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Il fatto

Se l’Isis cancella la propria storia

Dopo le statue e i reperti del museo di Mosul, ora il Califfato ha distrutto l'importantissimo sito archeologico di Nimrud. Nel delirante progetto di azzerare il passato...

10 Marzo 2015

Prima le statue e i manufatti del museo di Mosul, adesso il prezioso sito archeologico di Nimrud, a poche decine di chilometri dall’attuale roccaforte in Iraq del Califfato islamico di Abubakr al Baghdadi. Continua a scatenarsi la cieca furia distruttrice dell’Isis, talmente insensata da diventare in questi casi “autodistruttrice”. Perché accanirsi contro le proprie radici e la propria storia significa in qualche modo negare se stessi.

Qui non siamo, infatti, di fronte ad una guerra iconoclasta nel nome di una pretesa “purezza religiosa”, cosa già deprecabile in se stessa, ma davanti ad un sommario tentativo di “azzeramento” dell’esistente con la delirante aspirazione a costruire un “mondo nuovo” (modellato sul “loro” Corano) sulle ceneri dell’attuale.

Niente di più sbagliato, l’Isis perpetra un’altra grave scelleratezza che lascia trasparire una radicata ottusità culturale. È la storia dell’umanità infatti a insegnare che non c’è alcuna possibilità di futuro senza accettazione e preservazione della memoria. Persino quando questa comportasse il peso di “cicatrici” incancellabili e imbarazzanti, come mostra la recente storia europea.

Non ci può essere futuro senza custodire ed interpretare le orme dei padri, lasciate durante secoli di civiltà, tradizioni ed arte, ispirati anche dalla fede religiosa. Le statue, le mura e gli altri reperti archeologici non offendono in alcun modo Dio (comunque lo si chiami), né lo potrebbero, poiché sono solo manufatti inermi. Ma la loro forza d’impatto, oltre al valore estetico, sta nell’esprimere la storia degli uomini che le hanno prodotte.

Con chi se la prende, dunque, l’Isis? Contro la storia, o peggio, contro la “propria” storia? Nessun mondo nuovo potrà nascere da chi continua a disprezzare e distruggere gli esseri umani e le loro “impronte”, con la tragica e demenziale scusa dell’infedeltà religiosa. “Distruggere” ciecamente non è mai “costruire”, neppure come premessa. Distruggere le proprie radici, poi, è autocondannarsi all’inaridimento e al dissolvimento. Nel caso del fenomeno “Isis”, cosa auspicabile, nel più breve tempo possibile.