«Bisogna trovare una via per dare una mano a Basso
senza ledere quanto dicono i regolamenti. In questi giorni
gli entusiasmi di certe vigilie di Giro non li ho francamente
avvertiti. Ed è un peccato, perché si tratta della manifestazione
più popolare del nostro Paese: nessun evento suscita tale amore.
Un bene da rispettare e che non può sopportare altri traumi»
di Mauro Colombo
«Ivan ha fatto esattamente quello che tutti chiedevano a Pantani e che Marco non fece: ora, lo chiedo a nome del ciclismo, non lasciatelo solo». Dopo gli ultimi sviluppi del caso-Basso, questo l’appello di Renato Di Rocco, presidente della Federciclismo, a cui si è subito associato Angelo Zomegnan, direttore dell’organizzazione del Giro d’Italia.
Nell’editoriale della Gazzetta dello Sport all’indomani della “confessione” di Basso, Candido Cannavò ha ammesso la «voglia di tendergli la mano»… «Il mio, però, non è stato un appello, ma il riconoscimento morale di un atto di coraggio – precisa l’ex direttore della “rosea” -. Bisogna trovare una via per dare una mano a Basso senza ledere quanto dicono i regolamenti. Il problema è coniugare questo sentimento di solidarietà con la necessità di proseguire senza cedimenti la lotta al doping».
I corridori italiani hanno vinto la metà delle recenti classiche del Nord, eppure nelle ultime settimane si è parlato molto più di inchieste che di corse. È questa la debolezza del ciclismo?
Beh, quando è scoppiato Moggiopoli si è parlato solo di intercettazioni e non più di partite… Del resto non è improprio: o il ciclismo cambia e si “reinventa”, mettendo per sempre al bando il doping, oppure corre seriamente il rischio di morire, malgrado l’affetto smisurato di cui ancora gode presso la gente. Inutile illudersi, ancora più sbagliato nascondersi.
Alla tragedia di Pantani il ciclismo “reagì” scoprendo Cunego. C’è bisogno di nuovi eroi?
Purtroppo gli eroi che si propongono vengono ormai visti con un certo sospetto. C’è un sottofondo di dubbio che incrina l’entusiasmo iniziale. Non potrebbe essere altrimenti visto, quanto è successo ai vincitori di tutti e tre i grandi Giri nazionali degli ultimi anni…
Alla presentazione del Giro 2007 lei disse che questa corsa è troppo bella per essere macchiata…
In questi giorni gli entusiasmi di certe vigilie di Giro non li ho francamente avvertiti. E lo dico con grande dispiacere, perché per me il Giro è un patrimonio di famiglia. I suoi valori restano quelli di trenta, quaranta, cinquant’anni fa. Sul piano popolare è forse la più bella manifestazione in assoluto del nostro Paese, perché nessun altro evento suscita per 22 giorni un tale amore.
E con quale stato d’animo, allora, lei si mette in carovana quest’anno?
Il Giro ha tanti aspetti che meritano la nostra fiducia. Nel cuore c’è un po’ di timore, ma c’è anche la speranza che il mondo che popola la corsa capisca che si tratta di un bene da rispettare, ma che al tempo stesso non può sopportare altri traumi. E che perciò non merita di essere tradito.