New Edition: New Rule. L'incontro di lunedì 4 giugno ha visto come ospite speciale il professore Fabrizio Pregliasco, virologo e docente dell'Università degli studi di Milano, direttore sanitario del Galeazzi, che ha spiegato la situazione attuale da un punto di vista scientifico, rispondendo alle domande poste dagli oratori che si stanno preparando all'imminente riapertura e a vivere la prossima Estate Ragazzi. Sul canale YouTube (Pastorale Giovanile FOM Milano) è a disposizione la registrazione della diretta.


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«Una vigile serenità»: è l’attenzione costante ad alcuni aspetti pratici, da attuare per riaprire gli oratori e vivere in sicurezza le attività con i ragazzi questa estate, senza lasciarsi dominare dai due estremi, ansietà da una parte o lassismo dall’altra. Pensare di dover rispettare diverse norme e protocolli potrebbe inizialmente spaventare ma, con le spiegazioni accorte degli esperti e un accompagnamento continuo degli uffici della Diocesi, si può comprendere come sia possibile applicarle; questo sarà possibile soprattutto grazie a un lavoro di rete e di alleanza che impegna e coinvolge l’intera comunità educante del proprio territorio.
Ricordiamo che FOM e Avvocatura sono sempre disponibili per chiarimenti o ulteriori domande: segreteriafom@diocesi.milano.it; avvocatura@diocesi.milano.it

New rule: Stay safe è la formazione igienico-sanitaria tenutasi lunedì 8 giugno, realizzata con la competenza del prof. Fabrizio Pregliasco: virologo, direttore sanitario dell’IRCCS Istituto ortopedico Galeazzi di Milano e docente di Igiene generale e applicata nell’Università degli studi di Milano. Il suo intervento rientra all’interno del percorso formativo NEW EDITION, fondamentale per tutti gli educatori e i volontari che si metteranno a servizio in questa Estate Ragazzi. Il webinar è stato organizzato come un dialogo con un educatore – Matteo – che si appresta a preparare l’esperienza estiva Summerlife e formula al virologo le sue e le nostre domande. Le parole del professore ci incoraggiano a riaprire i nostri oratori ai ragazzi, permettendo loro di vivere in sicurezza e con una grande serietà alle attenzioni previste, un’esperienza indimenticabile per la propria crescita di vita e di fede, con la proposta «Summerlife – Per fare nuove tutte le cose».

«Questo virus ci ha colti di sorpresa – introduce il prof. Fabrizio Pregliasco, membro del Comitato Tecnico Scientifico regionale – A che punto siamo ora non è facile dirlo, rispetto a una prospettiva del futuro. Di sicuro siamo nella coda della diffusione dell’ondata: un vero e proprio “tsnunami”, che si è abbattuto in particolare nella nostra Lombardia, dove il virus era entrato sicuramente molto prima del cosiddetto “caso 1” diagnosticato a Codogno il 21 febbraio. Ha causato una sofferenza indicibile, soprattutto per le persone più avanti con l’età, più fragili e aggredibili dal virus arrivato fino a noi – con uno stress del sistema sanitario nazionale e regionale enorme per approntare cure ed interventi. Dai dati, anche di questi giorni, si nota come ancora la Lombardia “stacca in avanti” rispetto alle altre Regioni per il numero di nuovi casi, in alcune province in particolare: Bergamo, Brescia e Milano – l’ultima frontiera della diffusione e della lotta contro il Coronavirus. La situazione non è a “rischio zero”: avrebbe necessitato un lockdown impossibile da attuare, oltre alle sofferenze sanitarie le pandemie producono pesanti effetti psicologici ed economici; diverse persone si son ammalate ancora o son venute a mancare. Il punto importante evidenzia però che nonostante le due aperture (4 e 18 maggio) non c’è stato un innalzamento: il trend è negativo e persiste un abbassamento dei casi progressivo. Siamo in attesa di capire se l’ultima apertura, del 3 giugno, potrebbe determinare dei rialzi. Per precauzione dobbiamo prepararci a uno scenario pesante, potrebbe esserci una seconda ondata – non è una cosa certa, si rifà alla storia di altri virus nel passato – ma a questo punto dobbiamo pensare di gestire i possibili focolai, con un’organizzazione a livello nazionale, e regionale nello specifico, oggi pronta a poter affrontare questa tipologia di rischio. Quello che si sta vedendo adesso è l’effetto del paradosso della prevenzione, con alcune persone che dai social o dalle comunicazioni che circolano si convincono che il lockdown e le misure di prevenzione abbiano fatto sparire il virus, pensando così che sia finito. La situazione invece ci deve portare a convivere con una vigile serenità, in quella che dev’essere una ripresa, seppur condizionata da queste norme e attenzioni, della normalità».

 

Rispetto alla prevenzione di un possibile contagio, quali sono le azioni quotidiane per esprimere questa “vigile serenità”?

«Vedo azioni diversificate: persone che per un “effetto capanna” sono rimaste in casa, hanno paura di uscire, usare l’ascensore per rientrare in casa, perchè il lockdown e l’infodemia con cui abbiamo vissuto in questo periodo hanno creato ansia e grande preoccupazione; e poi c’è una quota di persone – troppe – “sportive” che portano la mascherina sotto il naso (se la portano), o diventano anche negazionisti e complottisti. Il problema sta nell’attuare un approccio medio di buon senso, rispettando e attuando le norme di distanziamento, lavaggio accurato delle mani, mascherine – coniugandole al contesto contingente. Ognuno di noi deve compiere una serie di azioni che possono essere in qualche modo compatibili con una qualità e una ripresa della vita ma in un’ottica di responsabilità personale. Come succede con l’influenza normale, che quando ci ammaliamo dovremmo stare a casa, qui con il Coronavirus l’attenzione agli altri dev’essere più stringente perché rischiamo noi, le persone che stanno vicino a noi e la comunità. Un elemento di responsabilità: è chiaro che non si può sperare che la totalità delle persone lo attui però la speranza è che vi sia una grande maggioranza degli italiani che abbiano e continuino ad avere queste attenzioni. Se si attuano sistemi troppo draconiani e pesanti alla fine non li si rispetta, quindi bisogna appunto attuare quelle cose che possono essere sostenute nel tempo perché questo virus potrebbe circolare tra noi per un anno o due – con una effettiva disponibilità del vaccino per tutti noi singoli cittadini non prima di quel periodo. Quindi dovremo continuare a convivere con questo virus, con un andamento probabilmente cosiddetto endemico, cioè con qualche possibile focolaio da saper gestire e controllare: come negli incendi, si ferma il fronte principale ma delle braci possono riemergere».

 

Abbiam parlato di due estremi: da chi fatica a prendere l’ascensore e bambini che hanno paura ad uscire di casa; all’opposto, persone che credono che il virus sia scomparso o addirittura mai esistito oppure che pensano “tanto a me non capita o se capita a me cosa vuoi che sia un’influenza”.
Siccome quest’estate probabilmente ci troveremo di fronte anche a dei ragazzi, soprattutto i più grandi, che avranno questo tipo di idee, quali consigli sente di dare a noi educatori e adulti che staremo con questi ragazzi, in oratorio ma anche al di fuori? Vediamo tanti ragazzi in giro nei paesi e nelle città, e ora che la scuola è terminata aumenteranno ancora di più, spesso senza rispettare le misure previste.

«I giovani sembrano meno colpiti ma in realtà non è così: abbiamo sentito recentemente del giovane di 18 anni che si è ritrovato con il polmone bruciato dal Covid-19 e a cui han dovuto intervenire con un incredibile trapianto polmonare; è vero però che per i giovani si tratta di una probabilità bassa perché questa patologia è “perfida” avendo una bassa probabilità e rischio specifico; ma si è presentata in modo massivo e quindi, seppur statisticamente gli effetti pesanti sono pochi, nel momento in cui hanno colpito in modo intenso e sistematico si sono visti gli effetti cumulativi; soprattutto nei soggetti più fragili, con cosiddette comorbilità: patologie come diabete, ipertensione, sovrappeso e altre, che colpiscono con maggiore probabilità tipicamente dai 60 anni in su. Quindi il problema di responsabilizzare i più giovani non è facile: non è sufficiente l’informazione, ci vuole la comunicazione corretta e l’educazione alla salute e allo stile positivo di un’attività e di un comportamento di tipo igienico-sanitario. Come per i fumatori non è detto sia sufficiente dimostrare che fumare fa male; in questo caso alcuni non prestano attenzione ad aspetti di prevenzione e non considerano il rischio che può far male a se stessi, alla propria famiglia, e soprattutto ai componenti più fragili come ad esempio, i nonni dei ragazzi dei nostri oratori. Occorre far loro capire che un comportamento sbagliato ha un effetto sulla comunità complessiva».

 

Ha usato un termine molto adatto anche alla nostra estate: educazione allo stile positivo. Ci potrebbe dare delle linee guida per l’educazione all’utilizzo di un dispositivo fondamentale: le mascherine? Dal mantenerla durante il giorno, alla gestione durante le attività sportive ecc. Molte volte si rischia di essere anche qui trincerati su due poli opposti: chi troppo restrittivo e chi troppo permissivo.

«Non è facile, si tratta di trovare una strategia comunicativa che non sia anche svilente o solo punitiva, ma davvero si esprima in termini positivi, trovando le modalità per richiamare in modo più tranquillo e non aggressivo, ma assertivo. Questo elemento, la mascherina, in Lombardia per ora è obbligatorio anche all’esterno, magari nel prossimo futuro si potrà arrivare come in altre Regioni a dire che la mascherina serve nel momento in cui non si riesce, sia all’interno sia all’esterno a mantenere la distanza richiesta e dove c’è prolungato contatto interpersonale – quindi anche negli spazi aperti, che per gli oratori dovranno essere l’ambiente e il luogo più importante da utilizzare, tempo permettendo. Il problema riguarda più che altro la gestione: quando la si toglie in attesa di rimetterla, perché la parte superficiale della mascherina potrebbe essere contaminata, è anche vero che in una situazione attuale la possibilità di una contaminazione superficiale è estremamente bassa. Dobbiamo immaginare aspetti rituali, uno stile di adozione che sia ragionevole e condiviso da tutti gli adulti di riferimento, in termini di esempio e applicazione. La mascherina andrebbe anche cambiata nell’arco della giornata; adesso si usano anche quelle più colorate e riutilizzabili, da gestire anch’esse con attenzione dal punto di vista igienico e prevedendo il lavaggio con eventuale disinfezione o spray lasciato agire per un po’ di tempo. Non è facile avere un buon quantitativo di quelle chirurgiche, anche quelle lavabili possono essere un buon dispositivo per l’esterno ma è sicuramente importante lo stile complessivo: attenzione al distanziamento, gruppi stabili e le altre norme di igiene. Occhio ai guanti, da usare solo in condizioni particolari: se non li si toglie bene si rovina il lavoro svolto, danno un senso di falsa sicurezza e l’OMS ha ribadito che è meglio lavarsi le mani con acqua e sapone – gel come elemento complementare. Non è come per l’epatite virale che i guanti servono per evitare la contaminazione del sangue sulla cute non integra, l’importante in questa situazione è che le mani con magari tracce di goccioline infette non arrivino a bocca, naso e occhi, quindi occorre lavarsi le mani con attenzione e con frequenza».

 

Lavaggio delle mani: ci spiega la differenza tra lavare le mani con acqua e sapone o con il gel, molto utilizzato in questo periodo?

«Il gel dev’essere considerato un’alternativa quando non è disponibile l’acqua corrente e il sapone: come elemento complementare, perché il gel e il sapone trascinano via, annientandolo, il biofilm; i batteri vivono in una parte di sporcizia grassa che serve come schermo protettivo. Acqua e sapone – e anche il gel, ma c’è bisogno di un’altissima concentrazione di alcol per ottenere lo stesso effetto – lavano via la gran parte della carica batterica sulle mani. La disinfezione avviene molto meglio su una mano o su un oggetto quando è pulito perché se no il principio attivo del gel viene in parte consumato dalla sporco. Se non c’è acqua corrente e sapone a disposizione, può essere utile il gel come elemento alternativo, da intervallare ad un lavaggio delle mani fatto bene. Sì, bisogna lavarle bene le mani, non come capita, a volte, con una “risciacquatina veloce”: prima occorre umidificare le mani, poi contare 30 secondi nel momento dell’insaponatura, prestando attenzione, in un rituale altrimenti banale e inefficace, agli spazi tra le dita, e a un lavaggio accurato».

 

Ci ha parlato di buone pratiche verso la persona, ma una delle difficoltà più grandi riscontrate in dialoghi riferiti alla questione degli oratori e dei centri estivi è quello degli ambienti. Cosa significa nella pratica igienizzare gli ambienti usati per le attività? Quali sono le modalità e gli strumenti più adatti, senza aver troppa paura di non essere in grado di approntarli o pensando di poter tralasciare questo aspetto?

«Riprendendo i documenti del Decreto del Ministero dell’Istituto Superiore della Sanità viene ribadito per i vari principi attivi da utilizzare, che, quando ci si riferisce a superfici metalliche e in vetro va benissimo un detergente neutro e un disinfettante come l’ipoclorito di sodio o l’etanolo, sul legno l’etanolo. Nell’ambito dei servizi, per quanto possibile, privilegiare l’uso dell’ipoclorito di sodio con una concentrazione indicativa almeno dello 0.1%. Sono elementi di buon senso; una buona sanitizzazione, ribadendo il concetto dell’igiene delle mani, va attuata più stringentemente nell’ambito dei servizi: la via di trasmissione principale è con il droplet per via diretta, ma anche per via indiretta attraverso le mani, il rischio attraverso le feci non è completamente definito ma c’è sicuramente. Si deve procedere a una pulizia attenta, stringente, meglio se documentata, nell’ambito di un piano di igiene e sanificazione, e, successivamente, l’applicazione di un disinfettante. Nelle situazioni più a rischio si potrebbe prevedere un’operazione iniziale di bonifica, cioè un utilizzo iniziale di un disinfettante per ridurre la carica batterica e virale, poi pulire per asportare con il tensiattivo, lavando via il materiale grasso, poi la disinfezione. Per i pavimenti si può procedere ad un doppio passaggio, prima il lavaggio, poi la disinfezione».

 

Questo ragionamento vale anche per strumenti, materiali, giochi e palloni che si andranno ad utilizzare, con le giuste precauzioni? È fondamentale lavare questi oggetti?

«Le indicazioni contenute nei paragrafi per le palestre valgono anche, per un concetto simile, per i materiali per gli oratori: non si tratta di attrezzi ginnici ma palloni o altri oggetti ludici. È necessaria un’attenzione sistematica, che si può fare tramite un panno con del disinfettante prima della riposizione a fine giornata oppure tra un turno o un utilizzo e l’altro dei gruppetti dei ragazzi».

 

Riguardo i bambini, si è parlato tanto del loro rapporto con questo virus, si ammalano di meno ma sono portatori? Potrebbe essere rischioso per le famiglie più che per loro? Com’è il rapporto bambini e virus?

«Ci sono ancora dati contrastanti, alcuni studi dicono che i bambini non si ammalano e hanno una carica virale bassa quindi sono meno contagiosi. Di sicuro però la loro asintomaticità è un grande rischio perché, ovviamente, se una persona adulta ha febbre, tosse, o altre manifestazioni cliniche, si sta più attenti da un punto di vista pratico: la sintomatologia evidenzia un potenziale rischio di aver contratto il virus. Un asintomatico che bacia la nonna, in qualche modo è un possibile untore verso la nonna; davvero dobbiamo considerarci tutti soggetti infetti. La mascherina ha una capacità protettiva ma protegge di più dal rischio di trasmettere all’esterno rispetto alle goccioline acquisite dall’esterno. Il concetto applicato con la diffusione della malattia è che in questa fase di diffusione e di rischio ampio dobbiamo considerarci tutti soggetti infetti e contagiosi.
Portando tutti la mascherina e applicando il distanziamento siamo noi che proteggiamo gli altri!
Presumibilmente la gran parte di noi è sana, non infetta ma solo applicando in modo statistico e grazie alla maggioranza delle persone otterremo quello che con le fasi di lockdown siam riusciti a fare, cioè abbassare la capacità diffusiva di questo virus».

 

Per noi adulti che andremo a stare tanto con i bambini e con altre persone (anche se a distanza), a cosa dovremo porre più attenzione del nostro corpo, per monitorare e per avere un allarme, in caso di cambiamenti – prendendo consapevolezza che forse mi sta capitando qualcosa ma senza aver ansia?

«La situazione non è facile perché lavorando e vivendo in un contesto di rischio, il guaio è che il primo giorno si sta molto attenti, il secondo attenti, il terzo giorno ci si dimentica delle cose perché ci si abitua al rischio. La prima volta si esce guardinghi, poi si commettono imprudenze. Il problema è riuscire a mantenere uno standard di attenzioni. La sintomatologia inoltre è molto variabile e non è facile individuarla completamente: è chiaro che le indicazioni di un caso sospetto ormai sono ben note, febbre oltre 37.5 (ma che non c’è in tutti) e altre sintomatologie più variegate, in alcuni soggetti forme di congiuntiviti, o perdite di capacità di gusto e olfatto. La probabilità di ammalarsi è limitata ma occorre attenzione».

 

Quali comportamenti adottare se in una giornata di centro estivo qualche bambino evidenzia qualche sintomo generale come mal di testa, raffreddore ecc.?

«Si manifesta l’esigenza di una gestione che non sfoci in una situazione di isteria esagerata perché anche in estate forme respiratorie possono esserci; si tratta, come burocraticamente è previsto dall’ordinanza, di un lavoro di rete preventivo con le famiglie, gli educatori e la struttura, per trovare un approccio soft e non di isolamento per un raffreddore che magari non è Covid. Approcciare una sintomatologia respiratoria con una buona attenzione. Se riteniamo contagioso un asintomatico, potrebbe essere un vero untore una persona che presenta una sintomatologia tipica con tosse, starnuti, e diffonde goccioline di droplet infette in giro».

 

Le misure che ha chiamato di buon senso (uso mascherina, distanziamento, lavaggio mani): dovremo portarle avanti per tanto tempo, senza mai abbassare la guardia?

«Con un livello che sia accettabile per una vita di relazione ma sono da attuare sempre. Il distanziamento di 1 m è già di per sé solo un fatto statistico, le goccioline di droplet si spargono in avanti in media di 1,80 m: un metro è il compromesso che prevede un rischio, poiché è difficile stare tutti a due metri di distanza. Adottiamo un compromesso realistico e una vigile serenità ma continuativa, il virus continuerà a circolare tra di noi, penso per un anno o due».

 

Mentre si gioca i bambini devono usare la mascherina?

«Dipende dalla tipologia di gioco, se c’è sforzo fisico e aumento frequenza respiratoria, non vale la pena. Utilizziamola nei momenti giusti e con la dovuta attenzione».

 

Si possono utilizzare oggetti che si passano tra le mani, come palloni?

«La situazione è un po’ a rischio – anche negli stabilimenti balneari beach volley ecc. forse ce li scorderemo quest’anno – ma il rischio si può arginare se si tratta, in termine di rituali, nel prevedere come per la pulizia delle mani anche l’igienizzazione della palla, e poi una bonifica. Troviamo un equilibrio di buon senso: impedire è quasi peggio che concedere con misura».

 

Per il lavaggio mani: è opportuno invitare i ragazzi a lavarsi le mani periodicamente durante il giorno?

«Magari è meglio inserirlo in una attività educativa, piuttosto che imporla ogni tot, ma un educatore sa meglio come regolarsi».

 

Molte persone over 60 si sono rese disponibili per l’esperienza estiva: è possibile, meglio di no?

«Le raccomandazioni formali dicono che è meglio di no, ma quanti nonni sono utili assistenti familiari e hanno un grande desiderio di stare con i nipotini? Entra in gioco l’aspetto di valutazione di buon senso dell’ultrasessantenne rispetto alle proprie condizioni cliniche, le cosiddette comorbilità. Il rischio un po’ c’è ma togliendo le persone over 60enni il vissuto degli oratori va a perdere competenze e presenze importanti in termini operativi e d’esempio. Si tratta ancora una volta di buon senso: chiaro che per una persona ipertesa, in sovrappeso o con diabete scompensato, sarebbe sconsigliato un aiuto in termini di servizio con i ragazzi, quest’anno».

 

Tra animatori o allenatori dei bambini e ragazzi torna l’idea di poter far tornare i ragazzi a fare giochi e sport a contatto, è possibile magari nel piccolo gruppo?

«Se in una fase iniziale si pongono in maniera adeguata delle regole, rituali, momenti e attenzioni; allora perché non concedere gradualmente in gruppi omogenei attività di questo tipo?».

 

“App Immuni”: cosa ne pensa, la consiglia?

«Sono uno dei fautori di questo approccio, un elemento complementare, non panacea, che prevede la responsabilizzazione della persona a cui perviene la segnalazione di un contatto stringente con una persona positiva a meno di due metri di distanza per più di 15 minuti. Può aiutare per effettuare un controllo sulla malattia e nel futuro: la scommessa è insistere molto sulla responsabilizzazione del cittadino – di tutti, e in particolare di chi è malato, si sente malato o è entrato in contatto – e sull’organizzazione del sistema sanitario nazionale che deve avere una buona capacità di tracciamento».

 

Piscina, sì o no?

«L’ambiente è caldo-umido, sono più a rischio gli spogliatoi; nell’acqua clorata il virus non sopravvive, al limite occorre prestare attenzione a eventuali goccioline che possono diffondersi nella zona a bordo piscina».

 

Se un bambino risulta positivo, cosa succede al gruppo, quali comportamenti adottare?

«Occorre attivare l’ATS del territorio che prevede un’indagine epidemiologica per individuare e circoscrivere i soggetti a rischio e i contatti, seguendo le loro indicazioni».

 

 

Si chiude così il secondo e importantissimo appuntamento di NEW EDITION, in preparazione all’Estate Ragazzi e alla riapertura dei nostri oratori.

Altre domande e risposte saranno pubblicate nella pagina delle FAQ, in continuo aggiornamento.

In questo «qualcosa di inedito» ci concentriamo ancora una volta sull’attenzione che abbiamo nei confronti dei ragazzi, attraverso lo strumento bellissimo dell’oratorio, rispettando tutte le norme e le indicazioni date. Trovare modalità intelligenti, facendo rete e coinvolgendo molte figure maggiorenni per la gestione dei piccoli gruppi, in alleanza con tutti, è la proposta che permetterà ai ragazzi di vivere «Summerlife» – l’iniziativa di Odielle per tutti gli oratori della Lombardia.
Tutta la modulistica necessaria per presentare il progetto e avviare le pratiche per l’Estate Ragazzi, con le dichiarazioni e i criteri di selezione, è a disposizione sul nostro sito; sul sito www.libreriailcortile.it si possono ordinare magliette, gadgettistica e materiale per preparare gli ambienti e per l’igienizzazione. Il sito ufficiale www.summerlife.it viene continuamente arricchito di materiali, in particolare nella sezione Animazione sono presenti schede per le varie fasce d’età, giochi, proposte di animazione a distanza dei 14/15anni e, per gli adolescenti, schede di attività e buone pratiche per comprendere il loro ruolo, attivo e propositivo, anche in questa Estate Ragazzi.

 

Il prossimo incontro di NEW EDITION, sarà venerdì 12 giugno alle ore 20.45, con un nuovo webinar che ci permetterà di entrare nel cuore della proposta SUMMERLIFE: la presentazione del tema e della proposta.
Invitati privilegiati educatori, responsabili e coordinatori dell’esperienza estiva, si possono coinvolgere anche gli animatori 16/17enni che si metteranno in gioco per l’animazione dei piccoli gruppi nelle prossime settimane: l’iscrizione è libera e gratuita tramite il sito www.oramiformo.it.

 

 

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