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Robert Kennedy a Milano

In una mostra rivivono la figura del senatore assassinato nel 1968 e un'epoca di grandi speranze e fermenti sociali

8 Ottobre 2008

08/10/2008

di Silvio MENGOTTO

“Robert Kennedy a Milano”: questo il tema della mostra inaugurata sabato 4 ottobre a Milano dall’Associazione Arcobaleno Vicentino. Una straordinaria raccolta di ricordi e testimonianze sulla vita dell’uomo politico americano curata da Oscar Magrassi, che non ricorda solo il 40° della sua morte (6 giugno 1968, durante la campagna elettorale per la presidenza degli Usa), ma anche un clima in cui «l’avvento di figure straordinarie come Giovanni XXIII, John Kennedy, fratello di Robert, Martin Luther King avevano dato l’impressione reale che le promesse di progresso materiale e sociale fossero mète ormai a portata di mano».

All’inaugurazione era presente Alberto Mattioli, vicepresidente della Provincia di Milano (ente patrocinatore della mostra), che abbiamo intervistato. «Oscar Magrassi ha fatto un lavoro davvero straordinario – dice -, recuperando dagli Usa documenti, testi originali e testimonianze».

Da dove nasce l’interesse della Provincia di Milano?
Credo che il sostegno all’iniziativa da parte nostra sia stato opportuno e doveroso, perché Robert Kennedy indubbiamente è stato, ed è oggi, un esempio, una figura di riferimento per chi ha passione civile, per chi guarda oltre se stesso, alla propria comunità, a tutto quello che accade intorno e non vuole essere passivo nella storia. Robert Kennedy è stato uno straordinario testimone del suo tempo, un uomo coraggioso che non si faceva certo arrestare dai tanti muri della sua epoca. La nostra società sta profondamente cambiando ed esige da parte di tutti il coraggio di interpretare e sfidare questo cambiamento e di dare un contributo. Questo riguarda tutti noi, nel grande come nel piccolo delle nostre responsabilità. Diceva Robert Kennedy: «Proprio nella quotidianità ciascuno di noi può dare il proprio contributo al cambiamento complessivo». L’importante è non arrendersi di fronte ai timori e alle paure e creare una catena di piccoli atti coraggiosi che, messi insieme, costituiscono l’onda che travolge le passività e le paure e contribuisce al cambiamento.

«Alcuni uomini vedono le cose come sono e dicono: perché? Io sogno le cose come non sono mai state e dico: Perché no?» In questa frase di Robert Kennedy c’è non la nostalgia del passato, ma quella del futuro…
Sì, era un uomo che guardava al futuro, che non aveva preconcetti e prevenzioni. Un uomo che si faceva interpellare dal presente e, soprattutto, dalle sfide future. Cercava sempre di capire le ragioni degli altri, le motivazioni di una società che chiedeva di cambiare, quindi non si faceva arrestare dai retaggi del passato. Credo che sia un esempio anche per il nostro Paese, che sta cambiando profondamente ed è troppo spesso prigioniero del proprio passato. Faccio un esempio: spesso capita di discutere se il fascismo sia stato una cosa buona o cattiva, mentre mi sembra inevitabile un giudizio assolutamente negativo. Mentre negli Usa forse si sta per eleggere presidente un uomo di colore, nel nostro Paese si affaccia un razzismo nei confronti degli stranieri. Mentre negli Usa per la candidatura alla presidenza si sono sfidati un uomo e una donna – Obama e Hillary Clinton -, in Italia le donne trovano ancora ostacoli nell’affermazione professionale. Credo che davvero ci voglia il coraggio di porsi di fronte ai cambiamenti del tempo con sguardo lungimirante, con cuore e mente aperta.