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Il padiglione della Santa Sede a Saragozza

Un messaggio spirituale e sociale lanciato attraverso opere d'arte, installazioni, oggetti sacri ed effetti luminosi

15 Settembre 2008

15/09/2008

«La Santa Sede vuole essere presente nella società col proprio specifico. In questi luoghi (l’Expo, ndr) dove le Nazioni esprimono se stesse attraverso le proprie tradizioni, i propri cibi, la propria cultura, la Santa Sede deve cercare di esserci essendo se stessa. Il padiglione vaticano, quindi, attraverso il tema dell’acqua cerca di far capire che il nostro messaggio è bellezza. Il Papa si è intrattenuto recentemente sul tema della bellezza della creazione anche a Sidney, parlando ai giovani. E pure nel messaggio per la prossima Giornata mondiale del turismo (27 settembre, ndr), il nostro Pontificio Consiglio ha sviluppato questo tema. Ed è esattamente la bellezza quello che appare in questo padiglione. Proporre il bello è sempre proporre un discorso religioso, anche se non immediatamente. Tutti, infatti, lì ci ritroviamo con ammirazione. La bellezza ha la capacità di farci risuonare nel cuore qualcosa che trascende immettendo nel mondo una dimensione altra».

Le parole del Segretario del Pontificio Consiglio per i migranti, monsignor Agostino Marchetto, da noi raccolte all’uscita dello stand vaticano (per la prima volta presente a un’Esposizione Internazionale con un proprio spazio), sono un riassunto perfetto delle ragioni che motivano l’inserimento della Santa Sede nella lista dei Paesi “espositori” e del messaggio che questa presenza ha inteso lanciare. Un messaggio spirituale e sociale al contempo.

Cristo stesso, solo per stare al tema di Saragozza, si è definito, infatti, l’“Acqua viva” e questa citazione non poteva non essere evidenziata, anche in quest’ambiente, nelle sue declinazioni biblico-sacramentali (l’acqua è un simbolo ricorrente nella liturgia) e sociali (la Chiesa ha da sempre denunciato le ingiustizie che provocano a molte popolazioni sofferenza per la mancanza proprio dell’acqua).

I pensieri sin qui espressi hanno trovato plastica rappresentazione all’interno del padiglione, mutuando la propria grammatica dal linguaggio tipico dell’arte. In esso si trovavano opere di Bitino da Faenza, Jorge Segrelles, Alfredo Mori, Giorgio de Chirico, Francesco Trevisani e il “Greco”, solo per citarne alcuni.

L’accesso avveniva attraverso una suggestiva “foresta/pioggia”, costituita da pali di bambù appesi al soffitto, così da servire come spazio di separazione dal trambusto dell’Expo. Vi era poi una prima fase denominata: “Acqua, speranza di vita”. Il percorso iniziava in un corridoio illuminato da una luce bluastra che generava un’atmosfera amichevole. Uno spazio, delimitato da pareti bianche ondulate, che creava la sensazione di essere immersi in un ambiente liquido. Tre coppie di parole (Dio-acqua, Cristo-primavera, Chiesa-sorgente) erano proiettate sui muri in sei lingue. Un video di circa 4 minuti, diviso in quattro sezioni (“acqua e vita”, “acqua che distrugge”, “acqua che rigenera”, “acqua segno del sacro”) chiude il tratto.

La seconda fase s’intitolava “Acqua e arte nella storia della salvezza”. Occupava la parte centrale della sala e sviluppava un itinerario storico-biblico riguardante il tema dell’acqua, attraverso 39 opere d’arte di grande significato cristiano e d’importante valore artistico. Dodici di questi pezzi provenivano dai Musei Vaticani, uno dalla Basilica di San Pietro, venti da diverse diocesi e sei da varie collezioni private e da musei Spagnoli. I pezzi, dal IV al XX secolo, erano distribuiti geograficamente. Il visitatore ne incontrava prima alcuni che facevano riferimento al Vecchio Testamento e poi altri che evocavano il battesimo di Cristo, i suoi insegnamenti, i miracoli e la Passione. C’erano anche lavori concernenti la liturgia.

La terza sezione apriva al presente: “Acqua, un bene di tutti e per tutti”. Si riferiva alla dimensione etica della gestione delle risorse idriche e ai valori religiosi a essa associata. Questa fase invitava a riflettere sulla necessità di ricorrere a questa risorsa in solidarietà per affrontare la crisi idrica con la quale l’uomo ha iniziato il XXI secolo.

Fonte e culmine dell’itinerario: la Cappella del Santissimo. La fine del percorso conduceva a un piccolo spazio circolare, la Cappella del Santissimo. Concepito come un luogo di preghiera e di meditazione, era un settore in cui il contesto luminoso invita a riflettere su quanto visto e a pregare davanti al Santissimo Sacramento. Una preziosa immagine della Madonna del mare e un’acquasantiera nel mezzo completavano lo spazio sacro. All’uscita del padiglione, infine, era in vendita un catalogo delle opere appena viste, con l’intero ricavato devoluto alla costruzione di un pozzo d’acqua in India. (m.p.)