«Sarà un momento importante, non tanto perché l’Arcivescovo possa conoscere la Sacra Famiglia, perché ovviamente già conosce molto bene l’Istituto di Cesano Boscone, che esiste da 125 anni e che si occupa soprattutto di disabili anche gravissimi. L’idea è che possa venire tra noi per dire una parola a una realtà che è tipicamente diocesana, su un tema delicato come la disabilità che fa parte della vita di moltissime famiglie e che merita una parola del Vangelo». Monsignor Bruno Marinoni, presidente della Fondazione Sacra Famiglia, delinea così il senso complessivo della visita che l’Arcivescovo compirà venerdì 16 febbraio, dalle 10.30, presiedendo l’eucaristia nella chiesa interna all’Istituto e inaugurando la nuova casa di ospitalità per i sacerdoti malati e anziani.
Quali sono le nuove frontiere sulle quali si trova a operare la Sacra Famiglia, nata nel 1896 dall’intuizione profetica di un prete ambrosiano, monsignor Domenico Pogliani, e che oggi conta 22 sedi, 2230 posti accreditati e quasi 2000 unità tra dipendenti e collaboratori?
La Sacra Famiglia, fin dalle sue origini, è sempre riuscita a rispondere ai bisogni che cambiano nel tempo. Attualmente ci prendiamo cura di anziani, disabili, offriamo cure domiciliari, ambulatori; abbiamo un hospice, realizziamo percorsi riabilitativi, ma anche per l’autismo e il disagio psichiatrico. Direi che un aspetto fondamentale è legato alla diffusione dei nostri Centri sull’intero territorio diocesano, che ne definisce l’identità e, nello stesso tempo, facilita anche la domiciliazione dell’assistenza, che è una delle nuove frontiere della cura. In questo momento stiamo assistendo anche a un cambiamento relativo principalmente alla partecipazione delle famiglie, che un tempo affidavano i figli o le persone malate all’Istituto per tutta la vita. Oggi, come è giusto, una sensibilità diversa ha portato i familiari ad accompagnare i malati all’interno di un percorso di vita che può durare anche decenni. La sfida è proprio come coinvolgere queste famiglie in maniera adeguata: famiglie vere, che magari non possono tenere in casa un figlio per la gravità della disabilità, ma vogliono essere partecipi del suo percorso.
Un momento molto significativo, all’interno della visita dell’Arcivescovo, sarà l’inaugurazione del nuovo reparto…
Sì. Sacra Famiglia da tempo ha sviluppato un’attenzione per i sacerdoti anziani che oggi si è concretizzata in maniera particolare con questo nuovo reparto, una zona di semiautonomia. La sfida grande, e anche bella, che abbiamo cercato di attuare è stata quella di fare in modo che i preti lì accolti, se possono, prendano parte alle attività dell’Istituto, magari celebrando Messa o andando a trovare altri nostri ospiti. Un’opportunità, quindi, che si offre a questi sacerdoti di essere accompagnati in un momento di fragilità della loro vita, ma nello stesso tempo di porsi comunque a servizio, con le loro potenzialità attuali, così come hanno fatto in tutto il loro ministero sacerdotale.
Quante persone può accogliere il nuovo reparto e come si sono svolti i lavori di ristrutturazione?
I lavori sono stati rilevanti, realizzati grazie a un contributo che la Diocesi ha messo a disposizione, avendo ricevuto l’Arcivescovo un lascito di un milione di euro cui era annessa la richiesta specifica che fosse utilizzato per aiutare i preti anziani. Abbiamo fatto in modo che il reparto non fosse una struttura a sé stante, ma che si situasse all’interno di una realtà più ampia come è quella di Sacra Famiglia e che tali fondi fossero erogati per i servizi di cura. I posti disponibili sono 14 in semiautonomia, ma in Sacra Famiglia è possibile rimanere anche con l’aggravarsi della malattia e la minore autonomia in reparti di Rsa e una assistenza data dalla casa di cura interna.
La ripresa è totale dopo il periodo delle restrizioni per la pandemia, ovviamente molto prolungato specie per le Rsa?
Pur avendo sofferto, come tutti – specialmente con tanta fatica da parte di anziani e disabili -, di un blocco delle relazioni verso l’esterno, possiamo dire che la vita della Sacra Famiglia sia sempre continuata al suo interno. In questo momento la ripresa è totale, anche se abbiamo ancora alcune precauzioni come indossare le mascherine, soprattutto per rispetto delle persone più fragili. La vita è complessivamente ricominciata: rimane, invece, il problema di ritornare a coinvolgere le realtà ecclesiali e non che, precedentemente al Covid, erano molto presenti. La disponibilità dei volontari, infatti, si è ridotta parecchio e noi ne sentiamo tutto il peso proprio perché queste figure non solo offrivano sollievo agli operatori, ma soprattutto permettevano agli ospiti di realizzare tante attività che adesso diventano più difficili da proporre.