorità per «incoraggiare provvedimenti pertinenti».

Promuovere la famiglia

La priorità irrinunciabile è innanzitutto la famiglia, a partire dalla «promozione delle condizioni che rendano desiderabile e possibile la formazione delle famiglie». Una stabilità del nucleo familiare avviene se «trova nella società condizioni di vita serene, sane, per la disponibilità di case accessibili, per occasioni di lavoro propizie, per il sostegno necessario alla paternità e alla maternità responsabili, per alleanze educative».

Anche la crisi demografica è una minaccia da affrontare cambiando l’approccio politico e culturale: «Certo se gli investimenti e i provvedimenti, la legislazione e le delibere sono orientati a favorire chi preferisce non farsi una famiglia, non avere figli, chi vorrebbe formarsi una famiglia e avere figli si sentirà più solo».

Ma non è solo una questione istituzionale, è anche un modo di vivere in famiglia quotidianamente, con la necessità «di promuovere e di curare la gentilezza nella relazione tra marito e moglie, il rapporto tra l’uomo e la donna come rapporto di reciprocità, nella pari dignità e nella valorizzazione della differenza. L’alleanza nella famiglia tra l’uomo e la donna, nella stima e nella gentilezza reciproche, è una promessa di bene per i figli. È necessaria però una mentalità nuova, una proposta di ideali di vita che sia offerta con la gentilezza della testimonianza». Un valido aiuto può arrivare anche da chi è più anziano: «Il sorriso dei nonni può contribuire a stemperare le tensioni e le fatiche e può indicare come sia praticabile lo stile della gentilezza e dell’abitudine al sorriso».

Affrontare l’emergenza educativa

Altra priorità sono i giovani. «L’emergenza educativa deve richiamare l’attenzione di tutti non solo nello sconcerto di episodi di cronaca impressionanti per aggressività, degrado, depressione. La stagione indefinita del Covid-19 ha diffuso, soprattutto negli adolescenti e nei giovani, svariate forme depressive, con un aumento considerevole dei disturbi alimentari sino alle forme estreme della bulimia, dell’anoressia, del buttar via la vita nei rischi estremi e nel suicidio».

L’Arcivescovo richiama tutti al dovere dell’alleanza educativa per il bene delle generazioni future: «L’alleanza educativa non potrà essere solo la stesura di protocolli, il reperimento di risorse. Siamo chiamati a un’alleanza intergenerazionale che sia accompagnamento, incoraggiamento, proposta di un camminare insieme verso la terra promessa. Offrire una speranza è la prima opera educativa».

Da tempo Delpini richiama «all’importanza del ruolo educativo e formativo delle scuole. È necessario che le famiglie e le istituzioni siano alleate per contrastare le forze che insidiano e rovinano i giovani con le sostanze che creano dipendenza, con la pornografia, con la tolleranza per forme di bullismo, di abusi, di trasgressione delle regole del convivere».

Più che castighi e severità, l’Arcivescovo propone anche in questo caso «quella gentilezza della conversazione che trasmette la persuasione che la vita è una vocazione. La gentilezza della conversazione è capace di quell’umorismo milanese che sdrammatizza con benevolenza, corrode i miti del grandioso, sa prendere le distanze dalle mode imposte dai social, si prende gioco della presunzione e dell’esibizione».

Le sfide: ambiente e lavoro

È il tema del momento: come conciliare «la tensione tra la difesa dei posti di lavoro e delle attività produttive e la salvaguardia dell’ambiente». Se n’è discusso anche nella recente Settimana sociale a Taranto. E su questo aspetto Delpini richiama il ricco tessuto di esperienze già in atto «La nostra terra è in grado di mostrare come i due beni da custodire e promuovere si possano conciliare. Le buone prassi diffuse chiedono di essere conosciute e valorizzate non come laboratori specifici e appartati, ma come una metodologia per bonificare l’intero sistema produttivo e una sollecitazione a stili di vita personali e comunitari adeguati».

Il rischio che si corre affrontando questi fenomeni è farlo polemicamente. Invece la strada indicata da Delpini è un’altra: «I temi sono spesso affrontati con toni aspri e rivendicativi. La gentilezza fa immaginare percorsi più concordi, rispettosi, costruttivi. La gentilezza è il motore delle comunità Laudato si’ che in modo spontaneo ed efficace nascono nella nostra diocesi».

Un impegno che va diffuso anche nel dibattito pubblico: «È necessario promuovere nell’opinione pubblica una sensibilità che con l’apprezzamento incoraggi le buone pratiche e con la critica e con scelte di stili coerenti disapprovi i comportamenti che sono di danno al bene comune».

Uno sguardo a largo raggio coinvolgendo anche la formazione con le scuole professionali, «la collaborazione efficace tra agenzie formative e imprese, lo sviluppo sostenibile e inclusivo che coniughi profit e no-profit e valorizzi il partenariato tra pubblico e privato».

La fierezza

L’invito è chiaro: non lasciamoci cadere le braccia. «La complessità delle situazioni – sottolinea Delpini – l’insistenza della comunicazione pubblica e dei social nel gridare la gravità dei problemi, nel mettere in evidenza fatti di cronaca orribili e sentimenti di rabbia inducono a un senso di scoraggiamento, di rinuncia, di sfiducia nel futuro e nell’umanità».

Sentimenti che vanno però affrontati e superati: «Non possiamo essere rinunciatari», sollecita l’Arcivescovo, superando anche le paure. «Non possiamo chiuderci in noi stessi, costruendo mura per la nostra sicurezza, perché siamo convinti che la sicurezza di un popolo, di una città, di una famiglia, di una persona non dipenda dal suo isolamento, ma dalle relazioni di buon vicinato e dalle alleanze da stabilire e da onorare».

La riconoscenza a chi vive con onestà, impegno, fiducia

«Questo atteggiamento costruttivo e intraprendente merita la gratitudine di tutti», sottolinea l’Arcivescovo. «I milanesi sono già “bauscia” per conto loro e non hanno bisogno dei miei complimenti, ma la speranza di questa nostra terra ospitale è che tutta la gente che vive a Milano faccia proprie le virtù dei milanesi e cerchi di evitare i loro difetti, perché questa terra vive per il contributo di tutti».

La riconoscenza e la gratitudine vanno a tantissime persone impegnate sui vari fronti: sindaci, amministratori, forze dell’ordine, insegnanti, personale sanitario, sindacati, volontari, professionisti. «Ringrazio tutti coloro che vivono con onestà, impegno, fiducia i rapporti ordinari e che contribuiscono a dare della nostra città e del nostro territorio l’immagine di una società in cui è possibile una vita buona».

Promuovere la partecipazione

«Noi che siamo grati per il bene che si compie e fieri della nostra tradizione ambrosiana – afferma l’Arcivescovo – abbiamo anche la responsabilità di promuovere la partecipazione di tutti alla vita delle comunità e dell’intera società civile. Perciò dobbiamo contrastare alcune tendenze in atto e alcuni atteggiamenti».

A partire da un fenomeno che preoccupa monsignor Delpini: «La scarsa partecipazione degli elettori nelle elezioni amministrative da poco celebrate in alcuni Comuni è un segnale allarmante e l’opera educativa e la sensibilità sociale di molti devono essere un invito, una sollecitazione per tutti».

Per questo è necessario ribadire la cittadinanza e la valorizzazione di ciascuno, a partire dei più deboli. «I cittadini non sono clienti, e nessuno deve solo essere aiutato o essere tollerato. L’attenzione alle persone fragili non è soltanto beneficenza: anche chi è fragile ha risorse da offrire e doni da condividere. L’accoglienza di persone che vengono da altri Paesi non è solamente accoglienza: ogni cultura, ogni persona, ogni tradizione offre un contributo per la società di domani, la Chiesa di domani, la comunità di domani».

Lo scandalo della violenza sulle donne

L’Arcivescovo non dimentica anche un fenomeno che la cronaca drammaticamente pone all’attenzione di tutti: «È urgente promuovere una capacità di apprezzamento reciproco della pluralità dei linguaggi gentili e contrastare con determinazione l’aggressività dei linguaggi prepotenti, sgarbati, offensivi. Lo scandalo della violenza, in particolare della violenza di cui le donne sono vittime, impone una reazione ferma e una conversione profonda di linguaggi e di comportamenti».

La resistenza

Come praticare la virtù della resistenza? La risposta di Delpini è l’elogio degli artigiani del bene comune.

Ma chi sono? «Gli artigiani del bene comune sono dappertutto e fanno qualsiasi cosa, ma si caratterizzano perché quello che fanno lo fanno bene e sono convinti che il bene sia già premio a se stesso, anche se, ovviamente, pretendono il giusto compenso per il lavoro che svolgono. Sono onesti: sanno che si può guadagnare di più se si è disonesti, ma disprezzano le ricchezze accumulate rovinando gli altri e la società. Sono intraprendenti e se c’è da dare una mano non si tirano indietro e, se hanno stima di coloro che per il bene comune si caricano di fastidi, loro non sono da meno, per quello che possono».

Gli artigiani del bene comune resistono alle insidie

«Gli artigiani del bene comune sono capaci di resistenza. Resistono nella fatica quotidiana», continua l’Arcivescovo. E lo fanno anche rispetto alle tentazioni del denaro facile, delle scorciatoie, della vicinanza alla criminalità organizzata. Perché purtroppo «si avverte che nella nostra società sono presenti persone e organizzazioni che disprezzano la vita umana, cercano in ogni modo il potere e il denaro. Si approfittano di coloro che attraversano difficoltà economiche e distruggono famiglie e aziende con l’usura, seminando paura, imponendo persone, convincendo di situazioni irrimediabili e di prepotenze incontrastabili che inducono alla resa prima della lotta e alla rassegnazione invece che alla reazione onesta, condivisa con le istituzioni, fiduciosa».

Perciò la società ha così tanto bisogno «di artigiani del bene comune che contrastino i disonesti e i prepotenti: è necessario resistere e far crescere la rettitudine morale. C’è bisogno di gente che resista. Che resista con la gentilezza di chi sa che cosa sia bene e che cosa sia male e compie il bene perché ha fiducia nell’umanità, ha fiducia nelle istituzioni, ha fiducia in Dio».

L’incoraggiamento dell’Arcivescovo

In conclusione l’incoraggiamento dell’Arcivescovo: «È mio desiderio incoraggiare tutti nella pratica della lungimiranza, fieri della nostra identità ambrosiana e proprio per questo forti nel resistere a ogni illegalità, tentazione divisiva, mancanza di speranza, certi che la potenza d’amore dello Spirito continua ad abitare anche la nostra Milano facendo germogliare infiniti semi di bene».

Qui il programma completo delle Celebrazioni santambrosiane

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