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Il decano: «Cambiare si può»

«A Quarto Oggiaro la Chiesa è vista come punto di riferimento», spiega don Edy Cremonesi. L'importanza dei centri d'ascolto e degli oratori

5 Giugno 2008

Cambiare è davvero possibile, anche se faticoso. E Quarto Oggiaro ce la sta mettendo tutta. «Non si tratta di un quartiere ghetto, ma di una zona in cui chi ci abita è orgoglioso di vivere – spiega il decano don Edy Cremonesi -. Innanzitutto è un decanato, in cui èpresente una fortissima fraternità fra il clero e questo è molto importante per la comunità, perché permette di sostenere tutti i fedeli e aiuta a camminare insieme. Qui la gente è molto calorosa e vuole molto bene ai preti e alla chiesa, che viene vista non solo come luogo in cui ricevere i sacramenti, ma anche come punto di riferimento».

I momenti di aggregazione in parrocchia non mancano e qui si creano amicizie e reti di solidarietà. «Rivestono un ruolo di particolare importanza i centri d’ascolto, dove le persone si ritrovano per ascoltare la Parola di Dio e anche gli oratori, con le loro due squadre di calcio – aggiunge -. È, insomma, un modo per togliere i giovani dalla strada. Sono iniziative che, oltre che fare da collante, funzionano come una sorta di prima evangelizzazione».

Da un punto di vista religioso, si fa sicuramente fatica a mettere insieme i giovani nella comunità cristiana. Molti, come del resto altrove, abbandonano la Chiesa dopo aver ricevuto la Cresima. Dal punto di vista sociale, invece, è dura gestire la propria vita e il proprio futuro. Il lavoro è sempre precario, la maturazione delle nuove generazioni è lenta: problemi tipici della società di oggi, presenti in tutti i quartieri del capoluogo lombardo, ma che qui vengono vissuti in modo particolare.

Il quartiere è comunque in continua trasformazione. E anche i suoi abitanti: «In alcune parrocchie il numero di anziani è più presente perché è più alto il numero delle case popolari – commenta don Alberto Capra, della parrocchia di Santa Lucia -; in altre meno, perché si stanno costruendo nuovi insediamenti, in cui si stanno trasferendo famiglie giovani, oppure si tratta di abitazioni riscattate, dove sta comunque avvenendo un ricambio generazionale».

Il rapporto con gli immigrati è buono, ma non è lo stesso con i Rom. «Ci sono elementi di pregiudizio diffusi, alimentari soprattutto dalle notizie che si leggono sulla stampa. Perciò diventa davvero difficile instaurare buone relazioni con loro», conclude don Alberto. (C.C.)