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Verso Londra 2012

La “grana” del portabandiera

Chi sarà l’alfiere azzurro ai prossimi Giochi olimpici? Dalle polemiche sulla rinuncia della Pellegrini alla ricerca di un’alternativa

di Leo GABBI

14 Novembre 2011
The Olympic (L) and Chines flags flies as Chinese spectators watch the handing over ceremony of the Olympic Flame to China for the 2008 Games in Beijing at the Panathinaikon stadium in Athens on March 30, 2008.  Some 2,000 Greek police officers have been deployed to Athens to patrol around the city as sporadic protests by pro-Tibetan activists and Greek leftists erupted along the torch relay route through Greece this past week. AFP PHOTO/ Louisa Gouliamaki

Dovrebbe essere il momento più alto per la vita di un’atleta, forse anche più radioso dell’impresa agonistica stessa: eppure per l’Italia e per qualche suo atleta tra i più significativi persino un ruolo di altissimo onore come quello di portabandiera alle prossime Olimpiadi di Londra 2012 può diventare un problema. D’altronde siamo la Nazione dove alcuni partiti politici hanno apertamente dichiarato che non tifavano Italia durante precedenti competizioni (leggi Mondiali di calcio), mentre si fa sempre una fatica terribile a cantare in almeno quattro o cinque l’inno di Mameli prima di una partita.

Il fuoco alle polveri l’aveva innescato Federica Pellegrini: quella che è forse la nostra più grande nuotatrice di tutti i tempi, aveva pure motivato un suo possibile rifiuto con un distinguo di carattere tecnico: «Chi non capisce che per me stare 8 ore in piedi il giorno prima della gara olimpica (che preparo da 4 anni) è impossibile, o non è dotato di molta intelligenza, o non sa cosa vuol dire stare 8 ore in piedi». E racconta, rivolgendosi ai suoi fans, che finora, per questi motivi, nonostante le due Olimpiadi alle spalle, non era mai riuscita a vedere una cerimonia di apertura. Naturalmente, apriti cielo: le polemiche sono grandinate su tutti i media, c’è chi ci ha visto una congiura “padana”, chi una scarsa sensibilità verso la bandiera o l’amor patrio. Il presidente del Coni, Gianni Petrucci, ha preso cappello, commentando che «portare la bandiera italiana alle Olimpiadi non è come fare la Via Crucis», citando poi Fedro e la sua celeberrima favola sulla volpe e l’uva Nondum matura est e rivelando che la prescelta (o il prescelto) verrà designato a ridosso della manifestazione.

Polemica acerba, quindi, ma che deve farci riflettere sul vero o presunto attaccamento alla maglia in un’era in cui lo sport, persino quello più puro e figlio di De Coubertin, è pesantemente contaminato da altri interessi legati a sponsor, ingaggi, pubblicità, contratti tv, ecc.

Naturalmente, vista la defezione della candidata favorita, si è ora scatenata la caccia all’alternativa, con tanto di scommesse che ora vedono in pole position la pluricampionessa mondiale e olimpica del fioretto Valentina Vezzali, seguita dalla velista Alessandra Sensini, dalla tuffatrice Tania Cagnotto e dalla coppia regina di tenniste Schiavone-Pennetta, anche se non è così scontato che possa essere un atleta uomo, tra tante litiganti donne, a prevalere.

Acconto a questi pronostici resta però una valutazione piuttosto modesta dell’atto simbolico: sarebbe bello infatti che la portabandiera dell’Italia diventasse davvero un’icona per un Paese che ha tremendamente bisogno di esempi positivi e che ormai si affida a livello d’immagine soltanto a veline, miss assortite e donne dello spettacolo. Sarebbe bello che per tutti i mesi che precedono Londra 2012 “la” o “il” portabandiera designato diventasse ambasciatore di uno sport più leale e pulito, girasse per le scuole, partecipasse a eventi, promuovendo quei valori che spesso lo sport dimentica sacrificandoli sull’altare del risultato a tutti i costi, o peggio ancora delle “scorciatoie” su come ottenerlo. Altrimenti questo ruolo di re o regina per un giorno continuerà a essere un bel vestito che ci mettiamo una volta nella vita, senza obiettivi: in una parola, un’occasione sprecata.