«Ci sarà un rimedio alla notte che hai dentro? La notte fatta di spaventi e di vergogna, di smarrimenti e inquietudini, la notte delle solitudini, delle cattive compagnie, delle domande senza risposta, dei presentimenti scoraggianti, la notte delle lacrime di cui nessuno può sapere». È la domanda con cui l’Arcivescovo apre la sua omelia nella Veglia in Traditione Symboli, quasi guardando negli occhi i più di 2000 ragazze e ragazzi che ha di fronte in Duomo, è la stessa che attraversa spesso, come una ferita sanguinante, tanti giovani. Come quelli che si affollano tra le navate della Cattedrale, che lo ascoltano attenti, che prendono parte a ogni momento della Veglia, quest’anno particolarmente suggestiva, tra cambi di luce, canti, coreografie.
E tutto per “raccontare”, con il titolo “Apriti, cielo”, la bellezza della fede ricevuta con il battesimo, che fa rinascere anche quando “si tocca il fondo”, quando il “nero” della disperazione e della morte sembra essere l’ultima parola. Tanto che la Veglia si avvia con un coup de théâtre fatto di musica, canti – eseguiti dei cori Shekinah, Elikya, Clu, Coro Interparrocchiale di Milano e altre realtà diocesane che animano il rito – e parole fuori campo con alcuni figuranti che cadono a terra, in ordine sparso, ai piedi dell’altare maggiore di un Duomo nel quale regna l’oscurità.

Ma poi, subito l’invocazione dello Spirito e il richiamo all’“Apriti cielo” con l’Arcivescovo e i 3 vescovi ausiliari, i monsignori Agnesi, Raimondi e Vegezzi che salgono in presbiterio dove sono presenti alcuni vicari episcopali e di zona, i responsabili della Pastorale giovanile e della Sezione universitaria, don Marco Fusi e don Marco Cianci, il direttore della Fom, don Stefano Guidi, mentre accanto alla Cattedra siedono il vicario episcopale di Settore, don Giuseppe Como e il responsabile del Servizio per la Catechesi e Sezione del Catecumenato, don Matteo Dal Santo.
Nelle prime file ci sono gli 89 catecumeni 2025, che riceveranno il battesimo nella notte di Pasqua, e che ricevono, come tutti gli altri giovani durante la Veglia, il simbolo della fede, il Credo, dalle mani del vescovo Mario, dopo il pomeriggio vissuto, per i catecumeni, con il loro tradizionale ritiro e l’incontro con l’Arcivescovo stesso, e per i giovani, con la visita di alcune chiese di Milano guidati dai coetanei del progetto “La via della bellezza”.
Si alternano, così, altri momenti di riflessione, preghiera e animazione, la lettura del Vangelo di Marco 1,9-11 – l’icona biblica della Veglia – e l’omelia dell’Arcivescovo con quell’interrogativo che torna più volte.
Il buio del cuore e la luce di Gesù
«Ci sarà un rimedio alla notte che sta intorno a te? Tu desideri incontrare amici veri, essere un buon compagno di viaggio, pronto ad aiutare o preferisci restartene solo e triste, a respirare vuoto e rabbia dai social? Ci sarà una stella, un frammento di luce nel cielo disabitato, nell’universo immenso in cui ti senti un frammento insignificante? Gesù, piccola, mite, invincibile luce, entra con discrezione nella notte che hai dentro. Basta, però, perché tu possa conoscerti meglio: e, infatti,nella piccola luce che Gesù accede dentro di te, tu puoi riconoscere che, più in profondità di quello che ti opprime come una notte senz’alba, la tua verità è che tu sei amabile, che tu hai ricevuto impagabili talenti. La tua verità è che in te è seminato un principio di bene, in te abita lo Spirito di Dio. Sembra che dentro di te ci sia la notte, ma se tu accogli Gesù diventi anche tu una piccola luce e ti introduci nella verità: tu sei figlio, amato, capace di amare».

Il Signore che «simile in tutto agli uomini, entra nella comunità degli uomini, dei peccatori, degli uomini e delle donne da niente, della gente grossolana, viziosa, cattiva e della gente dei devoti, dei buoni, dei semplici, dei santi. È presente sulle strade della Palestina e su tutte le nostre strade, manon come chi attira l’attenzione, come un uomo mite e umile di cuore, che basta, però, per rivelare che gli altri non sono l’insopportabile squallore che rendono inabitabile la terra. Tutti, piuttosto sono chiamati ad essere fratelli e sorelle, tutti sono amabili».
Professiamo la nostra fede
Per questo professiamo la fede in Cristo che «vede i cieli aprirsi, quello che i sapienti del mondo non possono vedere, che ascolta la voce che i prepotenti del mondo non riescono a sentire. Questa sera professiamo la nostra fede, anzitutto ai catecumeni, consegniamo il Credo è la parola con cui la Chiesa racconta e attesta che Dio è luce e in lui non ci sono tenebre: illumina le profondità dell’intimità e rivela la verità di ciascuno, illumina i rapporti con tutti e li rende fraterni, illumina i cieli immensi e manifesta la gloria di Dio».
Mentre dal fondo della Cattedrale parte la processione con il crocifisso e alcuni figuranti, accompagnati dal canto End of night -“Io sono la fine della notte”, raggiungono l’altare maggiore, si prega e si adora a lungo la croce.
Si avvia così la terza parte della Veglia, “Tu sei i Figlio, l’amato” con le parole tratte dal brano del Vangelo di Marco appena proclamato e la testimonianza di Alberto, giovane universitario neofita.
La testimonianza di Alberto
«Qualche anno fa, sentivo che, oltre il soffitto, c’era il cielo e avevo il bisogno di cercare nel cielo oltre il cielo. Ero piccolo, ma questo cercare mi ha sempre accompagnato e provavo un’immensa nostalgia. Provengo da una famiglia non credente, ma il fascino che Gesù esercitava su mia madremi faceva pensare che un Dio esistesse. Affidavo a lui tutte le mie preoccupazioni: iniziai a frequentare la Messa, la Parola illuminava i miei passi, e quel colloquio diventava sempre più intimo», narra.

Poi, come sempre, i dubbi, le difficoltà, la fuga «perché avevo paura», ma anche l’accompagnamento di un sacerdote amico con cui rileggere il Vangelo più e più volte e le «parole della Scrittura che prima erano dure diventate dolci», il battesimo e l’avvicinamento al Gruppo vocazionale Samuele.
Infine, la consegna del Credo e la recita del simbolo della fede con i giovani che, al termine, paiono non voler lasciare mai il Duomo, con lo sguardo già ai prossimi appuntamenti loro rivolti ai quali dà voce don Como. L’iniziativa “Cardio – Per andare al cuore delle cose”, in programma dal 30 maggio al 2 giugno presso il Seminario di Venegono; il Giubileo dei giovani di fine luglio–inizio agosto a Roma con la canonizzazione di Pier Giorgio Frassati (le iscrizioni si chiudono il 27 aprile), e il 21 giugno la grande kermesse del “Festival della Speranza” a Lecco con la consegna del mandato ai giovani in partenza per il Giubileo.





