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Criminalità

Delpini: «La mafia si insinua come un avvelenamento che molti respirano»

È stato presentato alla Libera Masseria di Cisliano il libro «Insieme si può», scritto da don Massimo Mapelli. Presenti l'Arcivescovo e Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana

di Annamaria BRACCINI

6 Maggio 2025

«Insieme si può»: si può vincere il male, mettere in pratica la giustizia, sognare in grande. Il titolo del bel volume di don Massimo Mapelli, prete ambrosiano, da sempre sulla frontiere, anche le più “scomode”, dell’accoglienza e responsabile di Caritas ambrosiana per la Zona pastorale VI, è la storia di una speranza divenuta realtà.

Quella di “Libera Masseria”, del «sogno che incontra la giustizia», facendo di un grande immobile appartenuto a una potente famiglia della ‘ndrangheta e confiscato nel comune di Cisliano, nella zona sud di Milano, un luogo di riscatto e di crescita civile. Per raccontare questa vicenda nel suo decennale e presentare il saggio (“Insieme si può”, con prefazione di don Luigi Ciotti, edito da “In Dialogo”) , arrivano in moltissimi nella sede milanese di Caritas, gente di tutte le età con tanti che rimangono in piedi, ad ascoltare l’Arcivescovo in dialogo con lo stesso don Mapelli per un’occasione che vede riuniti amici, sostenitori e rappresentanti di alcuni Comuni e istituzioni, come l’Agenzia per lamministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, e il presidente della Commissione consiliare Antimafia del Comune di Milano, Rosario Pantaleo.  

A portare il saluto di benvenuto è il direttore di Caritas ambrosiana e presidente della Fondazione anti usura “San Bernardino” voluta dalle Diocesi lombarde, Luciano Gualzetti che ricorda come nella “Masseria”, «oratori, scuole, operatori abbiano trovato un luogo di rinascita e di lotta alla criminalità e all’usura». Accanto a lui il vicario episcopale per la Zona pastorale VI-Melegnano, monsignor Marco Bove e il moderatore della serata, il giornalista di “Avvenire”, Paolo Lambruschi.  

La parola va subito all’Arcivescovo, che affronta, rispondendo a una domanda di Lambruschi, la questione del ruolo della Chiesa di fronte al male.  

La Chiesa di fronte al male

«La storia della lotta della Chiesa ha attraversato tutte le forme di male, ne è stata ferita e persino, talvolta, contagiata. Ricordiamo il grido di san Giovanni Paolo II ad Agrigento nel 1993 con il “Convertitevi” indirizzato agli uomini di mafia. Tuttavia, nella nostra terra la mafia sembra che non faccia gridare nessuno: si insinua come un avvelenamento che molti respirano. Ci sono delle zone grigie che finiscono per essere ospitali per questi germi di rovina. L’opera della Chiesa è quella di un  compito educativo per comprendere in quale snodo dell’animo si decide di scegliere il male invece del bene. Per interpretare la storia occorre guardare le ferite. La Chiesa contrasta la malavita perché sostiene le forze dell’Ordine esprimendo simpatia per coloro che si impegnano contro la realtà del male. Siamo alleati delle istituzioni, ciascuno nel proprio ambito e con i propri mezzi, e operiamo contro chi avvelena la nostra aria».

Insieme, appunto, perché da soli si può fare poco o niente, scandisce ancora il vescovo Mario Delpini. «Siamo qui per dire che insieme si può, perché non c’è una persona che può fare da sola tutto questo, e che vi deve essere una rivoluzione culturale contro l’infiltrazione del male».

Don Mapelli: «Un percorso nato dall’accoglienza»

Ma come si arriva a un risultato così significativo, come contrastare e vincere su potentati malavitosi che sono ormai radicati nel profondo della cintura sud di Milano, tanto che nella zona, un bene ogni 1000 abitanti è confiscato?

«Con un percorso che nasce dall’accoglienza», spiega Mapelli che, nel 2000, ha fondato l’associazione “Una casa anche per te” di cui è “anima” e presidente. 15.000 i ragazzi accolti dall’associazione negli anni che hanno potuto costruirsi un futuro e una famiglia, come testimoniano alcuni di loro ospiti del passato e attuali che non hanno voluto mancare alla presentazione.

«Di fronte all’ingiustizia concreta disegnata sui volti di questi giovani – spiega ancora Mapelli – la risposta non può essere una giustizia teorica. Bisogna seguire il cuore, non la mente perché se avessimo seguito quest’ultima, la “Masseria” sarebbe stato l’ultimo posto dove entrare. Era in rovina, abbiamo dovuto occuparla, ma alla fine, i fatti ci hanno dato ragione e anche le Istituzioni lo hanno riconosciuto». Come testimoniano i 10 anni della “Masseria” festeggiati con una serie iniziative (da sabato 17 maggio) tra cui la “Cattedra della Carità-Carità e Azzardo” che si terrà il 24 maggio a Cisliano e  il convegno, promosso presso l’Opera Cardinal Ferrari, giovedì 29 maggio “Beni grandi in comuni piccoli” Info www.unacasaancheperte.it) .  

«La mente, mente», continua il sacerdote che ricorda come «i 15.000 ragazzi passati dalla “Masseriahanno trovato una Chiesa che dice che da che parte sta» e sottolinea l’importanza di alleanze fondamentali e proficue come quella con la Prefettura di Milano, con la magistratura, la Procura antimafia e la società civile.

Due le occasioni, richiamate nel saggio, di particolare importanza a tale proposito: la riunione del Comitato territoriale con i sondaci del Sud-ovest milanese che la Prefettura volle significativamente convocare presso “Libera Masseria” e una riunione di tutti i parroci del territorio voluta nella stessa struttura dall’Arcivescovo. Che, ancora interpellato dal moderatore sulla formazione del Clero in tema di contrasto alle mafie, osserva.

Il compito della Chiesa

«I sacerdoti non sono tutta la Chiesa e compito dei preti è educare le coscienze perché dicano sì al bene e no al male. La proposta complessiva cristiana e il suo fondamento sono il senso di responsabilità e la solidarietà, partendo dalle persone».

E «anche se non c’è una formazione specialistica per i preti sulle mafie», nota monsignor Delpini, «non mancano attenzioni specifiche», come la Lettera aperta dello stesso vescovo Delpini «indirizzata ai parroci per fiutare qualche presenza di male» come l’usura. Lettera scritta nei primi giorni del 2019 al fine di “cogliere i segnali, riconoscere i disagi delle famiglie e degli imprenditori, i drammi del sovraindebitamento, i tentacoli degli usurai, l’infiltrazione profonda delle mafie”.

«Sapendo che le vittime dell’usura non denunciano facilmente la loro situazione ho invitato i preti ad interpretare il territorio. Naturalmente questo non risolve il problema, ma fa fare dei passi avanti insieme; pche la soluzione del problema ci prendiamo a cuore la storia delle persone», conclude l’Arcivescovo. «L’idolatria attraversa tutti i secoli ed è un male che mangia l’anima e non dà niente: perciò è necessaria la forza educativa della Chiesa. Credere in Dio ci spinge a essere il popolo della fiducia con speranza e responsabilità. Non facciamo miracoli, ma sappiamo che la parola del Vangelo chiama a libertà».