Una grande partecipazione per il quarto Convegno "Professione oratorio", dedicato alla figura dell’educatore professionale e retribuito in oratorio. Venerdì 3 marzo 2023, presso la sede di Caritas Ambrosiana, il sociologo e ricercatore Stefano Laffi ha guidato la riflessione su come aiutare ragazzi e ragazze, soprattutto preadolescenti ed adolescenti, a come costruire le loro narrazioni attingendo dai prodotti culturali attuali.


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Il quarto Convegno di “Professione oratorio”, preparato dalla Fom con il Tec (Tavolo Enti Cooperative), ha voluto mettere a fuoco un aspetto particolare e urgente per i cammini delle comunità cristiane oggi, lì dove sono impegnate nell’impresa dell’educare alla fede i ragazzi, i più giovani, chiedendoci se e come l’oratorio può “fare cultura” con i preadolescenti, adolescenti e gli educatori.

«Perché l’ambiente ecclesiale, anche a livello di oratori (come luoghi preposti alla formazione dei ragazzi, dei giovani), che ha come sua azione fondativa il culto, si mostra sempre più difettoso nell’essere atelier di cultura? – chiede don Mario Antonelli, Vicario episcopale per l’Educazione e la Celebrazione della Fede -. Ci è stata sottratta quell’egemonia nel produrre cultura e diffonderla, e ci ritroviamo in ritirata rispetto all’onere divino di fare cultura. Dobbiamo smentire questo: tocca a voi, – ha ripetuto don Mario Antonelli agli educatori professionali e retribuiti in oratorio intervenuti venerdì 3 marzo, presso la sede di Caritas Ambrosiana – come protagonisti e attori particolarmente qualificati, in quell’intreccio di passione e competenza che mettete in gioco, affermare che abbiamo il diritto di interessarci di tutte le cose e cantare e sillabare il nome santo di Dio, indagando le cose nella loro storia, nel loro mutare, nei loro strappi e nelle loro fratture, nei loro codici sociali ed etici».

 

«C’è un riconoscimento nei vostri confronti – evidenzia don Stefano Guidi, direttore della Fom -, c’è il desiderio di approfondire sempre di più il ruolo degli educatori retribuiti in oratorio, di considerarvi non strumentali ma sempre di più capaci di intuire quei percorsi di Chiesa che si stanno vivendo, negli itinerari educativi, e di interpretarli con una particolarità specifica» alla base dell’idea del Convegno, che dopo lo scorso anno con ancora la possibilità del collegamento da remoto è tornato totalmente in presenza nella partecipazione. «Sottolineando il compito che ciascuno di voi gioca nella vita degli oratori ed il cuore di quello che vogliamo costruire, il Convegno si configura come un momento di raccolta, sintesi e rilancio dentro una dinamica di riconoscimento stretta e solidale».

 

Un tema “di frontiera”, per certi versi, per Stefano Laffi, sociologo e ricercatore sociale presso l’agenzia “Codici” di Milano, che guida la relazione della mattinata offrendo strumenti critici, stimolando la riflessione del confronto a gruppi.

Partiamo dalle grandi domande, più o meno sospese, dei ragazzi e delle ragazze, dalle loro istanze, da conoscere o intuire dai loro comportamenti. Il mondo è cambiato: i ragazzi fanno cultura, non solo la consumano, oggi. Nella complessità del mondo in cui viviamo, l’incertezza volatile che abita il cuore dei ragazzi e delle ragazze e dall’altro il loro desiderio forte di sognare il “futuro”, che è una delle loro parole più ricorrenti, è l’elemento ci invita a lavorare e a impegnarci per aiutarli, attraverso qualsiasi tipo elaborazione (delle arti, delle tecniche, dei saperi) e nella cura dell’esito oltre che del processo, «per interrogare il mondo in cui si vive e rispondere alle grandi domande da cui sono attraversati. I ragazzi si descrivono a partire da quello che sentono. Di quali storie si nutre il loro immaginario? Quali sono i mondi in cui gli adolescenti sono “gettati”? Non hanno scelto niente, né di nascere, né il luogo in cui sono, la famiglia in cui si trovano, il contesto in cui vengono proiettati, il quartiere… quello in cui si trovano è oggetto di qualcosa più grande di loro che li ha preceduti. Hanno sempre questa grande domanda: che ci faccio io qui?».

In un tempo di incertezze, in cui è evidente la loro difficoltà a collocarsi e in cui mancano sufficienti riferimenti (non hanno ancoraggi forti), quali esperienze culturali possono essere compiute soprattutto con preadolescenti e adolescenti?

Cercando i loro materiali narrativi che nutrono l’immaginario di modelli, sogni, esempi, progetti, fantasie… nei prodotti culturali attuali (musica, serie tv, social, sport, cucina, arte, teatro, ecc.), insieme a loro, possiamo accompagnarli a raccontarsi, ad acquisire la consapevolezza per scrivere la propria storia, restituendo loro la sensazione che abitare questo mondo è ancora possibile.

«Di fatto il materiale culturale è un medium, come educatore ho l’obiettivo di utilizzarlo per consentire loro di costruire un racconto di sé, comprendersi e capire in che mondo sono», ha aggiunto Stefano Laffi. Questo tipo di lavoro – anche contro le bolle rassicuranti create dall’algoritmo, che fa credere che tutto è come siamo noi, confermando e rispecchiando narcisisticamente con materiali celebrativi quello che pensiamo -, è una sfida provocante e impegnativa, un obbligo costruttivo a ripensare il progetto dei nostri oratori imparando a considerare la componente culturale, abitando il vissuto culturale dei ragazzi e delle ragazze.

 

«I nostri oratori possano qualificare come un lavoro educativo questa ricerca dentro le domande vitali di un preadolescente e un adolescente, recuperando anche la riflessione sull’ospitalità che abbiamo proposto per l’Assemblea degli oratori – ha concluso don Stefano Guidi -. Portiamo dentro nei nostri oratori un po’ del “provarci” respirato e condiviso. Come educatori professionali e retribuiti abbiamo il compito di portare un po’ di “inquietudine” e di passione intelligente nei nostri oratori».

 

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