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“Pregate il padrone della messe che mandi operai nella sua messe” (Mt 9, 38)

di Claudia Ciotti

messi

“Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!” (Lc 11, 9-13).

Rileggo la preghiera per le vocazioni alla luce di queste parole di Gesù. Sarebbe troppo semplice fermarci all’altra pur significativa espressione di Gesù: “Pregate il padrone della messe che mandi operai nella sua messe” (Mt 9, 38). Troppo semplice e troppo ambigua questa preghiera alla luce della storia recente. Potrebbe dare voce a chi “sa già di cosa c’è bisogno” e semplicemente chiede al “padrone” di ottenere ciò che vuole. Facendo di Dio così un “padrone insensibile” più che un Padre amorevole, e di se stesso un suddito frustrato, vista la “crisi delle vocazioni” ormai in corso da tempo.

La preghiera di domanda

Pregare per le vocazioni è senz’altro una preghiera di domanda, ma cosa chiediamo? E a Chi lo chiediamo? E come dovrebbe essere una preghiera per le vocazioni per essere autentica?

Come ogni preghiera di domanda penso dovrebbe essere vissuta con l’animo del figlio che si rivolge ad un Padre buono, che già conosce ciò di cui abbiamo bisogno. E allora? Perché chiederglielo?

Ogni preghiera di domanda ci rende consapevoli di ciò che siamo, dei nostri limiti, dei nostri desideri, e ci permette di rivolgerci a Dio con fiducia, esplicitando la nostra richiesta. Ma proprio come in ogni autentico dialogo è importante l’atteggiamento di fondo: rimanere aperti e in ascolto della risposta, che può essere diversa da ciò che noi si pensava.

Se c’è questa apertura allora sapremo crescere in questo dialogo e poco alla volta impareremo a sintonizzarci con il cuore di Dio che si rivela a noi in modo nuovo e vitale nelle diverse circostanze di vita e nei diversi intrecci della storia. In ogni vera preghiera di domanda infatti credo sia bene non dimenticare mai di partire dall’implorare il dono dello Spirito Santo: è Lui che ci mette in risonanza con il Cuore di Dio e ci permette di esprimere la nostra domanda e al tempo stesso di comprenderne la risposta.

Riconoscersi in Dio

Difficile parlare di queste cose, ma penso che facciamo l’esperienza dello Spirito quando sentiamo di essere al tempo stesso pienamente presenti a noi stessi, senza autoinganni o scorciatoie, e presenti a Lui, alla sua Parola che risplende in modo chiaro e nuovo nella nostra coscienza. E le due cose si verificano insieme: conosciamo Dio e ci riconosciamo in Lui.

In questo intreccio relazionale ci sarà dato anche di comprendere la misteriosa presenza del Regno di Dio nella storia umana, proprio perché saremo in grado di non prefigurarci le risposte a nostra immagine e somiglianza, ma rimanendo aperti a cogliere la creativa fantasia dello Spirito che può suscitare uomini e donne capaci di vivere secondo il Vangelo in risposta ai bisogni che oggi la famiglia umana esprime.

Pregare così per le vocazioni non sarebbe dunque un mero chiedere al Signore che ci mandi persone per continuare a sostenere le istituzioni ecclesiali – così come le conosciamo.

Significherebbe invece mettersi in gioco con la libertà e pregare per quella dei giovani, capaci di stare in ascolto di Dio e dell’umanità, per intuire come sia possibile oggi vivere il vangelo abitando responsabilmente la nostra umanità e il tempo che viviamo.

La comune umanità

Infatti, nella logica dell’incarnazione non possiamo dimenticare che è la comune umanità il luogo di incontro che ancora oggi lo Spirito può chiederci di mettere in gioco per parlare ai nostri contemporanei. Condividere il linguaggio di tutti, conoscere la cultura in cui siamo inseriti, abitando la terra con fede, ci porterà ad essere innanzitutto vivi, e dunque capaci di fecondità nuova.

Questo atteggiamento del cuore farà della nostra preghiera per le vocazioni un inno alla vitalità del Vangelo, che sappiamo essere anche oggi e sempre parola di salvezza, buona notizia e gioia dell’incontro con il Dio vivente.

Ma una domanda mi frulla nel cuore e in testa: sapremo essere così fiduciosi in Lui da rimanere aperti al dono dello Spirito? Capaci di intuire le novità che ci chiede e di lasciarci alle spalle le zavorre del passato, come lo scriba saggio del vangelo che sa trattenere le cose buone e lasciar andare ciò che non serve?

In questo tempo segnato da un’ulteriore emergenza – oltre il COVID – che potrebbe risultare anche letale per l’umanità intera, risplende con urgenza la parola di Gesù e la potenza trasgressiva del suo Vangelo: amatevi come io vi ho amato! C’è bisogno di uomini e donne che sappiano con la vita e con le parole testimoniare al mondo quanto è grande il cuore di Dio che ci è Padre e come sia possibile condividere la vita come fratelli, anche con chi non sa di avere lo stesso Padre.

Credo che le nuove vocazioni (nuove nella forma o nel sentimento) non potranno prescindere da questa visione ecumenica e universale, cui il magistero di Papa Francesco ci ha introdotto.

Pubblicato su LA FIACCOLA, N. 4/2022

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