Numerose sono le immagini che illustrano l’Assunzione della Vergine nel territorio della diocesi di Milano, fra chiese, santuari e musei. Molte di queste presentano un grande pregio artistico, così che si potrebbe tracciare un interessante itinerario mariano sul tema dell’Assunta in terra ambrosiana, attraverso i secoli.
In questo contesto segnaliamo soltanto alcune opere, “vicine” per epoca e sensibilità, anche religiosa, alla pala di Concorezzo, attribuita alla bottega di Paolo Veronese, che presentiamo nell’articolo di apertura di questa pagina.
E poiché quel dipinto è in deposito da Brera, possiamo partire proprio dalle sale della Pinacoteca milanese, dove s’incontra un affascinante capolavoro firmato da Giovan Battista Moroni ed eseguito attorno al 1570. In un atmosfera di smagliante nitore, Maria ascende verso una volta che pare d’oro massiccio, mentre gli angeli stessi s’inchinano al suo passaggio, non osando neppure sfiorarla: a terra, gli apostoli stupefatti segnano a dito l’evento, in un dialogo concitato di volti e di mani. La pala, come quella oggi a Concorezzo, giunse nella sede braidense nel 1811 a seguito della soppressione del monastero femminile di San Benedetto a Bergamo.
Proprio col Concilio di Trento, del resto, si assiste a un intensificarsi dell’iconografia dell’Assunta. Come testimonia, per rimanere a Brera, anche la tavola di Prospero Fontana, sempre datata al 1570, ma di scuola bolognese: qui la Vergine è accompagnata in cielo dalla consueta schiera di angeli, ma sotto di lei contemplano la scena non gli apostoli, come di consueto, ma un folto gruppo di santi, fra i quali si riconoscono Agostino (che molto ha scritto sul tema della morte e dell’assunzione di Maria), il Battista, Francesco e Chiara d’Assisi.
Curiosa e rara è invece l’Assunzione che possiamo ammirare al Museo Diocesano di Milano. Non tanto per la raffigurazione, piuttosto “canonica” (e ispirata al modello del Bergognone), quanto per il supporto su cui è realizzata: si tratta infatti di una coperta di messale (di 34 per 21 cm), riccamente ricamata a filo d’oro. Recenti scoperte d’archivio permettono di datare anche questo prezioso lavoro, un tempo facente parte del tesoro del santuario milanese di Santa Maria dei Miracoli presso San Celso, agli anni Settanta del XVI secolo.
L’autore del mirabile ricamo, realizzato probabilmente a partire da un disegno di Aurelio Luini, potrebbe essere allora identificato in Scipione Delfinone, il più celebrato fra i ricamatori dell’epoca, ricordato come primo rettore della prestigiosa corporazione milanese dei ricamatori, nonché consigliere dell’eccentrico gruppo letterario dei Rabish (“arabeschi”).