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Venti di guerra sulla Terra Santa

Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Dopo l’ultimatum

I capi delle Chiese di Gerusalemme: «Ai civili innocenti cure e aiuti, c’è tempo per fermare l’odio»

Proseguono gli appelli a Israele perché revochi l'ordine di evacuazione dei palestinesi che abitano nel nord della Striscia.

di Daniele ROCCHIAgensir

14 Ottobre 2023
Foto Afp / Sir

Sono proseguiti nella notte a Gaza raid aerei e incursioni via terra delle Forze armate israeliane, mentre continuano gli appelli delle organizzazioni umanitarie a Israele perché revochi l’ordine di evacuazione dei palestinesi che abitano nel nord della Striscia.

Gli appelli

Una richiesta in tal senso è stata inoltrata a Israele da 12 ong internazionali, tra cui Oxfam, attive nella Striscia: «Il trasferimento della popolazione, in tempi così brevi, mette a rischio la vita di coloro che sono costretti a fuggire. Al sud non ci sono strutture adeguate a ospitare in sicurezza i residenti del nord di Gaza e la loro incolumità rimane a rischio, dato che gli attacchi aerei israeliani continuano a colpire il centro e il sud di Gaza».

L’ultimo appello in ordine di tempo è quello dell’Unicef: il direttore generale Catherine Russell chiede «una pausa umanitaria» e parla di «situazione catastrofica, con bombardamenti incessanti e un aumento massiccio degli sfollati, bambini e famiglie. Non ci sono luoghi sicuri. Un cessate il fuoco immediato e l’accesso umanitario sono le priorità assolute per consentire ai bambini e alle famiglie di Gaza di ricevere gli aiuti tanto necessari».

Per Martin Griffiths, responsabile dell’Onu per il coordinamento degli aiuti umanitari «costringere civili spaventati e traumatizzati, tra loro donne e bambini, a spostarsi da un’area densamente popolata ad un’altra, senza nemmeno una pausa nei combattimenti e senza sostegno umanitario, è pericoloso e oltraggioso».

La risposta di Israele

Le Forze di difesa israeliane hanno risposto informando la popolazione palestinese residente nel nord di Gaza, con un post su X del suo portavoce, Avichay Adraee, che ci saranno due corridoi umanitari, due direzioni lungo cui muoversi «senza alcun danno», verso sud. «I civili palestinesi a Gaza non sono nostri nemici e non li prendiamo di mira come tali – ha ribadito poi un portavoce dell’esercito israeliano -. Stiamo cercando di fare la cosa giusta, stiamo cercando di evacuare i civili per ridurre al minimo il rischio per loro».

Secondo fonti Onu 423 mila persone sono già state sfollate a causa della distruzione delle loro le case. Dall’inizio delle ostilità, sono dati del ministero della Sanità di Hamas, i morti a Gaza per gli attacchi israeliani sono stati 1.900. Solo ieri sono stati 256 i morti (compresi 20 minori) e 1.788 i feriti.

La voce delle Chiese

A far sentire la propria voce anche i Patriarchi e i Capi delle Chiese di Gerusalemme. In un comunicato diffuso nella serata di ieri si legge: «Chiedere a 1,1 milioni di persone, compresi tutti i membri delle nostre comunità cristiane locali di trasferirsi nel sud entro 24 ore non farà altro che aggravare una catastrofe umanitaria già disastrosa. L’intera popolazione di Gaza è priva di elettricità, acqua, carburante, cibo e medicine. Molti civili a Gaza ci hanno detto che non esistono modi realistici per farlo. Chiediamo allo Stato di Israele, con il sostegno della comunità internazionale, di consentire forniture umanitarie di entrare a Gaza in modo che migliaia di civili innocenti possano ricevere cure mediche e beni di prima necessità. Invitiamo tutte le parti a ridurre l’escalation di questa guerra per salvare vite innocenti continuando a servire la causa della giustizia».

«Stiamo testimoniando – rimarcano i capi religiosi – un nuovo ciclo di violenza con un attacco ingiustificabile contro tutti i civili. Le tensioni continuano a crescere e sempre più persone innocenti e vulnerabili stanno pagando il prezzo più alto. Il livello drammatico di morte e distruzione a Gaza lo dimostra chiaramente». Tuttavia, concludono, «c’è ancora tempo per fermare l’odio. Per questo invitiamo le persone delle nostre congregazioni e tutti quelli di buona volontà nel mondo a osservare una Giornata di preghiera e digiuno martedì 17 ottobre».