Sirio 26-29 marzo 2024
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Intervista

Brivio, sindaco di Lecco: «Va ricostruito il senso di comunità»

Il primo cittadino del capoluogo lariano, presidente di Anci Lombardia, sul Discorso alla città 2018 e sulle parole rivolte dall’Arcivescovo alle persone impegnate nell’ambito sociale e politico: «Anche se oggi è più difficile e faticoso, occorre ricomporre gli interessi che divergono»

di Marcello Villani

24 Febbraio 2019
Il sindaco di Lecco Virginio Brivio incontra alcuni studenti in Municipio

Nel Discorso alla città 2018 e poi a Gazzada, nell’incontro con gli amministratori della II Zona, l’Arcivescovo ha parlato di una Chiesa che non deve essere lodata per quel che fa, ma deve essere accompagnata dalle amministrazioni «in questa disponibilità a farsi carico delle persone e delle problematiche». E il sindaco di Lecco Virginio Brivio, che è anche presidente di Anci Lombardia, gli fa sponda: «La prova concreta del fatto che siamo d’accordo con quanto dice è la sottoscrizione formale dei tanti patti di comunità a corredo della co-progettazione dei Servizi sociali. Abbiamo una quotidianità di rapporti con i centri d’ascolto della Caritas e con le singole parrocchie. Ma in questi ultimi anni sono nate iniziative anche nel settore culturale. Pensiamo alle salite al campanile, alla riqualificazione del convento manzoniano di Pescarenico e al restauro della chiesa del Beato Serafino. O, ancora, alla valorizzazione delle Sale delle comunità per allargare le proposte culturali della città. La nostra è una collaborazione con le parrocchie che investe tutte le realtà, non solo quella sociale».

Monsignor Delpini parla poi di «arte del buon vicinato che responsabilizza tutti i cittadini e gli abitanti che convivono nella città». E, in questo senso, consiglia ai sindaci una «cittadinanza attiva, vigile, intraprendente. Il buon vicinato non si può decidere con una delibera comunale, eppure non si deve neppure lasciare alla buona volontà dei singoli». Proporre buoni stili di vita e dare l’esempio, magari in accordo con i tanti servizi della Chiesa costruiti e pensati proprio per questo: «Anche come Anci regionale – continua Brivio – affermo che tocca anche agli amministratori ricordare gli elementi essenziali della convivenza sottolineati dall’Arcivescovo, che ha richiamato i primi articoli della Costituzione. Ognuno deve prendere anche il punto di vista di riferimento degli altri. Nel passato c’erano appartenenze ideologiche nette. Ora non ci sono più, ma c’è più indifferenza, più che astio o ostilità. Va ricostruito il senso di comunità che si è andato perdendo». Una “manutenzione” ordinaria da fare con convinzione: «Attenzione però a non dire che il buon vicinato è solo il sociale: basta non esasperare i contrasti a qualsiasi livello; tra vicini di condominio, tra commercianti e cittadini, tra residenti e turisti… Interessi divergenti che vanno composti. Oggi è più difficile e faticoso di una volta…».

Un’altra bella frase dell’Arcivescovo sulla quale Brivio concorda: «L’amministrazione comunale può fare molto per sostenere le buone pratiche e bonificare i territori esposti al pericolo di diventare incubatori di violenza, risentimento, illegalità». «Magari da noi non è un rischio così eclatante, ma questa dimensione di “bonifica” la affrontiamo tramite i progetti di legalità dentro le scuole, con i progetti di sequestro ai beni confiscati alla mafia, ma anche ai piccoli comportamenti non consoni alla convivenza civile. Con iniziative che tengano fuori la malavita dalla vita delle imprese…».

Sul tema immigrati l’Arcivescovo di Milano va decisamente controcorrente: «La presenza di persone che vengono da altri Paesi non può essere solo un problema. Temo che sul tema migranti ci sia stata confusione e una riduzione dei tanti immigrati unicamente a chi arriva con i barconi. Occorre crescere insieme, in un senso di appartenenza che non può essere creato solo dall’offerta di servizi, seppure necessari». E Brivio aggiunge: «Abbiamo cercato di tradurre quest’aspetto su un piano diverso favorendo il progetto, interrotto erroneamente da Salvini, dell’“accoglienza diffusa”. Siamo convinti che non si debbano accumulare immigrati in un solo punto, ma spargerli sul territorio per creare precondizioni che la vicinanza sia sostenibile anche quantitativamente e numericamente, visto che le nostre sono spesso comunità locali piccole. E le esperienze positive ci stavano dando completamente ragione».

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