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Avvento

Benedizioni, la Chiesa si fa vicina a tutte le famiglie della diocesi

È un segno di amicizia della parrocchia e un'occasione di conoscenza delle situazioni di solitudine e difficoltà. Un ascolto che sono in grado di mettere i pratica anche i laici

di Stefania CECCHETTI Redazione

1 Dicembre 2010

Benedizioni natalizie con il contributo dei laici o rigorosamente secondo tradizione, cioè affidate solo ai sacerdoti? Per don Giovanni Fumagalli, non fa differenza: quello che conta è che la Chiesa si faccia vicina alla sua gente. Parroco da quasi 15 anni a Santa Maria Ausiliatrice, nel quartiere milanese della Barona, don Giovanni è stato da poco trasferito a Lainate, nella parrocchia di San Vittore Martire, dove ha trovato abitudini molto diverse per la benedizione alle famiglie.
È lui stesso a raccontarci le due esperienze, a cominciare da Milano: «Da cinque o sei anni avevamo affidato a coppie di laici il compito di passare nelle case in Avvento. Non si trattava, evidentemente, di una benedizione vera e propria, ma di una visita con un breve momento di preghiera. In genere consegnavamo alla famiglia anche materiale da leggere per benedire loro stessi la propria casa, nei giorni intorno al Natale, invitandoli a passare in parrocchia a ritirare l’acqua benedetta».
Secondo don Giovanni, la visita è un momento molto importante. «È un segno di amicizia della parrocchia e, nello stesso tempo, un’occasione di ascolto e conoscenza delle situazioni di solitudine e difficoltà. Un ascolto che sono assolutamente in grado di mettere i pratica anche i laici. Anzi, ci sono alcune persone che hanno soggezione del sacerdote e con noi faticano ad "aprirsi"». In accordo con il Consiglio pastorale, don Giovanni, unico prete della parrocchia, visitava solo alcune particolari categorie di famiglie (per esempio quelle dei battezzati dell’ultimo anno o in cui c’era stato recentemente un lutto), oltre alle persone che, da questionario parrocchiale, avevano espressamente richiesto la presenza del prete.
Già, perché l’idea che certi gesti siano solo del sacerdote è ancora abbastanza radicata. «C’è un tempo di "educazione" – spiega don Giovanni – verso le novità. In cinque anni le richieste espresse per il sacerdote stavano diminuendo. Si stava diffondendo l’idea che la benedizione è una cosa, la visita un’altra. La benedizione, se non passa il prete, si può ricevere anche a Messa».
Diverso il caso dell’attuale parrocchia di don Giovanni, San Vittore Martire a Lainate: «Qui i tempi non sono ancora maturi per la visita dei laici. Noi sacerdoti cerchiamo di coprire tutte le 5 mila famiglie della parrocchia e le circa 100 aziende della zona. Naturalmente il periodo natalizio non è sufficiente e le visite proseguono fino a febbraio. In questo modo riusciamo anche a passare nelle case in un orario consono alle famiglie, cioè dalle 18 alle 20. Andare di pomeriggio è inutile, almeno che non si tratti di anziani. E non si può nemmeno piombare a casa delle persone all’ora di cena. La visita deve essere innanzitutto rispettosa dei tempi della famiglia».
Che sia compiuta dal sacerdote o dai laici, la tradizionale visita alle famiglie, secondo don Fumagalli, «è molto attesa, anche da persone “tiepide” verso la Chiesa. Quindi è una realtà da mantenere viva, studiando la forma più adatta alle forze di cui dispone la parrocchia e al contesto sociale in cui opera. A volte non è facile stabilire un dialogo in pochi minuti, ma talvolta succede, e allora si arriva al cuore della vita delle persone, toccando da vicino le loro gioie e le loro sofferenze. Vi assicuro che un prete torna a casa stanco, ma arricchito da tanta umanità». Benedizioni natalizie con il contributo dei laici o rigorosamente secondo tradizione, cioè affidate solo ai sacerdoti? Per don Giovanni Fumagalli, non fa differenza: quello che conta è che la Chiesa si faccia vicina alla sua gente. Parroco da quasi 15 anni a Santa Maria Ausiliatrice, nel quartiere milanese della Barona, don Giovanni è stato da poco trasferito a Lainate, nella parrocchia di San Vittore Martire, dove ha trovato abitudini molto diverse per la benedizione alle famiglie.È lui stesso a raccontarci le due esperienze, a cominciare da Milano: «Da cinque o sei anni avevamo affidato a coppie di laici il compito di passare nelle case in Avvento. Non si trattava, evidentemente, di una benedizione vera e propria, ma di una visita con un breve momento di preghiera. In genere consegnavamo alla famiglia anche materiale da leggere per benedire loro stessi la propria casa, nei giorni intorno al Natale, invitandoli a passare in parrocchia a ritirare l’acqua benedetta».Secondo don Giovanni, la visita è un momento molto importante. «È un segno di amicizia della parrocchia e, nello stesso tempo, un’occasione di ascolto e conoscenza delle situazioni di solitudine e difficoltà. Un ascolto che sono assolutamente in grado di mettere i pratica anche i laici. Anzi, ci sono alcune persone che hanno soggezione del sacerdote e con noi faticano ad "aprirsi"». In accordo con il Consiglio pastorale, don Giovanni, unico prete della parrocchia, visitava solo alcune particolari categorie di famiglie (per esempio quelle dei battezzati dell’ultimo anno o in cui c’era stato recentemente un lutto), oltre alle persone che, da questionario parrocchiale, avevano espressamente richiesto la presenza del prete.Già, perché l’idea che certi gesti siano solo del sacerdote è ancora abbastanza radicata. «C’è un tempo di "educazione" – spiega don Giovanni – verso le novità. In cinque anni le richieste espresse per il sacerdote stavano diminuendo. Si stava diffondendo l’idea che la benedizione è una cosa, la visita un’altra. La benedizione, se non passa il prete, si può ricevere anche a Messa».Diverso il caso dell’attuale parrocchia di don Giovanni, San Vittore Martire a Lainate: «Qui i tempi non sono ancora maturi per la visita dei laici. Noi sacerdoti cerchiamo di coprire tutte le 5 mila famiglie della parrocchia e le circa 100 aziende della zona. Naturalmente il periodo natalizio non è sufficiente e le visite proseguono fino a febbraio. In questo modo riusciamo anche a passare nelle case in un orario consono alle famiglie, cioè dalle 18 alle 20. Andare di pomeriggio è inutile, almeno che non si tratti di anziani. E non si può nemmeno piombare a casa delle persone all’ora di cena. La visita deve essere innanzitutto rispettosa dei tempi della famiglia».Che sia compiuta dal sacerdote o dai laici, la tradizionale visita alle famiglie, secondo don Fumagalli, «è molto attesa, anche da persone “tiepide” verso la Chiesa. Quindi è una realtà da mantenere viva, studiando la forma più adatta alle forze di cui dispone la parrocchia e al contesto sociale in cui opera. A volte non è facile stabilire un dialogo in pochi minuti, ma talvolta succede, e allora si arriva al cuore della vita delle persone, toccando da vicino le loro gioie e le loro sofferenze. Vi assicuro che un prete torna a casa stanco, ma arricchito da tanta umanità». Il messaggio ai musulmani – L’ufficio diocesano Ecumenismo e Dialogo rinnova anche quest’anno l’invito alle parrocchie a passare anche presso le abitazioni di persone di fede musulmana durante la visita alle famiglie in occasione del Natale, lasciando un messaggio nella loro lingua. Sono disponibili alcuni modelli di lettera, anche in “urdu” per le famiglie pakistane. Personalizzato con l’intestazione delle rispettive parrocchie, il testo diventa il messaggio che i sacerdoti della diocesi di Milano, a nome della comunità parrocchiale, possono lasciare in occasione della visita natalizia. Gli schemi delle lettere e le note pratiche si possono scaricare dal sito della diocesi nella sezione speciale dedicata all’Avvento oppure richiedere per fax o posta. In tal caso rivolgersi a: ufficio Ecumenismo e Dialogo – Arcidiocesi di Milano (piazza Fontana, 2 – 20122 Milano; tel. 02.8556355; fax 02.8556357). Alla visita per la “benedizione della casa” potrà seguire un momento di incontro successivo. – Parole di speranza nelle case – Momento popolare e missionario – L’esperienza di Gallarate – Preghiera nei luoghi di lavoro