L’Ordo Virginum milanese ha dedicato il suo ultimo incontro alla riflessione sul futuro dell’Europa, tra speranza e responsabilità. Con Fabio Pizzul, si è discusso del ruolo dei cristiani nella costruzione di un’Europa unita, solidale e capace di pensiero profondo

Nell’ultimo incontro di formazione permanente dell’Ordo Virginum milanese, svoltosi il 10 maggio scorso, è stato scelto di affrontare un tema socio politico, come espressione del radicamento nel mondo di questa forma di consacrazione e della partecipazione a tutto tondo alla società a cui si appartiene.
A fare da sfondo all’incontro, che si è concentrato sulla tematica europea, sono state la parola “speranza” e la pagina di Vangelo di Gv 15,9-17, e con questa sensazione di positività è stato chiesto il contributo di Fabio Pizzul, presidente della Fondazione Ambrosianeum, già presidente di Azione Cattolica Milanese, e candidato alle elezioni europee del 2023 dopo tredici anni nel Consiglio Regionale Lombardo.
Perché l’Europa? A 80 anni dalla fine della seconda guerra mondiale, con un conflitto che si sta consumando alle sue porte e nazionalismi sempre più convinti al suo interno, l’Europa si trova di fronte a una scelta cruciale: soccombere alla paura o riscoprire lo slancio dei suoi padri fondatori. Come evidenziato da Fabio Pizzul, è necessaria una “rivoluzione di pensiero” per superare l’attuale appiattimento sul presente e l’isolamento. La paura, infatti, ci porta a considerare il prossimo come ostile, mentre la mancanza di pensiero profondo alimenta un futuro incerto.
Il sogno europeo nasce da profonde radici culturali e spirituali, che hanno permesso di superare secoli di conflitti. Dal 1945, l’Europa occidentale ha goduto del più lungo periodo di pace della sua storia, un risultato non casuale, ma frutto della visione di statisti come Schumann, Adenauer e De Gasperi. Uomini di confine, capaci di vedere la diversità non come ostacolo, ma come opportunità di scambio e crescita.
Anche il magistero papale offre una guida preziosa. Giovanni Paolo II, già nel 1988, auspicava un’Europa unita e aperta, capace di riconciliare l’uomo con se stesso, con la creazione e con i suoi simili. Benedetto XVI ha sottolineato l’importanza di accettare la multiculturalità senza perdere la propria identità, ribadendo il motto dell’Unione Europea: “Unità nella diversità”. Francesco, infine, ha invitato a superare la paura di un’Europa ripiegata su sé stessa, promuovendola come “portatrice di scienza, di arte, di musica, di valori umani e anche di fede”, un “punto di riferimento per tutta l’umanità”.
Nonostante le critiche, il sogno europeo si è concretizzato in realtà tangibili. L’euro, ad esempio, ha creato una zona economica stabile senza ricorrere alla guerra. La possibilità di viaggiare senza frontiere con voli low cost è un’altra conquista impensabile senza l’Europa. L’Europa vanta oggi la speranza di vita media più alta al mondo e condizioni di salute superiori ad altri continenti, democrazia e libertà di espressione. L’Italia stessa, da paese devastato dalla guerra, è diventata una delle maggiori economie mondiali anche grazie al contesto europeo.
Durante la pandemia di COVID-19, l’Europa ha dimostrato la resilienza delle democrazie rispetto ai regimi autoritari. Ha investito nella ricerca di vaccini, creato una rete di emergenza e lanciato il Next Generation EU, dimostrando una capacità di risposta rapida ed efficace. Il Parlamento Europeo, lavorando in remoto, ha garantito la democraticità delle decisioni.
Tuttavia, sono necessarie riforme istituzionali. La complessità percepita delle istituzioni europee è spesso frutto di una scarsa conoscenza e di una narrazione fuorviante che mira a creare sospetto. Il vero problema risiede nel “metodo intergovernativo”, che richiede l’unanimità dei Paesi membri per le decisioni più importanti, bloccando di fatto il progresso dell’Unione. Questo approccio, che erode la democrazia dall’interno, rischia di trasformare il sogno europeo in un incubo.
Il Parlamento Europeo ha già proposto una modifica dei trattati per superare l’unanimità. Il futuro dell’Europa dipenderà dalla capacità dei Paesi membri di abbracciare questa visione e di superare i veti incrociati, per un’Europa più efficace e unita.